Uccisa dal marito, il calvario di Fortuna: tanti lividi sul corpo e capelli strappati

Uccisa dal marito, il calvario di Fortuna: tanti lividi sul corpo e capelli strappati
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 8 Marzo 2019, 23:00 - Ultimo agg. 10 Marzo, 07:39
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Non una goccia di sangue in quella casa, ma tanti lividi sul corpo di Fortuna. Lividi che aveva provato a giustificare in famiglia spacciandoli per piccoli traumi domestici. Dignità, decoro, silenzio, fino al giorno dell’aggressione, in un crescendo di violenza. Ad ascoltare le testimonianze raccolte sul posto, lì a pochi passi dall’abitazione in cui si è consumato l’ultimo uxoricidio a Napoli, urla e scenate di gelosia erano frequenti.

Racconta una donna del posto: «Una volta ho visto Fortuna in strada, le mancavano delle ciocche di capelli, a questo punto penso che fosse stata picchiata dal marito nell’ennesimo travaso di gelosia». E ancora: «Urla e litigi erano frequenti, sempre per la storia della gelosia». Brutto il caso di Fortuna Bellisario, la 37enne di via Miano colpita a morte dal marito 41enne Vincenzo Lopresto, al termine di un litigio esploso nel loro appartamento di Miano. 

Ferita a morte con la stampella che il marito usava in questi giorni, in un rapporto che aveva conosciuto altri momenti difficili. E lo dimostrano quei lividi rinvenuti sul corpo della donna, nel corso delle primissime indagini condotte dai medici legali, tracce da tenere nascoste, da mascherare alla men peggio quando sei in compagnia di tua madre o degli amici. Inchiesta condotta dal pm Barela, in un fascicolo coordinato dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone, si attendono gli esiti dell’autopsia, mentre gli inquirenti sono pronti a chiedere la convalida dell’arresto dinanzi al gip per omicidio volontario. Decisivo l’esito dell’autopsia, anche per stabilire cosa ha provocato il decesso: le botte a mani nude, con il colpo di stampella finale o un infarto per lo spavento? 

Inchiesta in corso, un intero spaccato familiare viene passato al setaccio. Una donna uccisa, il marito in cella, tre figli affidati ai servizi sociali. Uno scenario da mettere a fuoco, anche per capire se ci fosse premeditazione da parte di Lopresto nel chiudere i conti in modo violento con la moglie.

 

Torniamo al primo pomeriggio di giovedì, lì nell’appartamento di Miano, dove le urla dei due coniugi hanno improvvisamente turbato la quiete di un giorno ordinario. Erano rimasti soli in casa, i bimbi indaffarati altrove, lo scontro verbale che diventa aggressione fisica. Non aveva tollerato la possibilità di una separazione, Vincenzo Lopresto, non aveva tollerato la rottura del matrimonio. Un improvviso silenzio, dopo tante urla, ha fatto calare sui condomini popolari di via Miano un clima gelato. Poi la telefonata al 118, con quell’ammissione a voce bassa («mia moglie non respira più, sono stato io»), fino al tentativo di linciaggio da parte della folla che si era radunata ai piedi della palazzina in cui abitava Fortuna. Secondo uxoricidio in pochi giorni, dopo il delitto di Norina Matuozzo, la ragazza uccisa da Salvatore Tamburrino (l’ormai ex vivandiere del boss Marco Di Lauro), che non aveva accettato la fine della relazione.

LO CHOC
Periferia sotto choc, qui a nord di Napoli, almeno a raccontare le storie che si incrociano sotto le palazzine di Miano. Racconti diversi, che si fondono all’ombra della festa della donna, mai come quest’anno macchiata da rabbia e dolore. Dice una donna: «Li conoscevo, camminavano sempre mano nella mano, lui sembrava un marito premuroso e presente in casa». E ancora: «Sembravano sereni, mi capitava di incontrarli nel via vai quotidiano. Lui era gelosa di lei? Non lo avrei mai detto, anche perché quella donna era sempre alle prese con i figli, camminava sempre di fretta e a testa bassa». Diverso il racconto fatto da altri testimoni, specie se i ricordi si focalizzano a un passato più recente: «Urlava ed era violento - dice una donna - ho incrociato in questi giorni la povera Fortuna e mi sembrava dimagrita e straziata. Si vedeva che non stava bene, si vedeva che soffriva». Poi quei lividi e quella storia delle ciocche di capelli strappate. Difeso dal penalista Leonardo Scinto, Lopresto è atteso questa mattina dinanzi al giudice per le indagini preliminari. Racconterà la sua versione, pronto a dimostrare che non c’era premeditazione né volontà assassina. Un nuovo caso di violenza domestica, un’altra donna sacrificata sulla più brutale delle bestialità: quella consumata nel chiuso di un ambiente familiare, magari sotto gli occhi di bambini impietriti.
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