Ucciso dal crollo a Napoli, la figlia: «Non faremo sconti ai colpevoli»

Ucciso dal crollo a Napoli, la figlia: «Non faremo sconti ai colpevoli»
di Gennaro Di Biase
Sabato 8 Giugno 2019, 23:00 - Ultimo agg. 9 Giugno, 11:30
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La disperazione è incontenibile, lo choc abissale, le lacrime scendono dagli occhi per conto loro. Eppure Rossella Padolino, fashion blogger di trent’anni, dimostra dignità, grazia e compostezza. Non urla e non si fa notare. Piange accovacciata su un muretto del giardino nel Pronto Soccorso del Cto, ai Colli Aminei. Intorno a Rossella sfilano a decine amici e parenti increduli di Rosario, suo padre, noto commerciante sessantaseienne morto in ambulanza da un’ora circa per colpa di un calcinaccio piovuto dall’inferno nel pieno centro storico di Napoli. Padolilno era a un passo dalla pensione e invece ha trovato la morte.
 
«Rosario - si sospira piangendo - per quarant’anni è stato uno dei commercianti simbolo di via Duomo del settore cerimonie». In tanti si avvicinano a Rossella e la abbracciano forte senza dire niente: è così assurdo morire così, dopo un caffè in via Duomo, che le parole di conoscenti, zii e cugini vengono meno. Grazia Ragozzino, invece, la madre di Rossella, è ancora dentro, al piano terra dell’ospedale: non si è staccata dalla salma di suo marito: «L’amore se n’è andato in cielo e non mi ha salutata, sono disperata», scrive su Facebook nel pomeriggio di ieri. E c’è poco altro da aggiungere. Rossella, invece, racconta di suo papà. Ogni tanto il pianto le spezza la voce, il suo racconto fotografa la storia di una bella famiglia napoletana che si è trasformata all’improvviso in tragedia. 

È un momento terribile... una cosa senza senso. 
«Sì. La cosa incredibile è che mio padre aveva lottato e vinto contro diverse malattie negli anni scorsi. E poi invece è morto così… per colpa un calcinaccio che si è staccato da un palazzo». 

Tu sai come mai tuo padre si trovava proprio lì stamattina, in quel punto maledetto? 
«Penso che fosse andato a vedere a che punto erano arrivati i lavori di pavimentazione della strada in via Duomo. Lo sanno in molti: mio padre si impegnava tanto per il territorio e si batteva perché le cose funzionassero nel migliore dei modi per tutti». 

Che persona era? Come lo descriveresti? 
«Era un uomo che si è fatto dal nulla. Mio nonno di mestiere faceva il fruttivendolo. Mio padre, col supporto costante di mia mamma, ha creato negli anni un’azienda da solo. Era un uomo amato da tutti, e che ha sempre aiutato tutti. Ha dato l’anima per il lavoro». 

Si batteva anche contro il degrado di via Duomo e per la riqualificazione della strada, quindi. 
«Sì, era molto attivo anche per quanto riguarda via Duomo… Rosario Padolino è stato sempre un punto di riferimento per le associazioni di commercianti della zona». 

Tua madre è qui? 
«Sì. È ancora dentro al Pronto Soccorso. Mia madre sta molto, molto male. Si trova in uno stato di scompenso totale. Non riesce nemmeno a parlare...». 

È troppo presto per pensare al futuro, ora che lo choc è così forte, o avete già in mente le prossime mosse? Avete già stabilito se e come procederete per vie legali? 
«Assolutamente sì, certo che faremo causa. La pagheranno. Chiunque sia riconosciuto come il colpevole di questa tragedia deve pagarla cara. Gli avvocati li abbiamo e non ci mancheranno. Non li abbiamo ancora avvisati, ma lo faremo prestissimo». 

E invece adesso, nell’immediato, come porterete avanti l’attività di famiglia? 
«Noi avevamo cinque negozi. Quattro di questi hanno chiuso negli ultimi anni. “Coriandoli”, l’ultimo rimasto in attività, cioè la bottega storica di via Duomo 204|206, era stato il primo a essere aperto da mio padre quarant’anni fa. Però, abbassare la quinta saracinesca la prossima settimana era stata una decisione comune presa da tutta la famiglia. La situazione era diventata troppo pesante per evitare la chiusura. Dopo quarant’anni di lotte per restare a galla, dopo quarant’anni passati a battersi per dare una vita agiata a noi due figlie, mio padre desiderava andarsene in pensione. Mia sorella vive a Milano, e stando così lontano non poteva aiutarci nell’attività. Mia madre, anche lei sessantacinquenne, era stanca. Io, che davo una mano a mio padre, non me la sentivo di gestire cinque negozi tutta da sola, pur avendolo fatto. E poi mio padre conosceva tutti ed era conosciuto da mezzo mondo. E tutto il mondo gli voleva bene».

 

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