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Ucraina, intervista al console Maksym Kovalenko: «Noi grati ai napoletani, 22 mila profughi ucraini ora si sentono a casa»

Quasi si commuove il console ucraino a Napoli mentre parla delle difficoltà del suo popolo che da un anno vive l'inferno della guerra

Il console ucraino Maksym Kovalenko
Il console ucraino Maksym Kovalenko
di Valentino Di Giacomo
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 23 Febbraio 2023, 14:00 - Ultimo agg. : 18:37
6 Minuti di Lettura

«Il momento più duro è stato proprio allo scoppio della guerra, lo scorso 24 febbraio, poi con coraggio un intero popolo ha reagito all'aggressione russa. L'episodio più commovente, invece, è quando una giovanissima coppia statunitense di stanza qui a Napoli si è recata direttamente in Ucraina per sbloccare l'adozione di tre bellissimi fratellini che ora vivono negli Usa. Nelle lacrime di questo anno ci sono anche tanti sorrisi, come quel giorno che la coppia tornò qui e la bimba più grande, di 4 anni, già chiamava mamma la sua madre adottiva». Maksym Kovalenko, il console ucraino a Napoli, quasi si commuove mentre parla delle difficoltà del suo popolo che da un anno vive l'inferno della guerra scatenata dalla Russia di Putin. Nei suoi occhi e nella sua mente scorrono questi 365 giorni: dalle file infinite di profughi all'esterno del suo consolato al Centro direzionale, ai bimbi che qui arrivavano e fraternizzavano con i coetanei napoletani improvvisando delle partite di pallone, ma c'è pure la solidarietà delle famiglie del Sud che in questo anno hanno ospitato interi nuclei familiari, che hanno donato farmaci e vestiti a chi fuggiva dall'orrore della guerra. 

APPROFONDIMENTI
Un anno di guerra in Ucraina: la manifestazione per la pace a Napoli 
La preghiera per la pace di don Mimmo Battaglia
E l'ufficio scuola della diocesi organizza un flashmob 

Video

È stato un anno intenso e terribile per l'Ucraina, quanti suoi connazionali si sono rifugiati qui a Napoli?
«Un anno duro, ma grazie a Napoli siamo meno soli. Qui, già prima della guerra, erano 25mila i cittadini ucraini che vivevano qui, più altri 12mila in provincia. Secondo i dati nell'ultimo anno sono giunti qui circa 22mila profughi, ma questo numero sarà sicuramente maggiore perché in tanti si sono mossi senza attendere i corridoi umanitari».

Ne arrivano ancora? O la fuga è terminata?
«Purtroppo, anche se in numeri minori, l'esodo non è terminato, arrivano ancora altri ucraini qui. All'inizio ne giungevano oltre 500 ogni giorno, ma il flusso, finché questa follia non terminerà, continuerà ancora».

In questo anno è partita una vera e propria catena di solidarietà per i rifugiati in fuga dalla guerra. Cosa possono fare ancora i napoletani? Quali necessità sono più urgenti?
«La comunità napoletana è stata eccezionale, ciò che più ha toccato il nostro cuore è stata l'ospitalità come solo questo popolo sa dare. Parlo spesso con tanti napoletani che nella propria casa hanno ospitato tante madri con i rispettivi figli, mentre gli uomini sono al fronte a combattere per difendere l'Ucraina dagli invasori. Abbiamo ancora bisogno di aiuti».

Di che genere?
«Alimenti, vestiti e medicinali per curare sia i nostri concittadini qui in Italia che quelli che sono in Ucraina. Gli aiuti sono diminuiti nel corso del tempo, se ci sono disponibilità per aiutare ancora noi siamo qui per distribuire ciò che è il frutto della generosità del popolo napoletano».

Cosa occorre invece agli ucraini che sono venuti qui a Napoli? Chiedono un lavoro per vivere qui autonomamente?
«I nostri cittadini si danno subito da fare, non mi sento di dire che loro aspettano qualcosa da qualcuno pure se ogni aiuto è ben accetto. Il nostro è un popolo lavoratore, si industriano da soli per trovare un lavoro, organizzarsi con la casa e trovare una scuola per i propri bimbi. Ci arrivano richieste invece ogni giorno per le cure mediche dove spesso incontrano difficoltà. Ci sono casi urgenti di invalidità, anche di bambini, e qui incontriamo talvolta problemi burocratici».

Di che tipo?
«Abbiamo una cooperazione molto positiva con l'ospedale della Federico II, ma ogni volta c'è bisogno di mediatori culturali ed è difficile organizzare questo servizio, soprattutto perché i nostri non parlano l'italiano, ma devono comunque farsi capire dai medici che li hanno in cura per spiegare i sintomi che hanno».

Altri problemi a livello pratico?
«Aspettiamo una decisione del ministero dell'Interno per prolungare i permessi di soggiorno per i profughi ucraini. Scadono il 4 marzo e ancora non si sa nulla, per questo i miei concittadini sono molto preoccupati perché al permesso di soggiorno sono vincolati altri problemi come l'assistenza medica, l'apertura di conti correnti e tanti altri».

Questo anno è stato però anche burrascoso nei rapporti tra la politica del suo Paese e quella italiana. Da ultimo le dichiarazioni di Berlusconi che hanno scosso anche il Partito popolare europeo. La spaventano certe posizioni?
«Ho lavorato tanti anni in Russia e conosco bene il perché di certe posizioni. Purtroppo Berlusconi risente dell'influenza della Russia, credo sia condizionato dall'antica amicizia con Putin, ma ci spaventerebbe di più se la sua posizione fosse quella della maggioranza dei politici italiani. Invece si tratta solo di una posizione personale perché invece la presidente del consiglio Giorgia Meloni, che ringrazio, dice in ogni sua intervista che non ci lascerà da soli».

E sul governatore De Luca che di tanto in tanto attacca il Segretario della Nato, Jens Soltenberg?
«Questa domanda dovrebbe porla a De Luca, ma in quest'anno ho visto che tante opinioni sono cambiate in ogni Paese. Nei primi giorni di questa guerra dicevano che l'Ucraina non sarebbe più esistita in pochi giorni e invece siamo ancora qui. E poi con De Luca abbiamo una cooperazione molto positiva, tutte le volte che ho avuto bisogno, anche telefonandogli personalmente, non ha mai fatto mancare il sui apporto come quello organizzato dall'Asl campana».

Stessa intesa anche con il Comune?
«Pienissima, basti pensare che l'assessore Vincenzo Santagada, da presidente dell'ordine dei farmacisti, è riuscito a far arrivare quest'anno solo da Napoli oltre 2 milioni di euro di farmaci per i nostri connazionali qui e, soprattutto, per chi vive in Ucraina. C'è un deposito alla Mostra d'Oltremare di farmaci che arrivano anche dal Joint Force di Napoli della Nato con viaggi settimanali per l'Ucraina. E poi la vicinanza dell'assessore Luca Trapanese, sempre disponibile per risolvere i problemi dei bimbi non accompagnati, lui risponde ad ogni ora del giorno. Per non parlare dello stesso sindaco Gaetano Manfredi con il quale partecipo ad incontri settimanali, così come il prefetto Claudio Palomba che sin dal primo giorno ha organizzato una cabina di regia per l'accoglienza dei nostri profughi. Al di là di ogni idea personale, sono i gesti che contano: l'Italia tutta e la comunità in particolare con la quale mi relaziono ogni giorno ci sono vicini nei fatti, i semplici cittadini come tutte le istituzioni».

In quest'anno i rapporti non sono stati però sempre idilliaci con le istituzioni partenopee. Dopo poco più di un mese dall'inizio della guerra al San Carlo organizzarono un evento con artisti ucraini e russi insieme che fece sollevare le sue proteste culminate in una manifestazione all'esterno del teatro. Tutto dimenticato?
«Ciò che proviamo a spiegare è che queste iniziative, pur se fatte in buona fede, presentano numerosi problemi dal punto di vista pratico. Forse qui si comprende meno che la Federazione Russa utilizza i propri artisti e anche i loro atleti per fare propaganda. Come se attraverso l'arte o lo sport volessero così pulirsi la coscienza. Possono usare eventi culturali per fare propaganda. Per questo non vogliamo ci siano eventi culturali con i russi finché ci sarà ancora la guerra. Adesso il nostro ministero degli Esteri ha presentato un sito "war.ucraine.ua" con dati precisi con quanti nostri artisti e atleti sono caduti». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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