Violenza in ospedale e aggressore impunito: la rivolta dei medici di Napoli

Violenza in ospedale e aggressore impunito: la rivolta dei medici di Napoli
di Ettore Mautone
Domenica 17 Novembre 2019, 09:00 - Ultimo agg. 09:34
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Alessandro Balboni, l'infermiere del pronto soccorso del Santobono che il 22 settembre scorso rimase vittima di un'aggressione in cui riportò la frattura del dito anulare, non sarà lasciato solo. Alla notizia della richiesta di archiviazione del Pm per tenuità delle lesioni, l'azienda Santobono ha dato mandato a uno studio legale importante per fare opposizione e denunciare l'interruzione di pubblico servizio. Balboni ha 45 anni, una moglie e due figli piccoli. Per 20 anni ha lavorato nelle corsie del Santobono, la metà di questo tempo in pronto soccorso e in precedenza nell'unità di alta specializzazione per l'assistenza ai bambini oncologici. La lesione gli è costata 24 giorni di stop dal lavoro. Ora è tornato abile ma la mano ancora duole e vorrebbe essere trasferito in un altro reparto.

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Dopo la levata di scudi di medici e infermieri del Santobono, colleghi di altre Asl e ospedali, ordini professionali e sindacati, che puntano l'indice sulla formula usata dal Pm per archiviare la vicenda sul piano penale, (che non esclude un'azione di risarcimento danni in sede civile), si contano a centinaia i commenti sui social della Napoli civile che manifesta indignazione per la violenza in genere e per questo avvenimento in particolare. Ribadita a gran voce anche la richiesta, di tutto il mondo sanitario, di una celere approvazione della legge al vaglio del parlamento sul riconoscimento dello status di pubblico ufficiale per i camici bianchi durante l'orario di lavoro «senza il quale - sottolinea Vincenzo Tipo, primario del pronto soccorso del Santobono, ci sarà sempre un giudice che individuerà l'ansia per lo stato di salute di un congiunto per stabilire la tenuità in caso di lesioni».
 
 

La necessità di dover stabilire nuove regole che garantiscano la sicurezza sul luogo di lavoro di unoperatore sanitario è considerata una priorità dalla maggior parte dei responsabili dei pronto soccorso della città. «Questo lavoro è svolto da me e dai colleghi in trincea - sostiene Vittorio Helzel, primario dell'ospedale del Mare - con totale dedizione e passione. Se accettiamo di pagare lo scotto di turni massacranti sacrificando tutto al lavoro non possiamo però reggere l'urto dello stillicidio delle aggressioni. Il frutto malato di una serie di concause di cui nessuna può essere ricondotta alla negligenza dell'operatore». «È per questo - aggiungono dalla prima linea del San Paolo - che nei pronto soccorso nessuno vuole più venire a lavorare e i concorsi e le scuole di specializzazione vanno deserti». Pino Visone del Cardarelli ricorda come la soluzione non sia nella militarizzazione delle corsie ma in un'attenzione massima ai processi di governo della macchina dei pronto soccorso. Umanizzazione delle cure e strutture adeguate la ricetta suggerita da Mario Guarino a capo del pronto soccorso del Cto.

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«Noi di tenue conosciamo solo l'intestino - sottolinea con una provocazione il presidente dell'Ordine dei medici Silvestro Scotti - ma togliendo i panni del ruolo ordinistico e indossando il camice di un medico di guardia medica mi verrebbe di dire a tutti incrociamo le braccia perché è inaccettabile pensare che qualcuno debba tornare a casa con il cuore gonfio di insulti e umiliazioni ma anche una mano fratturata solo perché la legge non è in grado di tutelarci». L'unica soluzione a questo stillicidio - dice Lino Pietropaolo, responsabile Napoli della Cisl medici - «è dare attuazione a misure organizzative e strutturali e certezza alla pena». Secondo Antonio De Falco segretario regionale della Cimo «a ben leggere il dispositivo della richiesta del Pm viene indicato che non si può far ricorso ad altre forme di archiviazione, facendo capire che la legge non offre adeguati strumenti. Una riforma è indispensabile». «L'archiviazione - sostiene infine Maurizio Cappiello, dell'Anaao - costituisce un gravissimo precedente che legittima la violenza giustificata dallo stato emotivo. Una debolezza del sistema giudiziario da sanare». C'è poi Giuseppe Alviti, dell'associazione nazionale guardie giurata che segnala l'accordo stipulato con Ernesto Esposito dello Smi per consentire alle guardie di accompagnare gli operatori per le visite a domicilio delle guardie mediche e del 118. Tra le azioni per la prevenzione delle aggressioni - ricorda infine Ermanno Scognamiglio della Cimo - una raccomandazione ministeriale del 2007 inapplicata prevede che la tolleranza zero debba essere comunicata adeguatamente agli utenti.
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