Napoli, la prima vaccinata Covid: «Orgogliosa di ricevere il farmaco»

Napoli, la prima vaccinata Covid: «Orgogliosa di ricevere il farmaco»
di Maria Pirro
Domenica 27 Dicembre 2020, 09:54 - Ultimo agg. 14:01
3 Minuti di Lettura

Filomena Liccardi, 59 anni, da sette lavora al pronto soccorso e nel reparto di osservazione breve del Cardarelli. Napoletana di Materdei, è la prima dottoressa che oggi si sottopone al vaccino nella tensostruttura allestita nel parcheggio dell'ospedale. «Ho chiesto io di farlo subito, come volontaria. È un onore essere il simbolo di questa campagna di civiltà», afferma.


È preoccupata?
«Ho un certo timore, non paura, come per tutto ciò che non si conosce, ma il vaccino è sicuro. Sono più che altro emozionata per l'importanza di questa giornata. Ne avverto l'onere, oltre che l'onore».


Il vaccino Pfizer-Biontech utilizza una nuova tecnologia.
«Non sono preoccupata per gli effetti collaterali, che rientrano nelle statistiche. Mi sono vaccinata per tutto, anche contro la febbre gialla».


Si è vaccinata anche contro l'influenza?
«Quest'anno non l'ho fatto per una questione di tempo: avrei dovuto sottopormi alla profilassi nell'ultima settimana di dicembre, quando è arrivato il farmaco anti-Covid. Ma ho sempre effettuato la vaccinazione».


Almeno il 20 per cento dei suoi colleghi non ha aderito, che ne pensa?
«C'è libera scelta, ma il vaccino è l'unica speranza che abbiamo per uscire da questa pandemia che dura da quasi un anno.

La luce che si vede in fondo al tunnel. Non c'è altra possibilità, con il rispetto delle regole, dalla mascherina al lavaggio delle mani».

 


Che ne pensa di eventuali sanzioni nei confronti dei no-vax da parte dell'Ordine dei medici?
«Non sono d'accordo nell'imporre le cose, che si faccia invece una campagna di sensibilizzazione».


Come ha vissuto questi mesi in corsia?
«È stato un anno pesantissimo, per noi medici del pronto soccorso. Doloroso, perché abbiamo visto tante persone soffrire, a volte morire, e ci siamo sentiti impotenti per la solitudine degli ammalati e delle loro famiglie. Abbiamo pianto».

Video


Chi le è rimasto nel cuore?
«Un 60enne, che poi è stato sottoposto a ventilazione e ad altri trattamenti, ma non è servito, mi ha consolato, dicendo: Dottoressa, non si avvilisca, vada avanti così. Non lo dimentico».


Quando, e per chi, ha pianto?
«Spesso, in questo periodo. Per qualcuno che è finito: vecchietti disorientati negli ambienti ospedalieri che esprimevano il desiderio di tornare a casa. E, in particolare, per una signora che ho cercato di rianimare due volte: la prima è andata bene, la seconda no. E poi, quando la mia primaria si è ammalata e ho dovuto sostituirla per alcuni mesi, ho sentito molto la responsabilità: non appena è stata meglio, le ho parlato al telefono, e sono scoppiata a piangere. Un pianto liberatorio, di partecipazione».


Ha avuto paura del contagio?
«L'ho messo in conto, anche se ho avuto a disposizione i presidi per evitarlo da parte dell'azienda ospedaliera. Ma, nel reparto di osservazione breve Covid, abbiamo assistito contemporaneamente anche 40 malati positivi al tampone».


Anche suoi colleghi sono stati ricoverati.
«Tuttora ci sono medici e infermieri colpiti dal virus, che fortunatamente stanno guarendo e tornando a lavorare. Ma dobbiamo farcela, e ce la faremo».


Come ha trascorso il Natale?
«Ho pranzato con mia mamma di 87 anni, ho rinunciato a tutto, mai a vederla, con le precauzioni del caso. La solitudine sarebbe stata ugualmente pericolosa».

Video

© RIPRODUZIONE RISERVATA