Tribunale di Napoli, soccorsi lenti: «Due donne in ospedale con le auto di famiglia»

Tribunale di Napoli, soccorsi lenti: «Due donne in ospedale con le auto di famiglia»
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 30 Giugno 2022, 00:00 - Ultimo agg. 1 Luglio, 17:22
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Due segnalazioni non andate a buon fine. Due casi a distanza di sole 24 ore, in cui l’allarme di un medico, che chiedeva l’invio di una ambulanza, è rimasto per due giorni consecutivi inevaso. È accaduto tra lunedì e martedì, parliamo dei giorni più torridi di un’estate infuocata, in uno dei posti strategici per la città: il palazzo di giustizia di Napoli, il cuore delle attività giudiziarie, dove la richiesta di ambulanza ha sortito risultati quanto meno spuntati. Colpa - innanzitutto - del boom di segnalazioni arrivate al 118 (i cui uomini fanno un lavoro straordinario) nei giorni in cui tutta la città e alle prese con gli effetti di Caronte. Ma restiamo ai fatti, prima di dare voce agli operatori del presidio di pronto soccorso che è stato allestito nella più affollata cittadella giudiziaria d’Italia. 

Lunedì mattina, una giovane donna ha una sorta di emorragia. È incinta al secondo mese, vengono segnalate perdite di sangue. Lavora in uno degli uffici del Palazzo di giustizia, scatta la prima forma di assistenza medica: viene allertato il medico Luigi Pagano, che lascia precipitosamente piazza Cenni (il cuore del Tribunale) per recarsi nell’ufficio dell’impiegata. Sin dall’inizio la situazione appare abbastanza delicata, viene tamponata l’emergenza, ma viene allertata l’ambulanza. Serve un ricovero immediato in un ospedale. Passano quaranta minuti, ma non accade nulla.

Minuti interminabili, fino all’arrivo del marito della donna, che viene trasportata in ospedale con l’auto di famiglia. Pochi attimi dopo, arriva la moto ambulanza, il mezzo più rapido messo in campo dalla Asl napoli uno per solcare il traffico e dare risposte immediate ai cittadini. 

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Non è finita. La scena si ripete il giorno dopo. Anche in questo caso si verifica una situazione grave che investe una donna che lavora per un’associazione forense, che ha sede all’interno del Palazzo di giustizia. Si tratta di una “simil epilessia”. Sono le 12.15, quando viene chiamata l’ambulanza, anche in questo caso l’attesa è lunga e vana: alle 13.30, sarà il padre di questa donna a tradurla in ospedale. Spiega al Mattino Luigi Pagano, medico del Pronto soccorso, che - assieme a un collega - cerca ogni giorno di fronteggiare le tante facce dell’assistenza immediata, spesso alle prese con detenuti all’interno delle celle di sicurezza, con avvocati stressati da lunghe ore di discussione, con magistrati e impiegati alle prese con turni di lavoro svolti in aule non sempre munite di condizionatori: «Il servizio messo in campo dal 118 è enorme, ma non basta. Tutti i colleghi, a partire dai vertici del sevizio di pronto intervento fanno un lavoro straordinario, ma evidentemente non basta. Non può bastare. Occorrono più mezzi, bisogna investire su presidi fissi, specie in una realtà come quella del Palazzo di giustizia che, quotidianamente è alle prese con improvvise segnalazioni di pericolo». 

Sentito dal Mattino, sul caso interviene il dirigente Giuseppe Galano, che risponde in qualità di presidente di Aaroi (associazione di anestesisti e rianimatori) e di coordinatore del servizio di 118: «In entrambi i casi, le donne sono state assistite da una mano esperta. Parliamo di due episodi avvenuti quando avevamo contestalmente almeno 18 chiamate di casi di emergenza. Soffriamo di carenze di organico, come emerge dal fatto che le ambulanze con medico a bordo, a Napoli, sono diventate sette su 19 (fino a qualche tempo fa erano 19). Purtroppo un po’ tutta la medicina dell’area critica (tra anestesisti e rianimatori) soffre di carenze di organico, bisogna creare incentivi per rafforzare questi servizi; in parallelo, bisogna lavorare per rafforzare medicina territoriale e guardie mediche, che rappresentano il primo punto di contatto tra il mondo sanitario e le esigenze della collettività».

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