Totani o calamari? Il fatto non
sussiste, ma si torna in aula

Totani o calamari? Il fatto non sussiste, ma si torna in aula
di Cristina Cennamo
Mercoledì 13 Settembre 2017, 20:21 - Ultimo agg. 21:15
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Il danno e la beffa per  Enrico Schettino, amministratore della catena di ristoranti Giappo che in Campania ha aperto 12 ristoranti che danno lavoro ad oltre 100 giovani. Dopo essere stato assolto perché il fatto non costituisce reato, leggi un processo penale che si è concluso come spesso accade con un nulla di fatto, l'imprenditore si è visto incolpare ad un anno di distanza per l'opposta ragione che rappresentava, per assurdo, la sua prima difesa.
 
«Un anno fa, esaminando tra  cento campioni - racconta Schettino sul suo profilo Facebook - il personale della Asl riscontrò che un'insalata proposta come di calamari sarebbe stata, invece, di totani. Ovviamente, non potevo saperlo: il prodotto ci viene fornito come calamari, con etichettatura precisa sul nome ed il fornitore, una multinazionale che esporta in tutti i continenti non aveva mai ricevuto questa eccezione da nessun'ente sanitario mondiale. Per l'Asl, però, trattavasi di frode».

La differenza, a ben vedere, è minima. Le tipologie sono similari nell'aspetto, appartenendo alla stessa famiglia, anche se il prezzo varia. Il prodotto infatti, spiega ancora Schettino, si presenta sminuzzato e già condito con un colore differente dal naturale: impossibile percepirne la differenza, anche all'occhio dello chef più esperto. Soltanto tramite un laboratorio di analisi è possibile individuare questa differenza.

Forte di una laurea in legge e di una carriera da avvocato alle spalle, Schettino è ricorso quindi alle vie legali assistito dai legali Savarese e Valenti e nel corso del processo il pubblico ministero, ascoltati i testi ed esaminate le prove documentali ha concluso per l'assoluzione stante l'assoluta mancanza di responsabilità dell'imputato mancando l'elemento della consapevolezza: il Giudice ha deciso quindi per l'assoluzione ritenendo che il fatto non costituisce reato.

Tutto è bene quel che finisce bene, insomma. Peccato che poco prima della sentenza l'Asl di competenza abbia riesaminato lo stesso prodotto, nello stesso locale. Il menù era stato adeguato alle analisi del primo rilievo, la dicitura calamari sostituita con totani. Ma il secondo esame ha accertato che quello stesso prodotto, servito da un fornitore diverso ma con identica confezione e sembianze, sono effettivamente calamari. E sul menù ormai era riportata una dicitura differente. Si aprirà, quindi, un altro processo in cui, a pagarne le spese, è l'imprenditore?
Una beffa in piena regola, insomma, che ha suscitato naturalmente l'ilarità dei tantissimi che hanno appreso dal web le vicissitudini legali dell'imprenditore. 

«Non ho nulla contro l'Asl - conclude Schettino - che ha svolto solo il proprio lavoro ma in un settore così delicato quello della cucina giapponese, in cui viene trattato pesce crudo, andrebbero tutelati i clienti così come gli esercenti professionisti, mettendo in riga gli improvvisati. Noi di Giappo siamo attentissimi: facciamo formazione al nostro personale, teniamo corsi professionali di cucina giapponese e non abbiamo mai avuto alcuna segnalazione in oltre dieci anni di attività».
 
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