Truffa allo Stato e usura: nei guai imprenditore e 5 professionisti campani

Truffa allo Stato e usura: nei guai imprenditore e 5 professionisti campani
Martedì 17 Aprile 2018, 12:08
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Nell'ambito dell'operazione denominata «Paga globale» i militari del comando provinciale della guardia di finanza di Parma hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di misura cautelare personale con contestuale emissione di decreto di sequestro preventivo, emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Parma, su richiesta della Procura della Repubblica di Parma, nei confronti di un sodalizio criminoso dedito alla frode fiscale ed alla truffa ai danni dello Stato.
L'ordinanza in questione ha portato all'arresto, in custodia cautelare in carcere, di un imprenditore di origini campane che operava nel territorio parmense nel settore dell'impiantistica industriale, e di altre sei persone, finite agli arresti domiciliari, coinvolte a vario titolo nella vicenda. Tra questi ultimi figurano cinque professionisti, di stanza nel napoletano ma operanti nel territorio parmense, che avevano messo a disposizione dell'imprenditore campano le proprie competenze per scopi fraudolenti.
Le indagini, condotte dalla tenenza della guardia di finanza di Fidenza e coordinate e dirette dalla Procura della Repubblica di Parma, sono nate da un'attività di verifica fiscale avviata nei confronti di due distinte società, riconducibili all'imprenditore arrestato.
L'esame preliminare della documentazione contabile ed extracontabile ha portato alla luce, sin da subito, un meccanismo artificioso e fraudolento posto in essere ai danni dell'Inps: uno schema criminoso, spiegano gli inquirenti, che prevedeva il sistematico e illecito ricorso agli istituti della malattia e dell'ammortizzatore sociale del contratto di solidarietà. Infatti, i lavoratori dipendenti, pur risultando assenti per malattia o inseriti nel programma di riduzione dell'orario di lavoro, continuavano a lavorare nei medesimi giorni in cui sarebbero dovuti essere a riposo, percependo lo stipendio con un sistema di retribuzione ufficioso definito «paga globale».
In sostanza, il lavoratore veniva retribuito, a prescindere dalle previsioni del contratto nazionale di categoria del settore, con una paga oraria forfettaria: le buste paga ufficiali erano regolarmente predisposte con l'inserimento delle ore da contratto sindacale, mentre la retribuzione effettiva veniva calcolata sulla base dei fogli di lavoro, con le ore effettivamente svolte.
Con tale modus operandi, quindi, a farne le spese era lo Stato, sia in quanto erogatore, al posto del datore di lavoro, di indennità non dovute, sia perché incamerava meno tasse a titolo di trattenute fiscali e previdenziali. A perderci, tuttavia, sono stati anche gli stessi dipendenti i quali, pur percependo nell'immediato una retribuzione più alta, non hanno maturato la giusta contribuzione ai fini pensionistici.
Per contro, con tale stratagemma, la società era riuscita, nel tempo, a contabilizzare indebitamente ingenti crediti erariali grazie all'anticipo, per conto dell'Inps, delle indennità economiche di malattia e contratto di solidarietà. Questi crediti, fittizi e non spettanti, venivano successivamente utilizzati per compensare i debiti tributari e, conseguentemente, non versare le altre imposte dovute all'amministrazione finanziaria (quali ritenute alla fonte, Iva e imposte sui redditi).
I dipendenti, peraltro, a loro insaputa, erano stati anche sottoposti a licenziamento collettivo e collocati in mobilità, per poi essere immediatamente riassunti da un'altra società riconducibile alle stesso imprenditore: in questo modo, grazie alla consulenza dei professionisti compiacenti, l'imprenditore ha potuto accedere alle agevolazioni previste per l'assunzione di lavoratori in mobilità, pagando meno di un quinto dei contributi previdenziali effettivamente dovuti.
L'attività di indagine, sviluppata mediante intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti, appostamenti ed esame documentale, oltre alla truffa ai danni dello Stato, ha consentito di svelare un sistema criminoso «ampio e collaudato» nel quale l'imprenditore, grazie al contributo di vari professionisti ed alla costituzione di una serie di società succedutesi nel tempo, era riuscito a costruirsi una realtà contabile totalmente artefatta.
Gli espedienti posti in essere per suffragare l'attività, spiegano gli inquirenti, spaziavano dalla simulazione di operazioni straordinarie (affitto di rami d'azienda) all'emissione ed annotazione di fatture per operazioni inesistenti (avvalendosi di numerose società cartiere, tutte facenti capo ad un ulteriore soggetto, finito a sua volta agli arresti domiciliari), passando per l'indebita fruizione di agevolazioni fiscali e la compensazione di tributi con crediti Iva inesistenti.
Nel giro di un paio d'anni, gli illeciti hanno fruttato oltre 2,6 milioni di euro. Nell'ambito dell'indagine, inoltre, gli inquirenti hanno accertato anche un episodio di usura, posto in essere da uno dei professionisti coinvolti nella vicenda, nei confronti di un imprenditore del parmense. In particolare, a seguito della querela sporta dall'usurato, sono stati svolti accertamenti documentali e bancari, che hanno consentito di accertare l'applicazione di un tasso usurario del 117% su un prestito di 10.000 euro, concesso per sopperire ad una momentanea mancanza di liquidità.
Gli esiti delle attività investigative hanno indotto l'autorità giudiziaria all'emissione, oltre che dell'ordinanza di custodia cautelare, anche di un provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta e, in alternativa, per equivalente, di beni mobili, immobili, quote societarie e disponibilità liquide delle società coinvolte e dei solidali fino alla concorrenza dei tributi evasi, pari a 2,3 milioni. Contestualmente all'ordinanza di custodia cautelare, sono state eseguite, su disposizione della Procura della Repubblica di Parma e con l'impiego di circa 100 militari del comando provinciale Parma e dei reparti del corpo territorialmente competenti, circa 30 perquisizioni locali, in provincia di Parma, Napoli, Salerno, Modena, Reggio Emilia, Roma e Crotone, nei confronti dei 26 indagati per truffa ai danni della Stato e frode fiscale.
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