Truffa dei capannoni a Napoli, aziende realizzate su suoli da bonificare

Truffa dei capannoni a Napoli, aziende realizzate su suoli da bonificare
di Luigi Roano
Sabato 3 Agosto 2019, 08:34
3 Minuti di Lettura
Buona parte dell'area orientale è un Sin - un Sito di interesse nazionale - vale a dire terreni da bonificare secondo lo Stato italiano. In un simile contesto è possibile mettere in piedi attività commerciali? In secondo luogo chi lo fa paga tutti i tributi a iniziare dalla Tari o al pari degli oneri di urbanizzazione non li paga? Le luci sulla truffa dei 200 capannoni dell'area est la cui destinazione d'uso da industriale è stata trasformata in commerciale con una semplice Scia con mancati incassi degli oneri di legge per il Comune di ben 550 milioni, si sta accendendo su altri aspetti della vicenda.

 

L'OFFENSIVA
In Comune cercano di correre ai ripari. Il vicesindaco Enrico Panini, che ha anche la delega al Commercio, vuole vederci chiaro sui permessi rilasciati. È vero che queste pratiche e i relativi permessi sono stati rilasciati nel 2009 e nel 2010 in epoca per -arancione, ma è anche vero che i controlli vanno fatti e ripetuti anche dalle amministrazioni che subentrano visto che si parla di un territorio che abbraccia i quartieri di Barra, Poggioreale, Gianturco, San Giovanni a Teduccio zone ex industriali e popolose. In questo senso la verifica che partirà subito dopo le ferie servirà per capire anche se altri permessi sono stati rilasciati in epoche più recenti.
LE BONIFICHE
Spinosa la questione del Sin. Da anni si aspetta un piano di bonifica di quei territori. La perimetrazione di un'area Sin equivale ad onere reale sull'area, viene trascritto sul certificato di destinazione urbanistica, ed ha valenza di declaratoria di «Pubblica utilità». In buona sostanza fin quando non si fanno le bonifiche su quelle aree non dovrebbero esserci attività. Secondo al legge le aziende insistenti su quei suoli devono prima bonificare e poi chiedere il cambio di destinazione d'uso e quindi fare attività commerciali.
I TRIBUTI
Il capitolo tributi è allo stesso modo tutto da esplorare, in particolare la Tari, la tassa per che deve coprire intero la raccolta dei rifiuti e il successivo smaltimento è tra le gabelle più evasa. Più o meno solo il 50% dei contribuenti la paga. Il Comune inizierà a verificare se in questo 50% di evasione ci sono anche i capannoni dell'area est. Si tratterebbe di ulteriori incassi mancati nel caso la Tari risultasse non riscossa.
LO STORE CINESE
Una guerra infinita quella tra il The New MaxHao di via Gianturco e il Comune. Per Palazzo San Giacomo - che ne ha chiesto tre volte il sequestro - l'area in cui è sorto secondo il Prg è dedicata alle «attrezzature pubbliche». L'avvocato del centro all'ingrosso Pierluigi Arigliani non ci sta: «L'attività commerciale - racconta l'avvocato - è stata regolarmente autorizzata dal Comune di Napoli il quale ha incassato oltre centomila euro di euro di oneri di urbanizzazione». L'avvocato spiega ancora: «Il 20 giugno il Tar Campania ha sospeso i provvedimenti interdittivi adottati dal Comune per cui non sussiste, allo stato, nessun impedimento all'esercizio dell'attività in corso». Infine l'avvocato sullo store sottolinea che la zona in cui sorge «era completamente degradata, adibita a discarica a cielo aperto e fino a poco tempo prima gestita dal Comune. Grazie all'intervento dell'Immobiliare Mariarosaria è stata riqualificata sono state assunte a tempo indeterminato circa 50 persone e aperte attività commerciali all'ingrosso gestite da italiani e stranieri, quantificabili in circa il 40% dell'intera struttura».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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