«Tiziana Cantone è stata strangolata: due lesioni sul collo, il suicidio è una farsa»

«Tiziana Cantone è stata strangolata: due lesioni sul collo, il suicidio è una farsa»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 25 Agosto 2021, 23:00 - Ultimo agg. 26 Agosto, 21:53
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Due solchi, due segni sul collo di Tiziana Cantone, da ricondurre a due eventi forse differenti: il primo riguarderebbe un episodio di strangolamento; il secondo, a pochi centimetri di distanza, effettuato pochi minuti dopo la morte della ragazza, sarebbe il frutto di una sorta di messa in scena: un impiccamento organizzato per simulare il suicidio della giovane donna che aveva provato a ribellarsi alla violenta campagna denigratoria subita a mezzo social. 

Due lesioni, dunque, sul collo della 31enne trovata morta nella tavernetta della sua villa di Mugnano il 13 settembre del 2016, su cui - come è noto - pendono indagini della Procura di Napoli nord, che ha riaperto il caso con un fascicolo nel quale viene ipotizzata l’accusa di omicidio volontario contro ignoti. 

Ma in cosa consiste l’ultima novità sul caso di Tiziana Cantone? Tutto ruota attorno a un parere pro veritate firmato dal professor Mariano Cingolani, ordinario di Medicina Legale presso l’università di Macerata, (in passato intervenuto come perito nel caso di Meredith Kercher): si tratta di una consulenza giurata chiesta dai consulenti della Emme Team, a loro volta schierati al fianco di Maria Teresa Giglio (mamma di Tiziana), destinata ad entrare nel fascicolo di indagine condotto dal pm Giovanni Corona.

Cosa sostiene il docente intervenuto nel suo parere? Tre pagine, che si soffermano sulle foto scattate sul collo di Tiziana Cantone, subito dopo il suo decesso da parte delle forze dell’ordine intervenute nell’abitazione di Mugnano. Stando alla valutazione del nuovo consulente, in quelle immagini ci sarebbero elementi per raggiungere due conclusioni: qualcuno avrebbe strangolato Tiziana, probabilmente usando un “mezzo asfissiante” tipo la pashmina reperita e acquisita agli atti (ma mai conservata in modo asettico, che conteneva tracce biologiche di un dna di tipo maschile); e in un secondo momento sarebbe stata realizzata una sorta di messa in scena, con l’impiccamento di Tiziana, usando la stessa pashmina attaccata alla panchetta da ginnastica. Ma come si fa ad arrivare a una simile considerazione? Proviamo a seguire il ragionamento del dottor Cingolani. Che si sofferma su due lesioni, entrambe rappresentate dalle foto a disposizione, rinvenute sul collo di Tiziana a pochi centimetri di distanza l’una dall’altra. 

In una prima lesione - si legge - si rinviene un solco discontinuo e obliquo; nella seconda lesione, posta un poco sotto la prima lesione, si rinviene un solco trasversale e uniforme. Dunque? Spiega ancora il consulente: «La seconda lesione reca caratteristiche tipiche del solco da strangolamento, per uniformità di profondità, continuità e andamento trasversale». E ancora: «La lesione due (ipotesi strangolamento) ha preceduto la lesione uno (impiccamento, suicidio)»; pertanto, «l’impiccamento ha avuto lo scopo di dissimulare, confondere o rendere più difficilmente percepibile la prima modalità lesiva, tentando di simulare una modalità lesiva risaputamente suicidiaria». 

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Ma c’è spazio anche per un altro elemento nella valutazione del consulente di parte. Quello legato alla piccola lesione cutanea rinvenuta sul lato destro del mento della giovane donna, una ferita di due centimetri con margini netti e angoli acuti. Di che si tratta? Potrebbe trattarsi - condizionale doveroso - di una ferita apportata da un soggetto ignoto, nell’ipotesi di uno strangolamento avvenuto con la pashmina, prima di inscenare la posizione del suicidio per impiccamento. Ipotesi, solo ipotesi, giusto ribadirlo, nel rispetto del lavoro che stanno conducendo i magistrati della Procura di Aversa, ma anche per evitare che il caso di Tiziana Cantone si trasformi in una sorta di sterile rissa ad alto impatto mediatico tra consulenti di parte a colpi di denunce, inchieste giornalistiche e querele incrociate. Al momento infatti sono due i punti fermi su cui conviene rimanere ancorati: il primo riguarda la determinazione con la quale la mamma di Tiziana Cantone è riuscita ad ottenere attenzione sulla vicenda della figlia, divenuta nel corso degli anni ispiratrice del pacchetto di norme chiamato revenge porn, che oggi punta a tutelare chiunque diventi vittima di gogna mediatica a mezzo social; il secondo punto riguarda le indagini condotte dalla Procura di Napoli nord: mesi fa, gli inquirenti hanno riaperto il caso, ipotizzando l’accusa di omicidio volontario, con la riesumazione del cadavere e l’autopsia a cinque anni di distanza dalla morte della trentunenne. Un lavoro doveroso (che punta a colmare una possibile lacuna iniziale sotto il profilo investigativo), finalizzato a sgomberare il campo dalle tante suggestioni legate alla morte di Tiziana Cantone. Una ragazza perseguitata dalla pubblicazione di alcuni video destinati a un circuito privato, trovata impiccata alla panca da attrezzi ginnici in circostanze su cui ancora oggi si cerca di fare chiarezza: a partire dalle due lesioni sul collo su cui ora c’è il parere di un medico di parte. 

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