Tredicenne morto a Gragnano, ipotesi stalking per la banda dei cyberbulli

Tredicenne morto a Gragnano, ipotesi stalking per la banda dei cyberbulli
di Dario Sautto
Giovedì 15 Settembre 2022, 07:00 - Ultimo agg. 16 Settembre, 17:03
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Con il materiale che sarà recuperato attraverso la perizia sui telefonini e sul pc di Alessandro i genitori potrebbero presentare una denuncia per stalking ai danni del 13enne morto due settimane fa. A confermare questa ipotesi, al momento strettamente collegata proprio all'esame dei dispositivi elettronici, sono gli avvocati Mario D'Apuzzo e Giulio Pepe, che rappresentano la famiglia del ragazzino di Gragnano precipitato da un'altezza di 15 metri lo scorso 1° settembre, forse perché vessato da un gang di bulli che lo perseguitavano in chat. «Al momento è presto per dirlo spiegano gli avvocati D'Apuzzo e Pepe ma è chiaro che, se dovessero emergere altri profili di reato, siamo pronti anche a questa eventualità». Una persecuzione che, a differenza del reato di induzione al suicidio, può essere contestata ai sei indagati due maggiorenni e quattro minorenni, tra cui l'ex fidanzatina di Alessandro soltanto su querela di parte. La denuncia per atti persecutori, dunque, potrebbe essere presentata ai carabinieri già nei prossimi giorni, non appena sarà noto il contenuto completo di quei messaggi che Alessandro avrebbe ricevuto per mesi, non confidandosi neanche con i genitori.

Ieri mattina sono partite le operazioni peritali per eseguire le copie forensi del computer di Alessandro, del telefonino che lui stava utilizzando nelle ultime settimane e sullo smartphone che si era rotto due mesi fa. I tre dispositivi sono stati sequestrati dai carabinieri della stazione di Gragnano e della sezione operativa della compagnia di Castellammare di Stabia, nell'ambito delle indagini coordinate dalla Procure di Torre Annunziata (procuratore Nunzio Fragliasso, sostituto Giuliana Moccia) e dei Minorenni di Napoli (procuratrice Maria de Luzenberger).

Ieri i tre dispositivi elettronici sono stati affidati agli esperti del Ris di Napoli, che sono stati incaricati per eseguire tutti gli accertamenti per estrarre copia integrale del contenuto delle cartelle e delle app sui telefonini e sul computer. Un'operazione che permetterà di recuperare dalla memoria remota anche alcuni contenuti cancellati e le tracce per risalire agli autori di alcuni messaggi inviati tramite applicazioni che permettono l'anonimato. Attenzione particolare sarà riservata alle chat collegate ai social, che conterrebbero secondo l'ipotesi degli investigatori i messaggi di insulti, minacce e di inviti a togliersi la vita rivolti al 13enne. Ma soprattutto ai testi di quei messaggi ricevuti negli ultimi due mesi. Tra luglio e agosto, infatti, Alessandro potrebbe aver subito una pressione continua legata al ritorno a scuola, una promessa di appuntamento all'esterno dell'istituto scolastico dove avrebbe rischiato di incontrare quei cyber-bulli in carne e ossa, pronti ad aggredirlo come avvenuto probabilmente una prima volta già durante l'estate. Nel frattempo, i genitori di Alessandro sono i primi a voler conoscere la verità su quanto accaduto al figlio e hanno deciso di nominare un consulente di parte: si tratta di Paolo Dal Checco, esperto di informatica forense e cyber-security tra i più noti in Italia. Come i consulenti nominati da alcuni indagati, tutti avranno una copia del contenuto dei tre dispositivi per capire da cosa è stato travolto e stravolto il 13enne negli ultimi mesi.

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Messa da parte l'ipotesi dell'incidente domestico legato alla riparazione di un cavo dell'antenna tv, secondo la ricostruzione degli inquirenti Alessandro avrebbe deciso di togliersi la vita perché vessato dalla gang di cyber-bulli. Tutti più grandi lui e tutti vicini all'ex fidanzatina 14enne, lo avrebbero preso di mira per mesi con messaggi di ogni genere. Proprio in un ultimo messaggio inviato alla fidanzatina, Alessandro avrebbe annunciato il tragico proposito, messo in atto due settimane fa. Andando a ritroso di qualche giorno, poi, sono comparsi anche alcuni messaggi in napoletano, dal contenuto molto chiaro: «Meglio che ti butti giù». Se questo «invito» a farla finita, per evitare un'aggressione futura, possa aver influito sulla decisione del 13enne sarà stabilito solo dalle indagini, delicate, che non si sono mai fermate e che proseguono in maniera molto accurata e celere, per dare al più presto una verità sull'intera vicenda. 

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