Morire di vergogna. Togliersi la vita e trovare così tragicamente, quell’oblio che tardava ad arrivare. Tiziana Cantone, 31 anni, si è suicidata, impiccandosi con un foulard, nella cantina di casa, ieri pomeriggio. Cuore a pezzi, finito nel tritacarne dei social forum, perché qualcuno un anno fa aveva messo in rete un video con scene hard. Lei, Tiziana, voleva solo fare un dispetto al fidanzato. Faccende private che il balordo con il quale Tiziana aveva consumato la sua vendetta, senza un briciolo di coscienza, ha messo in rete.
Ed è stata la fine per questa povera ragazza. Tiziana, ironia della sorte, si è tolta la vita per quel “mi piace”, - una frase a prima vista davvero gentile, ma che tale non è - cliccato qualche milione di volte, tanto è stato visto uno dei video dal titolo pecoreccio: «Stai facendo un video? Bravo», una frase pronunciata dalla ragazza, mentre guardava nell’obiettivo del cellulare che di lì a poco avrebbe ripreso tutta la scena, e chiuso per sempre la normalità della sua vita. Tiziana a grandi passi si avviava verso un «Golgota» mediatico sulla cui cima l’aspettava la buia cantina di casa. E lì la sua nera angoscia è diventata alla fine «sollievo» per una morte cercata già qualche settimana fa con i barbiturici e fermata solo grazie al provvidenziale intervento della mamma.
Un’altra vita spezzata, quella della donna, già duramente provata dall’abbandono del marito, appena una settimana dopo la nascita di Tiziana. Quell’uomo da allora non ha dato mai nessuna notizia di sé, nè ha chiesto della figlia. Un padre letteralmente evaporato.
Cinque giorni fa, il giudice del tribunale di Aversa, Monica Marrazzo, ha riconosciuto in questa brutta vicenda la lesione del diritto alla privacy di Tiziana, contestando ai vari social forum di non aver rimosso all’istante i video lesivi della sua reputazione. Il suo legale ha citato in giudizio non solo chi ha postato i video, sui quali ora sono in corso le indagini preliminari ma anche lo stesso Facebook Ireland, Yahoo Italia, Google e Youtube, sostenendo che fosse applicato il diritto all’oblio. Aveva ottenuto il provvedimento d’urgenza che comporta in caso di inadempienza una multa fino a 10mila euro al giorno per i motori di ricerca e Facebook Ireland.
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