Tribunale di Napoli, la protesta dei penalisti: processi tartaruga e udienze segrete

Tribunale di Napoli, la protesta dei penalisti: processi tartaruga e udienze segrete
di Leandro Del Gaudio
Sabato 22 Gennaio 2022, 10:00
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Non ci stanno a diventare ospiti del palazzo di giustizia o semplici accessori della giurisdizione a Napoli. E, dopo due anni di pandemia, riassumono in poche pagine una buona dose di disincanto nei confronti di quanto avviene tutti i giorni nel Palazzo di Giustizia di piazza Cenni. Un durissimo affondo del presidente della camera penale di Napoli Marco Campora (segretario Angelo Mastrocola, tesoriere Errico Frojo), nel corso del consueto bilancio dell'anno giudiziario trascorso. È il secondo anno che la categoria forense si misura con restrizioni dettate dall'esigenza di contrastare il covid nel Palazzo di giustizia, non mancano rilievi critici nei confronti della gestione dell'ultima fase dell'emergenza. Si va dalla critica agli orari in cui vengono fissate le udienze, alla mancanza di pubblico nel processo a Napoli (vulnus inevitabile alla democrazia), per affrontare la mancanza di giudici in appello (dove il carico di lavoro sta diventando notevole) e le criticità del Tribunale di Sorveglianza che si ripercuotono sul mondo dei detenuti.

È il primo punto dolente, secondo il presidente Campora.

Bisogna fissare le udienze per scaglioni, per evitare aule affollate, ma quello che è un accorgimento semplice si trasforma - a giudizio dei penalisti - in una prassi distorta, che produce ressa e ritardi in aula. Spiega il presidente Campora: «Continua incredibilmente talvolta a perpetrarsi l'incomprensibile prassi di fissare tutti i procedimenti al medesimo orario o di fissare fasce orarie talmente ampie (ad esempio dalle 9 alle 12), finendo in tal modo per imporre la simultanea presenza in aula di decine e decine di soggetti cons eri rischi per la salute». Tutto ciò avviene - secondo la ricostruzione dei penalisti - «nonostante le reiterate segnalazioni a tutti gli organi competenti». 

Stop alla celebrazione delle udienze senza pubblico. Ne va della democrazia, che pretende che il contraddittorio in aula sia aperto al pubblico: «Un processo segreto a cui possono partecipare solo gli addetti ai lavori o, al più, i soggetti direttamente interessati ad esso (imputati e parti civili) rischia di degradare a mero simulacro, che produce risultati (le sentenze) privi di ogni forma di controllo democratico e quindi di sufficiente legittimazione». Una decisione - quella di tenere le udienze al chiuso - che poteva essere accettata nelle primissime fasi della pandemia, ma che non può essere accettata ancora. E i penalisti sul punto aggiungono: «Il controllo dei cittadini (attraverso gli organi di informazione) sull'esercizio dell'attività giurisdizionale non è priorità della politica, ma neanche degli addetti ai lavori che presi dal loro (e assuefatti nel loro) tran tran quotidiano, quasi non sembrano rendersi conto di star partecipando a processi mutilati e sulla cui legittimità e compatibilità con i principi costituzionali e convenzionali è lecito nutrire qualche più che fondato dubbio». 

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È uno dei punti maggiormente criticati dai penalisti. Ci sono pochi giudici in appello, si è soggetti costantemente al valzer dei cambi di magistrati da un collegio all'altro (le cosiddette assegnazioni temporanee) anche solo per pochi mesi. È un «turbillon» di giudici «che di fatto si limitano a partecipare passivamente ad alcune udienze in quanto non parteciperanno alla deliberazione finale». Inoltre, «il sistema dei distacchi temporanei gioco forza provoca un impoverimento della qualità del giudizio di appello». Un'analisi che va rapportata al dato emerso ieri nel corso delle anticipazioni dell'anno giudiziario da parte del presidente di Corte di Appello De Carolis e del pg Riello, che hanno fatto riferimento al 32 per cento di processi prescritti in secondo grado. E che fa riferimento anche a quanto emerso mesi fa (puntualmente riportato dal Mattino) a proposito della mancanza di richieste di magistrati di venire a lavorare in appello, meta un tempo prestigiosa e ambita. Come uscire da questa impasse? «L'appello non può dipendere dalla generosità dei singoli. Per colmare le carenze di organico, bisogna fare leva sulle assegnazioni coatte e garantire solo a chi giudice di appello la possibilità di esercitarne le funzioni». Questa mattina, da remoto causa pandemia, la celebrazione dell'anno giudiziario su questi ed altri nodi. 

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