Villa Salvetti, vent'anni di odissea per i proprietari e riqualificazione al palo: così muore il gioiello del Miglio d'oro

Villa Salvetti, vent'anni di odissea per i proprietari e riqualificazione al palo: così muore il gioiello del Miglio d'oro
di Alessandro Bottone
Venerdì 12 Giugno 2020, 18:43
5 Minuti di Lettura
Immaginate di rientrare a casa e di trovare il portone del vostro palazzo sbarrato e degli operai che abbattono tramezzi e stravolgono la vostra abitazione. Per quanto surreale la vicenda è stata realmente vissuta da Domenico Corrente e dai suoi parenti, tutti proprietari di un appartamento all’interno di Villa Salvetti a Barra, nella periferia orientale di Napoli, una delle centoventidue ville vesuviane del cosiddetto «Miglio d’Oro», oggi in preda ai vandali e ai delinquenti e triste simbolo di un degrado inarrestabile che riguarda, purtroppo, diverse aree di Napoli Est.
 
 

Per capire questa storia è necessario fare un salto di venti anni e navigare tra sviste, errori, attese, raccomandate, riunioni, e-mail e speranze infrante. In mezzo ci sono anche due sentenze e un risarcimento. Ci sono anche tante promesse e ritardi clamorosi. I protagonisti sono, dunque, gli attuali undici privati proprietari dell’appartamento al piano terra in via Luigi Martucci 55 e il Comune di Napoli che è proprietario della restate parte dell’antica dimora costruita nel corso del XVIII secolo. Nel giugno 2001 i Corrente si accorgono di non poter entrare più nel proprio appartamento - ereditato dai nonni che lo utilizzavano sin dagli anni Cinquanta - e che all’interno erano in corso lavori di ristrutturazione. Solo diversi mesi dopo verranno a conoscenza che si tratta di interventi decisi dal Comune per una completa rifunzionalizzazione di tutta la struttura, compresa la parte di cui il Comune non è proprietario. Otto anni più tardi, ovvero nel 2009, una sentenza riconoscerà la legittima proprietà ai Corrente. Il tribunale, infatti, condanna il Comune di Napoli alla restituzione dell’immobile e al pagamento di circa 26mila euro come risarcimento danni ai privati.

LEGGI ANCHE Barra, degrado e pericolo in piazza: uno sfregio alla storia del Miglio d'oro

A novembre 2010 avviene la riconsegna del cespite che si presenta modificato in più parti: servizi igienici e rete fognaria soppressi, vani finestra murati, tubi e bocche antincendio in diversi punti. L’appartamento è stravolto anche dal manufatto in cemento armato che mette in comunicazione tutti i piani dello stabile: lì sarebbe dovuto essere collocato l’ascensore. Dunque, l’abitazione è snaturata e non risulta più abitabile né riutilizzabile per fini commerciali perché ormai inglobata nel progetto generale che il Comune intende realizzare in tutto l’edificio, ovvero quello di un centro polifunzionale da destinare ai giovanissimi del quartiere.

Impossibilitati a utilizzarlo, tutti i proprietari decidono di scrivere al Comune proponendo la vendita. L’accordo arriva il 5 dicembre 2014: il Comune mostra la disponibilità all’acquisizione al proprio patrimonio ma è necessario stimarne ufficialmente il valore. Passa molto tempo tra richieste d’incontro, riunioni con funzionari e assessori competenti e continui rinvii. I proprietari attendono, dunque, l’esito della valutazione del proprio immobile. Il signor Corrente sollecita continuamente gli uffici comunali ma senza ottenere nulla: lo fa in diverse occasioni a partire dal 2015.
 
 

A ribadire la volontà di acquistare il bene e di liquidare i proprietari è anche l’assessore con delega al patrimonio che, a luglio 2017, scrive alla dirigente del servizio patrimonio chiedendo di conoscere il parere dell’agenzia del demanio. La richiesta di valutazione all’Agenzia dell’Entrate, in realtà, sarà formalizzata solo a novembre 2017, tre anni dopo l’accordo. Una notizia appresa con rammarico dai proprietari che nell’ottobre 2019 diffidano il Comune all’accesso ai locali essendo stato disatteso l’accordo. Nella stessa nota i proprietari chiedevano il ripristino dell’appartamento, ormai stravolto. Il 27 marzo 2018 l’assessore riscrive alla dirigente specificando che il mancato acquisto della proprietà privata non permette la realizzazione del progetto di restauro e rifunzionalizzazione dell’intero cespite.

E non basta. Il mancato acquisto dell’appartamento da parte del Comune blocca anche la stipula del contratto con l’impresa che si è aggiudicata i lavori di completamento della villa settecentesca: lo specifica il servizio ‘Valorizzazione della città storica’ nella nota di novembre 2019 nella quale sollecita, con urgenza, il responsabile dell’area patrimonio evidenziando di non aver avuto alcun riscontro alle numerose richieste. Instancabile il signor Corrente, con una pec del 4 giugno 2020, scrive di nuovo al Comune. Nelle stessa i proprietari hanno ribadito di non poter godere del bene a causa dei lavori che «hanno modificato lo stato dei luoghi e la destinazione d’uso dell’intero immobile» e di non potervi nemmeno accedere. Esattamente oggi, 12 giugno 2020, l’assessore al patrimonio ha “girato” la pec alla dirigente del servizio patrimonio «per i dovuti approfondimenti». In effetti il carteggio è ampio ma la sostanza è che il Comune è costretto ad acquistarla pena lo stravolgimento di qualsiasi intenzione.

«Vogliamo concludere perché siamo stanchi» afferma Domenico Corrente che da anni porta avanti questa battaglia per nome e per conto di tutti gli undici attuali proprietari dall’appartamento al piano terra. «È logica, ed economicamente vantaggiosa per tutti, la conclusione degli accordi di acquisizione al patrimonio comunale di detto immobile. In alternativa, eventuali pesanti lavori di riadattamento della nostra proprietà, costringerebbe anche il Comune a rivedere i suoi progetti su Villa Salvetti con pesantissimi interventi modificativi alle opere già da esso realizzate. E quanto costerebbe alle casse comunali?» si chiede il signor Corrente, ormai esausto della situazione che si trascina da quattro lustri. «Legalmente l'immobile è nel nostro possesso dalla fine del 2010 perché ci fu restituito in applicazione della sentenza del 2009 ma nella realtà il Comune non lo ha mai lasciato» sottolinea il proprietario. Una circostanza che ha specificato nell’ultima nota di pochi giorni fa volta a concludere questa vicenda che appare sempre più assurda.

Villa Salvetti è stata oggetto di un primo intervento di restauro tra il 2000 e il 2003, poi interrotto per mancanza di risorse adeguate oltre che per la vicenda tuttora pendente. L’intenzione del Comune è realizzare un centro polifunzionale per il recupero dei saperi artigiani - intaglio del legno, la ceramica e la lavorazione del ferro - così da «favorire l’inserimento delle giovani generazioni nel mondo del lavoro». Gli interventi riguardano il restauro architettonico, l’installazione di impianti tecnologici e il recupero del giardino storico secondo il disegno originale. Si tratterebbe di un luogo aperto agli alunni delle scuole del territorio e ai cittadini per incontri culturali e dibattiti. Dovrebbe ospitare sale lettura, una videoteca, due sale mostra, una sala conferenza, una buvette oltre ai locali di servizio. La gestione passerebbe alla municipalità che già si occupa di biblioteche e centri anziani. Sono previsti 1 milione e 200mila euro nei quali sono compresi anche 150mila euro per l’acquisto dell’immobile ancora di proprietà dei Corrente. Una vera e propria utopia rispetto alle condizioni attuali del bene (in buona parte) pubblico. Dopo i furti e i danneggiamenti della elegante villa vesuviana è rimasto solo uno scheletro abbandonato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA