Ugo Russo, il passo indietro degli intellettuali: «Difendiamo il murale anche senza cortei»

Ugo Russo, il passo indietro degli intellettuali: «Difendiamo il murale anche senza cortei»
di Valentino Di Giacomo
Lunedì 1 Marzo 2021, 10:00
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«Firmare una petizione e scendere in piazza sono cose diverse. Continuo a pensare che chiedere verità e giustizia sia sempre opportuno e giusto, e che sia scandaloso che a distanza di un anno non si conoscano i risultati di un'autopsia per un caso di presunto omicidio volontario». Lo scrittore Maurizio De Giovanni difende le ragioni di quanti hanno deciso di firmare una petizione per lasciare intatto il murale dedicato al baby-rapinatore 15enne Ugo Russo. Molti coloro che hanno firmato il documento del comitato in difesa della gigantografia, ma solo Ascanio Celestini - tra i volti noti - è poi andato in piazza sabato scorso per sfilare insieme alla famiglia del giovane. Nelle ultime settimane, comunque, le posizioni sull'intricata e complessa questione degli altarini e delle opere d'arte che celebrano personaggi della criminalità sono comunque mutate dopo un diverso atteggiamento mostrato soprattutto dai familiari del 15enne. L'obiettivo è di distogliere l'attenzione dal dipinto sorto in piazza Parrocchiella e di concentrarsi sulle vicende processuali che dopo un anno ancora non hanno fatto chiarezza su cosa avvenne quella notte dello scorso 1 marzo quando Ugo, con un suo amico, tentò con una pistola-replica di rapinare un carabiniere fuori servizio che reagì sparando.

 

«Il manifesto firmato - spiega l'avvocato Domenico Ciruzzi, presidente del Premio Napoli - di certo non chiede di conservare i murales e gli altarini abusivi dedicati ad affiliati e condannati di camorra, ma chiede invece di non eliminare il murale verità e giustizia realizzato da famigliari e comitati di quartiere coordinati da figure istituzionali della due municipalità e da Alfonso De Vito, noto ed esperto operatore sociale del territorio».

Il murale deve restare secondo il giurista ed è questa la parte della discussione che maggiormente ha sollevato un dibattito in ampie parti della città: un conto è chiedere dalle autorità competenti di fare chiarezza sulle dinamiche avvenute la sera della morte di Ugo, tutt'altro consentire la rappresentazione artistica di chi sicuramente è una vittima, ma comuunque commettendo una reato. Una levata di scudi generata anche dalle prime reazioni di amici e familiari del giovane che, subito dopo l'uccisione di Ugo, devastarono il pronto soccorso dell'ospedale Pellegrini e poi spararono contro la caserma Pastrengo dei carabinieri. Laddove il murale chiede verità e giustizia, la prima reazione fu di vendetta. Solo nell'ultima settimana il clima è cambiato con dichiarazioni e gesti rientrati nell'alveo di un dibattito civile da parte di amici e familiari del ragazzino.

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È alta da settimane l'attenzione di forze dell'ordine e Procura di Napoli su murales e altarini: pezzi di città che - lentamente - finiscono con l'essere preda dei simboli della malavita. L'ultimo episodio nei pressi di via Duomo dove l'edicola votiva dedicata a San Gennaro è stata occupata dalla foto dell'altro baby-rapinatore di Forcella, Luigi Caiafa. «Mi sono sempre chiesto - fa notare il consigliere regionale Francesco Borrelli, da sempre in prima linea contro queste manifestazioni - ma queste persone dove prendono i soldi per pagare un altarino o la realizzazione di un murale? Come mai i realizzatori sono quasi sempre gli stessi e accettano di essere pagati al nero. Bisogna intensificare le indagini sul flusso di danaro che ruota attorno a queste opere potrebbe portare ad una vera e propria svolta in quest'assurda situazione». 

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