Portici: uccisero un «traditore», 30 anni di carcere a tre ras dei Vollaro

Portici: uccisero un «traditore», 30 anni di carcere a tre ras dei Vollaro
di Dario Sautto
Venerdì 12 Giugno 2020, 10:32
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Aveva deciso di scindersi dallo storico clan Vollaro e diventare autonomo. Così Giuseppe Iacone diventò il bersaglio dei killer della camorra di Portici e fu ammazzato in maniera plateale, in pieno giorno, tra le bancarelle del vecchio mercato ancora affollate di clienti, donne e bambini. Uno dei colpi ferì, per fortuna in maniera lieve, anche il venditore ambulante Antonio Roussel, che se la cavò con una decina di giorni di prognosi. Per questo efferato omicidio di camorra, in primo grado sono arrivate quattro condanne e un'assoluzione. Per l'omicidio del mercatino di via Bellucci Sessa, consumato alle 13.30 del 28 maggio del 2004, dopo sedici anni sono stati condannati quattro affiliati al clan Vollaro, arrestati appena un anno fa grazie alla svolta nelle indagini impressa da nuove dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Trent'anni di carcere ciascuno per Antonio Romagnoli (49 anni), Ciro Nocerino (34) e Giuseppe Toti (57), diciotto anni per Mariano Donadona, 37enne, l'unico che era ancora a piede libero (residente fuori regione) quando è stato raggiunto dall'ordine di arresto per questi fatti. Assolto, invece, con formula dubitativa il presunto autore materiale di quell'omicidio, il 41enne Antonio Froncillo, che però resta in carcere per altre vicende di camorra legate sempre al clan Vollaro di Portici.

Il processo, che si è celebrato al tribunale di Napoli, era stato rinviato a giugno perché in piena emergenza coronavirus uno dei giudici era risultato positivo al Covid 19. Durante la discussione il pubblico ministero Giuseppe Cimmarotta (che ha coordinato in codelega con Sergio Ferrigno le indagini condotte dai poliziotti del commissariato di Portici) aveva chiesto per tutti la condanna all'ergastolo. Secondo l'accusa fu Froncillo a sparare alle spalle e uccidere Iacone. Il 42enne era stato appena scarcerato nel 2004 e «radio camorra» vociferava del suo intento di fondare un clan autonomo a Portici per gestire l'affare droga e le estorsioni, in contrapposizione ai Vollaro. Un affronto che, secondo l'accusa, fu pagato con la vita. Le fasi dell'agguato sono state ricostruite anche grazie ai racconti di alcuni collaboratori di giustizia, che però non sono stati precisi nell'indicazione dell'esecutore materiale del delitto. Le prove erano più che sufficienti, invece, per indicare in Romagnoli il guidatore dello scooter dal quale fu esplosa una raffica di proiettili nel cuore del mercato.

Nocerino, Toti e Donadona ebbero un ruolo da protagonisti nelle fasi dell'organizzazione dell'agguato e per la sparizione dello scooter e dell'arma utilizzati. Inizialmente erano stati indicati come mandanti del delitto Pietro e Giuseppe Vollaro, ma per i due parenti del capoclan Luigi «'o califfo» non è stato ancora disposto il giudizio. In quel periodo, raccontano altre inchieste dell'Antimafia, a dirigere il clan in assenza di affiliati di «sangue» della famiglia Vollaro c'erano proprio Romagnoli e Froncillo.
 
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