Violenza ultrà, presi i cinque guerriglieri di Napoli-Verona

Violenza ultrà, presi i cinque guerriglieri di Napoli-Verona
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 16 Gennaio 2019, 07:30 - Ultimo agg. 10:01
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Non si fecero cogliere di sorpresa, i poliziotti della Digos. Quel sei gennaio del 2018, avevano un quadro compiuto di cosa sarebbe accaduto, di quanti uomini li avrebbero affrontati e portarono a casa la loro missione: impedire che le frange violente del tifo azzurro venissero a contatto con i tifosi del Verona. Piazza Garibaldi a Napoli non è stata come via Novara a Milano, dove invece tre tifoserie gemellate dall'odio contro i napoletani hanno potuto agire quasi indisturbate, in una scena diventata teatro dell'omicidio del capo ultrà del Varese Daniele Belardinelli. Scenari diversi, a leggere le indagini culminate in cinque arresti firmati dal gip Linda Comella, che inchioda in cella presunti esponenti dei gruppi della curva B, indicati come responsabili di sassaiole contro la polizia e la distruzione di alcune macchine delle forze dell'ordine. Inchiesta condotta dai pm Stefano Capuano e Danilo De Simone, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Giuseppe Lucantonio, decisivo il lavoro della Digos del primo dirigente Francesco Licheri. Ma partiamo dagli arresti: si tratta di Carmine Cacciapuoti e di Tommaso Fiorillo, entrambi 28enni, di Gennaro Iescone, 27 anni, Diego Infante, 34 anni e di Fabio Vegliante di 29 anni, tutti volti noti alla Digos. Sono riconducibili ai gruppi «Secco vive», «Ultras 72», «Area nord», gruppi riconducibili alla Curva B. Due dei cinque finiti ieri agli arresti, parliamo di Cacciapuoti e Infanti, sono stati coinvolti in una inchiesta simile, quella legata ai raid contro i van dei romanisti di passaggio a Napoli per andare a vedere la partita della Roma contro il Barcellona.
 
Ma torniamo agli arresti di ieri mattina. Era un giorno festivo, intorno alle tredici, quando circa duecento teppisti si scaglia contro i cordoni della polizia. Un'azione a tenaglia, per altro scandita da lacrimogeni nascosti nei pressi di moto in sosta o lungo la strada, frutto di un lavoro di appostamento durato giorni.

Agli atti finiscono alcune intercettazioni, come quelle che vengono ricondotte a Edoardo Moxedano, uno dei soggetti coinvolti nelle indagini, anche se non attinto da misura cautelare. Scrive il gip: «L'indagato Dario Gabrielli aveva suggerito a Moxedano, considerato uno dei leader del gruppo, di fronteggiare il gruppo contrapposto, un gruppo napoletano questa volta, e di usare i coltelli e di rompere con la curva, con un chiaro riferimento alla esigenza di rompere con la curva A». Ma chi sono i cinque soggetti finiti agli arresti? Non si tratta di gente sbandata, come emerge anche dal profilo di una delle cinque persone finite in manette. Si chiama Tommaso Fiorillo, lavora come ingegnere ed è uno stimato professionista in erba, per altro esponente di una famiglia di professionisti pienamente integrati nel contesto cittadino. Difeso dal penalista napoletano Giovanni Rendina, Fiorillo avrà modo di raccontare la propria versione assieme agli altri soggetti coinvolti. Stesso ragionamento e stessa cautela per gli altri soggetti indagati, tra cui Fabio Vegliante, Simone Di Fraia e Marco Maddaloni, per i quali non è stata applicata alcuna misura cautelare. Una vicenda che torna a confermare la pericolosità di alcune frange di ultra e il carattere militare delle loro azioni. Scrive il gip, a proposito dell'azione di guerriglia di un anno fa: avrebbe potuto provocare danni irreparabili alle persone bloccate nel traffico in un giorno di festa.
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