«Villa Bianca: licenziamenti e stop alle nascite»

«Villa Bianca: licenziamenti e stop alle nascite»
di Marisa La Penna
Mercoledì 16 Settembre 2015, 12:01 - Ultimo agg. 12:06
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La lettera, a firma dell’amministratore unico di Villa Bianca, ha avuto l’effetto dirompente di un terremoto. Soppressione del punto nascite e ventisette licenziamenti.

La missiva ha raggiunto i lavoratori della clinica, la direzione della Asl Napoli 1, il dipartimento di tutela della salute del Comune, l’assessorato regionale alla sanità e, ovviamente, le organizzazioni sindacali.

Immediata la convocazione dell’assemblea dei dipendenti della casa di cura di via Bernardo Cavallino. E così, ieri mattina, presenti i leader provinciali di Cgil Cisl e Uil, i lavoratori hanno dissotterrato l’ascia di guerra. Avviandosi a proclamare lo stato di agitazione. E una raffica di scioperi.

«Con i suoi duemila parti all’anno Villa Bianca rappresenta il primo punto nascite accreditato della Campania» dichiara Massimo Imparato (Cisl funzione pubblica). Sostenendo poi che la decisione paventata dai vertici della casa di cura «comporta enormi problematiche sociali e occupazionali». E, in una nota, il segretario regionale Cisl Salvatore Altieri, ha scritto a sua volta al governatore De Luca, ai sub commissari Mario Morlacco e Ettore Cinque, al presidente della V Commissione regionale Raffaele Topo e al direttore della Asl Napoli 1 Ernesto Esposito, sollecitando l’istituzione di un tavolo istituzionale per far rientrare il provvedimento.

Ma da cosa nasce la decisione adottata dall’amministrazione della clinica dell’Arenella nella quale sono nate decine di migliaia di napoletani? Le motivazioni sono contenute nella lettera a firma di Anna Maria Ferriello, legale rappresentante della struttura accreditata (74 posti letto di cui, appunto, 54 accreditati). La Ferriello parla di un bilancio di esercizio dello scorso anno chiuso con una perdita di un milione e 700mila euro, di un budget insufficiente e di un sistema tariffario non adeguato. Inoltre, nella lettera, si fa riferimento ai costi alti per la gestione del punto nascita. E alla ”perdita” di sedici posti letto accreditati, ai costi elevati per le assicurazioni del personale sanitario. E si parla anche della grande percentuale dei tagli cesarei (78 per cento dei parti).

Insomma, le cose si mettono male per i lavoratori della clinica napoletana che, come detto, conta una media di duemila nascite all’anno. «Se si considera poi che una legge impone la chiusura dei reparti in cui si effettuano meno di cinquecento parti all’anno, sarà difficile, per una puerpera, la scelta di un posto dove andare a partorire» dice ancora Massimo Imparato che ha partecipato ieri all’assemblea insieme col rappresentante della Cgil funzione pubblica Fulvio Pacca.



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