«Vaccini, a Napoli nessuno aiuta il popolo degli invisibili»

«Vaccini, a Napoli nessuno aiuta il popolo degli invisibili»
di Antonio Menna
Venerdì 2 Aprile 2021, 00:21 - Ultimo agg. 3 Aprile, 09:18
5 Minuti di Lettura

Vacciniamo gli invisibili, gli emarginati. Si ammalano anche loro, e anche loro portano il virus in giro». L’appello è di Carlo Mele, delegato regionale della Caritas per la Campania. «Se non vogliamo farlo per un senso di umanità, facciamolo per egoismo. Vivono per strada, proteggere loro significa proteggere anche tutti noi». 


Chi sono gli invisibili? Proviamo a “vederli”? 
«Sono quelli dell’area estrema della marginalità.

Come Caritas abbiamo un servizio capillare di front office sul disagio, che sono i punti di ascolto. Ce ne sono molti su tutto il territorio. Quasi sempre in presenza, con tutte le cautele legate al distanziamento, perché le persone bisogna guardarle negli occhi. Lì intercettiamo i bisogni delle famiglie, l’utenza più prossima. Ma non sono loro gli invisibili, loro si “vedono” ancora. Gli invisibili sono ancora più giù». 


Dove sono? 
«Sono per strada, sono quelli che non hanno niente, che non hanno nessuno. Senza tetto, a volte senza famiglia, spesso attraversati da disagio psichico, da dipendenze. Sono i più fragili per definizione. Chi si prende carico di loro? Noi offriamo un letto nei dormitori, un pasto caldo nelle mense. Non ci siamo mai fermati. Abbiamo sostituito i refettori con il cestino per le restrizioni da Covid ma i nostri servizi sono rimasti attivi anche con la pandemia». 


Nella corsa al vaccino nessuno ha pensato agli ultimi?
«Ovviamente, no. Eppure si ammalano come tutti. Nei nostri dormitori sono avvenuti diversi casi di positività, creando una catena enorme di difficoltà. Abbiamo dovuto chiudere le strutture con gli ospiti dentro per lunghe quarantene, a volte chiudendo dentro anche i nostri operatori, quando è stato possibile, oppure lasciando gli ospiti da soli in una condizione di grande disagio. Abbiamo avuto casi di positività nelle mense, mettendo a rischio chi svolge volontariato, e spesso sono persone a loro volta di una certa età. Se sei costretto a chiudere una mensa, chiudi un servizio fondamentale. Capisco che non sono in cima ai pensieri di nessuno ma esistono anche gli invisibili. Come le vacciniamo queste persone? Pensiamo che possano iscriversi a una piattaforma? Non sanno neppure di cosa parliamo. Eppure non solo prendono il virus, come tutti, anzi più di tutti perché sono per strada, senza protezioni. Ma lo portano anche in giro. Se non vogliamo preoccuparci di loro, preoccupiamoci di noi stessi. Vacciniamo loro per ridurre la circolazione del virus, per conservare i servizi e anche per proteggere i nostri operatori, che sono in prima linea. Senza il volontariato, sui nostri territori, chi fa il lavoro sociale?».


Le istituzioni non ci sono? 
«Quello che sui territori dovrebbero fare i servizi sociali, lo facciamo noi. I servizi pubblici sul disagio sono quasi del tutto spariti. Uffici chiusi, irreperibili anche telefonicamente. Ci siamo solo noi lungo quella frontiera. Già prima del Covid, l’intervento istituzionale sul disagio e sulla povertà era ridotto ai minimi termini. Qualche sussidio, nessuna presa in carico. Con la pandemia è stata delega totale. Non abbiamo mai chiuso, non ci siamo mai fermati. Ci siamo inventati formule diverse ma ci siamo. Noi offriamo un aiuto materiale: beni alimentari, servizi. Ma soprattutto ascolto, presa in carico. Cerchiamo di capire di cosa hanno bisogno le persone per uscire dal disagio, non per tamponare, per risolvere. È così che si fa il lavoro sociale. È difficile, certo. Ma senza questa ambizione di riscatto, non c’è presa in carico. Purtroppo le istituzioni, nel poco che fanno, si muovono spesso nella logica del dare per carità ciò che spetta per giustizia. Noi cerchiamo di ricostruire quel senso di giustizia, partendo dalla persona, dai suoi diritti, dalla sua ansia di cambiamento». 


Alla fine dello scorso ottobre avete inviato una lettera al presidente De Luca: siamo soli di fronte alla pandemia sociale. Che risposta avete avuto? 
«Siamo ancora qui a chiedere di vaccinare gli invisibili, che sono sempre più dei fantasmi. La situazione è allo stremo. Noi non ci sottraiamo ma viviamo il paradosso che sono gli stessi sindaci che si affidano a noi, e non il contrario. Le istituzioni hanno lasciato. Hanno abbandonato. Siamo in una solitudine completa. I poveri sono stati dimenticati. La pressione è altissima e le risposte istituzionali sono scarse. Le nostre strutture sono sotto stress. Siamo palestre di carità, le nostre mense e i nostri dormitori sono luoghi di energia inesauribile. Ma non possiamo fare tutto da soli. Almeno sul fronte delle vaccinazioni, ora, proviamo a invertire una rotta già segnata. Vogliamo vaccinare i poveri? Gli esclusi? Serve a tutti. Serve a non chiudere i servizi. Serve a tenere in piedi le strutture. Serve anche a smettere di non vedere».

Video

© RIPRODUZIONE RISERVATA