Vittorio Pisani capo della Polizia, dalla cattura dei latitanti alla vittoria contro il fango

Per sette anni capo della Mobile a Napoli: arrestò Contini, Licciardi, Iovine e Zagaria

Vittorio Pisani
Vittorio Pisani
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Venerdì 12 Maggio 2023, 00:01 - Ultimo agg. 10:33
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La scena più forte, iconica, risale al sette dicembre del 2011. Siamo in questura a Caserta, quando centinaia di poliziotti scandiscono il suo nome: Pi-sa-ni, come se fossimo allo stadio. E lui compare accanto ai suoi uomini, con una felpa viola e il volto tirato di chi non dorme da tempo. Una scena tutta per lui, tanto da trasformare in comprimario Michele Zagaria, il boss dei casalesi stanato in un covo di via Mascagni a Casapesenna dopo quindici anni di latitanza. Eccolo Vittorio Pisani, l’attuale capo della Polizia, per sette anni capo della Mobile di Napoli, in una sorta di centrifuga di immagini ad effetto.

In quel pomeriggio di dodici anni fa, addosso al superpoliziotto si concentravano tutte le tensioni che scandiscono da sempre i rapporti tra pg e autorità giudiziaria, squadra mobile e Procura, esigenze di servizio e frontiere processuali.

Pensate: quando stanò il capo della mafia casalese, Pisani era sotto inchiesta a Napoli (favoreggiamento, abuso d’ufficio, falso e rivelazione di atti coperti), in un processo dal quale - anni dopo - sarebbe stato completamente assolto. E non era l’unica contraddizione che investiva il poliziotto. In quei giorni, Pisani era addirittura destinatario di un divieto di dimora a Napoli, tanto da sollevare dubbi dolorosi in chi conduceva le indagini sulla cattura di Zagaria: cosa accade se il latitante si sposta da Casapesenna a Giugliano? Cosa accade se è necessario eseguire un blitz nel napoletano? Cosa farà Pisani? Sembra un secolo fa, a giudicare dalla strada percorsa dall’attuale capo della Polizia. 

Compirà 56 anni il prossimo 22 maggio, dopo una carriera spesa tutta d’un fiato, sempre da protagonista. Natali a Catanzaro, napoletano d’adozione. Giovanissimo funzionario della Mobile, negli anni Novanta è stato capo della Omicidi, mettendo a segno arresti nella faida tra i Mazzarella e l’Alleanza di Secondigliano, che ha insanguinato - tra le altre zone - il Vomero, fino al delitto di Silvia Ruotolo. Dal 1999 al 2004 è andato allo Sco (l’eccellenza della polizia), dove ha affinato quello che diventerà il suo talento principale: la cattura dei latitanti, la caccia ai wanted, agli imprendibili. Ed è proprio con questo pallino, che il giovane e in carriera dirigente torna a Napoli (anno 2004), dove si immerge nel contrasto alla camorra: sette anni in via Medina, diventa il “superpoliziotto”, grazie all’arresto dei principali boss della camorra napoletana e casertana. Pisani stana e arresta gente del calibro di Edoardo Contini, Vincenzo Licciardi, per quanto riguarda i clan partenopei; per passare poi alla cattura di due “fantasmi” casalesi, vale a dire Antonio Iovine (che poi si pentirà) e Michele Zagaria, nell’ormai leggendario covo di via Mascagni. 

Una carriera di successi, scandita anche da momenti di tensione, in gran parte legati alla storia del processo che gli costa il divieto di dimora a Napoli: udienze interminabili, prima dell’assoluzione definitiva. Viene accusato di aver raccontato all’amico-imprenditore della ristorazione Marco Iorio che la Procura stava indagando sul suo conto. Al centro di tutto, indagini patrimoniali su un gruppo di ristoranti, ma anche e soprattutto le accuse del boss pentito Salvatore Lo Russo, in passato confidente di polizia dello stesso Pisani. Un capitolo a parte, quello del rapporto con Lo Russo, come emerge dal processo in cui Pisani verrà assolto. Difeso dai penalisti Vanni Cerino e Rino Nugnes, il dirigente tirò fuori l’asso nella manica: elencò tutte le relazioni con cui aveva documentato i suoi incontri con Lo Russo, per disciplinare la difficile materia del rapporto con un confidente.

 

Ma la storia non finisce con l’assoluzione piena di Pisani. In altri due processi, infatti, il poliziotto denuncia Salvatore Lo Russo, ottenendo ben due condanne per calunnia dello stesso pentito (3 anni e sei mesi e 1,8), caso più unico che raro in Italia. Una volta tornato a Roma, Pisani è stato allo Sco, dove si è occupato di immigrazione, per poi diventare vicedirettore dell’Aisi (i nostri servizi segreti interni). Generoso con i colleghi, schietto nel dibattito pubblico (criticò lo scrittore Roberto Saviano), Pisani non ha mai interrotto i rapporti con Napoli. Ha sposato Giulia, figlia di un ex veterano della squadra omicidi negli anni Novanta, da cui ha avuto due figli. Vive al Vomero, dove si circonda di pochi ma fidatissimi amici. Tra questi il penalista Vanni Cerino, che chiama “fratello”, al quale ha telefonato ieri dopo la nomina della successione a Giannini: gli ha ricordato dei tempi difficili, quelli dell’inchiesta terremoto, delle accuse di Lo Russo, degli anni da imputato che non hanno intaccato la sua carriera di numero uno. 

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