Droga «pescata» con la canna:
sei anni per il calciatore pusher

Droga «pescata» con la canna: sei anni per il calciatore pusher
di Dario Sautto
Giovedì 20 Dicembre 2018, 09:28 - Ultimo agg. 11:45
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Spaccio di droga con recupero delle dosi con una canna da pesca e consegne a domicilio in tutto il Napoletano: condannati in cinque, tra questi anche il pusher-calciatore. Lo scorso mese di aprile, il blitz della polizia aveva portato all'arresto di sette persone, accusate di aver gestito lo spaccio di cocaina, eroina e marijuana, con base in un palazzo al civico 117 di corso Vittorio Emanuele III a Torre Annunziata.

Tra i fattorini della droga c'era anche Angelo Nasto, ex calciatore del Savoia e 26enne capitano della Sarnese, squadra che milita in serie D: per l'ex talento del calcio oplontino, che a 18 anni era titolare nella rappresentativa italiana Dilettanti, assistito a processo dall'avvocato Ciro Ottobre, è arrivata la condanna a 6 anni di reclusione, meno di quanto richiesto dall'accusa. Il gip del tribunale di Torre Annunziata, Emma Aufieri, ha usato un metro molto severo, invece, per altri due spacciatori che facevano parte del gruppo, per i quali il pm aveva chiesto «appena» 6 anni di carcere: per Antonio Bruno e Aniello Ino, infatti, la condanna in abbreviato è stata di 9 anni e 4 mesi di reclusione, ben superiore alle richieste dell'accusa.
 
Secondo il giudice, dunque, erano loro avere il ruolo principale nel giro di droga in particolare per quanto riguarda cocaina ed eroina che portava i pusher fattorini a consegnare dosi sempre in punti diversi della città e anche a Torre del Greco. Tutto nell'orbita del gruppo dei «Tittoni», storica famiglia legata allo spaccio di stupefacenti, che ha la sua base operativa proprio nell'edificio che si trova all'incrocio di via Bertone, a pochi passi da Palazzo Fienga, l'ex roccaforte del clan Gionta. Nel giro, però, erano coinvolti anche Raffaele Cirillo (5 anni e 8 mesi la pena da scontare) e Carlo Antille (3 anni e 4 mesi). Nel corso delle indagini, i poliziotti avevano ricostruito anche il linguaggio criptico usato per le «ordinazioni» e per fissare gli appuntamenti. Al cliente dei pusher bastava un sms per ordinare le dosi: «tre da tirare», «una da fumare». Oppure arrivano «i maglioni», o ancora venivano presi appuntamenti approssimativi in luoghi già concordati «ci vediamo al bar», «vieni al mobilificioL », «alle 20 al locale».

Il gruppo era formato da pusher di 20-27 anni, dunque relativamente giovani, che riuscivano a piazzare decine di dosi ogni giorno, con almeno trenta episodi di spaccio documentati e riscontrati sul posto dai poliziotti. Le intercettazioni telefoniche e i riscontri in casa e in strada avevano permesso ai poliziotti di sequestrare diverse dosi, recuperate da un nascondiglio segreto grazie ad una canna da pesca modificata. Di qui il nome dell'operazione «pesca velenosa», scattata all'alba del 5 aprile scorso, con l'arresto di sette persone. Tra queste, anche altri due pusher che sono stati assolti: i più giovani del gruppo, Giuseppe Gessosi e Vincenzo Maresca, assistiti dagli avvocati Ciro Ottobre e Luciano Bonzani. A loro erano contestati singoli episodi di spaccio, che non hanno retto all'impatto del processo.
 
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