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«Mia sorella Stefania divorata dalla voragine di Secondigliano, sogno di riabbracciarla»

di Leandro Del Gaudio
Articolo riservato agli abbonati
Sabato 23 Gennaio 2021, 11:11
4 Minuti di Lettura

Quando sentì quel boato, fissò la madre e disse poche parole: «Mamma, è successo qualcosa a Stefania...». Presagio drammatico, vero, quello di Salvatore Bellone. Faceva freddo, era tornato a casa da poco, quando ci fu lo scoppio. Da allora, la sua paura per la sorella purtroppo è ancora attuale, anche un quarto di secolo dopo: «È come se la cercassi sempre, giorno e notte, al punto tale che preferisco dimenticare piuttosto che sforzarmi di conservare retroscene e particolari. Oltre al dramma della sua morte, c'è la disperazione per non aver mai più ritrovato il suo corpo. Stefania, mia sorella, aveva 26 anni quel pomeriggio (era un anno più giovane di me), venne inghiottita dal buco nero della voragine di Secondigliano».

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L'ANNIVERSARIO
Era il 23 gennaio del 1996, poco dopo le quattro del pomeriggio. Un corpo cercato per mesi, quello di Stefania, poi è morta anche la speranza di dare una degna sepoltura alla undicesima vittima del disastro di Secondigliano.
Una fuga di gas per alcuni lavori in corso squarciò il quadrivio di Secondigliano. Una voragine di 40 metri di diametro, morirono 11 persone: 5 operai della ditta che stava realizzando i lavori di allacciamento di una bretella stradale, tre donne a piedi (tra cui Serena De Santis, che aveva appena 12 anni), e altri tre cittadini che erano in auto. Sul posto da quattro anni erano in corso dei lavori per collegare la rotonda di Arzano con la strada provinciale di Miano, quando un tunnel cedette e i tubi del gas si incendiarono per ore. Era un'opera finanziata con i fondi del post terremoto, culminata in un processo per disastro che si è trascinato per decenni nelle aule di giustizia, sia in sede penale che civile. Alla fine furono condannati in tre (reati colposi, neanche un giorno di carcere), mentre in sede civile si è chiuso da poco il caso degli indennizzi, gestiti dai curatori fallimentari delle due ditte condannate (e fallite), con sede a Napoli e a Venafro.


Vicende tortuose, contenziosi infiniti, segnati addirittura da una beffa disgustosa, quando sono giunte le ingiunzioni a restituire le prime tranche di risarcimenti, dopo l'assoluzione del Cipe (vicenda poi ripianata dal Ministero). Oggi è il giorno della memoria, segnato - per la prima volta dopo 25 anni - da una presa di posizione ad effetto. È Sandro Russo, presidente del comitato per le vittime della voragine, a spiegare cosa accadrà questa mattina: «Niente raduno nella cappella, niente corteo o momento di coralità. Manifestiamo con la nostra assenza il dissenso per l'abbandono dei luoghi. Nessuno pulisce la strada, manca l'arredo urbano e il verde pubblico. Nella cappella dedicata al ricordo delle 11 vittime, abbiamo problemi costanti con acqua e luce, non ci va di fare le comparse per un giorno, per poi diventare semplici fantasmi nel corso di un anno intero».


Ma torniamo alla storia di Stefania, secondo il ricordo del fratello Salvatore o della nipote Titta, che all'epoca aveva solo dieci anni. Spiega il fratello: «Stava camminando in strada, dava la mano a Serena, una bambina di 12, quando venne risucchiata nelle viscere di Napoli. Serena fu travolta dal pavimento di una casa che crollò dopo lo scoppio e venne trovata sul marciapiede; mia sorella invece aveva fatto un passo laterale, sulla strada, un passo che ha reso impossibile il ritrovamento del suo corpo. La cercarono per mesi, mio padre è stato anni a chiedere interventi di recupero. Ma è stato tutto inutile. Di Stefania non abbiamo più nulla, se non il ricordo del suo sorriso. Aveva 26 anni, una vita davanti. Era buona e solare, viveva in famiglia, aveva tanti amici. Ricordo quel boato, che mi tortura da 25 anni. Ricordo che venne trovata la borsa di Serena, ma senza la tracolla. Probabilmente, ha stretto forte per salvare la vita della bambina che stava riportando a casa. Ora riposano in pace, mi auguro che qualcuno dia dignità a quel quadrivio, un posto che resta spettacolo di abbandono, che dovrebbe diventare monito per tutti. Un posto dove questa mattina, abbiamo deciso di non andare, perché non si più accendere la memoria un solo giorno l'anno».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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