La truffa agli anziani gestita dal clan Contini: 51 arresti tra Napoli e Milano

La truffa agli anziani gestita dal clan Contini: 51 arresti tra Napoli e Milano
Venerdì 8 Novembre 2019, 09:01 - Ultimo agg. 9 Novembre, 08:37
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Quando l'anziano riceveva la telefonata, quasi sempre da una persona che si presentava come un maresciallo dei carabinieri, in sottofondo si sentivano le sirene delle forze dell'ordine. Poi una voce, quanto mai gentile e suadente, spiegava che un parente, quasi sempre un figlio o un nipote, aveva avuto un incidente e che servivano dei soldi, subito. Così l'anziano faceva di tutto. Incontrava il truffatore e consegnava soldi, gioielli, in qualche caso finanche la fede nuziale del congiunto morto. E quando, poi, scopriva che era rimasta vittima di una truffa, l'anziano preso dalla vergogna non denunciava, né alle forze dell'ordine, né alla famiglia. In un caso, a Livorno, una donna, due giorni dopo aver scoperto di essere caduta nell'inganno, è morta, molto probabilmente proprio per il dolore per quanto accaduto. È così che dal 2015, in tutta Italia, sono state messe in atto centinaia di truffe. Ed è così che la camorra ha riempito le sue casse con un giro di affari che riusciva a fruttare anche 200mila euro a settimana.

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​L'indagine è partita nel 2015, circa 80 le persone coinvolte. È stato allora che i carabinieri di Milano hanno iniziato a capire che c'era un nesso tra i diversi casi di truffa che si erano registrati in tutta Italia. E hanno soprattutto capito che c'era una unica regia, quella della camorra, con una centrale, a Napoli. Da qui il coinvolgimento della Dda partenopea. Una vera e propria azienda, quella messa in atto dal clan Contini.
 


Le telefonate partivano da diversi call center, dislocati tra l'Italia e la Spagna. I truffatori, che in alcuni casi neanche sapevano di lavorare per conto della camorra, parlavano in italiano ma anche in spagnolo, in inglese. Ascoltavano l'anziano, capivano quanto più possibile della sua vita e poi mettevano in atto la truffa. Soldi e gioielli venivano così consegnati; a Napoli è stata finanche sequestrata una gioielleria dove venivano immessi di nuovo sul mercato tutti i monili frutto delle truffe. 

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Nulla era affidato al caso dal clan Contini: le schede sim dei truffatori venivano utilizzate un solo giorno; le auto venivano noleggiate presso società sempre diverse. Però qualche punto debole è stato comunque individuato dagli investigatori: i truffatori, ad esempio, laddove venivano beccati, erano difesi quasi sempre dallo stesso avvocato. E poi le celle telefoniche: l'indagine è partita anche da qui, dai call center che poi si è scoperto erano in gran parte in appartamenti di Napoli.

Qualche anziano, un sospetto, lo ha avuto. Dopo aver ricevuto la telefonata ha provato a richiamare i carabinieri o la polizia per verificare di essere stato contattato proprio dalle forze dell'ordine, ma il telefonista non interrompeva la comunicazione e così, nel digitare il numero, la linea continuava ad essere collegata al truffatore. Gli investigatori parlano di allarme sociale e per questo hanno deciso di diffondere sui siti della polizia e dei carabinieri il contenuto di alcune telefonate: per far capire agli anziani le modalità di azione e per far capire loro come sfuggire al rischio. Una indagine definita di grande importanza dagli inquirenti perché sottrae per la prima volta il settore delle truffe a una mentalità criminale occasionale e dimostra che, invece, è ormai uno specifico settore di affari in mano alla camorra.

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