Whirlpool Napoli, macchinari venduti on line a prezzi stracciati: primi lotti vanno a ruba, seconda asta deserta

Whirlpool Napoli, macchinari venduti on line a prezzi stracciati: primi lotti vanno a ruba, seconda asta deserta
di Alessio Liberini
Lunedì 17 Gennaio 2022, 17:55 - Ultimo agg. 18 Gennaio, 08:24
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Va avanti, tra lotti lasciati completamente deserti ed «affari d’oro», l’asta online sulla vendita dei macchinari provenienti dalla «Dismissione delle apparecchiature industriali relative al sito Whirlpool di Napoli»: chiuso dalla multinazionale del bianco il 31 ottobre 2020. Sullo sfondo dell’ira dei metalmeccanici che oggi gridano alla speculazione: «Molti macchinari erano stati acquistati – ricordano gli operai – con fondi pubblici». «Investiamo nel vostro futuro» si legge, infatti, come una beffa su una delle tante targhe poste all’esterno della fabbrica di Napoli Est, dove si ricordano gli investimenti provenienti dal «Fondo Europeo di Sviluppo Regionale».   

Nelle scorse settimane, sul portale di una nota casa d'aste industriale – specializzata proprio nel commercio di macchinari usati – sono apparsi ben 3 cataloghi contenenti strumenti e macchinari di ogni tipo provenienti dalla fabbrica di via Argine. Mentre, in contemporanea, i circa 317 lavoratori di Ponticelli (oggi in Naspi) restano in attesa di aggiornamenti sull’avanzamento del Consorzio – proposto dall’esecutivo per traghettare i metalmeccanici verso un ambizioso piano di reindustrializzazione del sito – che avrebbe dovuto presentare il piano industriale completo questo 15 gennaio, dopo la prima scadenza - già saltata - prevista per lo scorso 15 dicembre 2021.

Ora si resta, invece, in attesa della fine della «due diligence» - prevista già per il prossimo 22 gennaio - che dovrebbe sancire quantomeno un primo passo in avanti per il passaggio del sito dagli americani di Whirlpool ai referenti delle aziende che hanno manifestato interesse ad entrare nel Consorzio che andrebbe a rilevare la fabbrica.

In attesa di novità, sul progetto presentato lo scorso agosto dal Governo, la vendita a prezzi stracciati dei macchinari, provenienti dall’ormai ex fabbrica di lavatrici napoletana, prosegue.  Solo nel pomeriggio odierno si sono concluse le prime due aste. Si tratta dell’asta 1, terminata intorno alle 10 di questa mattina, dove erano messi in vendita oltre 100 lotti comprendenti attrezzature che vanno dai robot industriali fino a macchinari per la lavorazione dei metalli e rulli di "AISI 430 e acciaio/ferro”, quest’ultimi andati letteralmente a ruba con circa 76 offerte avanzate dai possibili acquirenti. Al termine delle battute online sono stati circa 60 i prodotti a ricevere offerte, molte di queste arrivate proprio a margine della conclusione dell’asta, solo nell’ultimo giorno disponibile prima della chiusura. Mentre, per quanto riguarda l’asta numero 2, contenente tre diverse linee di produzione, la battuta è andata completamente deserta con la casella delle offerte lasciata vuota, nonostante i prezzi più che di favore. Tra i vari, infatti, si vede una «Linea di produzione/pressatura per lavatrici QS GROUP» dal valore originario, così come riportato dalla casa d’aste, della bellezza di 5,5 milioni di euro che partiva da un esiguo prezzo di 20mila euro. Per tutte e tre le linee, rimaste invendute, lo smontaggio era stato previsto, così come si legge sul portale online dove sono apparsi i prodotti in vendita, «tassativamente entro il giorno 18 marzo 2022.

A tale data nessuna parte residuale del lotto o personale dell’aggiudicatario, dovranno essere più presenti».

Mentre, per quanto riguarda l’asta numero 3 (comprendente il contenuto di due capannoni di via Argine) - che scadrà il prossimo 26 gennaio - i termini per le operazioni di smontaggio sono previsti per il prossimo 1 aprile 2022.

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Numeri, date e nuove scadenze che fanno crescere rabbia e sconforto tra i lavoratori che, da quasi mille giorni di vertenza, restano nel limbo dell’incertezza scandita da ultimatum e promesse mai confermate fin in fondo. Ma, a far salire ancor di più l’ira, è la svendita dei macchinari. Attrezzature non secondarie che avevano fatto del sito partenopeo negli anni un centro d’eccellenza mondiale per la produzione di lavatrici di “Alta gamma”. Tra i vari oggetti in vendita c’è «un quadro elettrico che era stato pagato 750mila euro solo negli ultimi anni ed all’asta era sui 20mila euro».  Parte di questi macchinari, inoltre, erano stati acquistati tramite «fondi europei e regionali».

«È una speculazione, li hanno comprati con fondi pubblici – tuona oggi l’operaio Luciano Doria che in Whirlpool ci ha trascorso oltre 30 anni della propria vita - . Gli ultimi soldi sono arrivati solo nel 2018, pochi mesi prima della “x rossa” che anticipava la chiusura del sito».

«Fuori al cancello della fabbrica – precisa Doria - ci sono le foto delle targhe della comunità europea con i fondi dei progetti stanziati e poi non completati (per la chiusura dello stabilimento ndr). La Whirlpool ogni cosa che realizzava, anche la semplice segnaletica nei reparti, faceva richiesta agli uffici competenti per avere fondi pubblici, con cui sono stati acquistati questi prodotti».

«Io sono stato 35 anni sulla catena di montaggio – ricorda l’operaio napoletano – oggi fa rabbia vedere queste inserzioni anche perché l’azienda, per mollarci, ha speso tre volte il costo di un investimento per rilanciare il sito per la riconversione. La multinazionale ha speso, infatti, circa 200 milioni di euro per abbandonare Napoli: questo ci fa rabbia. Oggi in Italia si spende più per far speculazione ed evadere il fisco che per fare un investimento a lungo termine per rilanciare l’industria. Questa è la tristezza della categoria nazionale».

Una tristezza che però sembra quasi uno sciagurato dejavu, dove la cruda realtà supera persino la fantasia. Solo nel luglio del 2020 i lavoratori avevano messo, in maniera provocatoria, la fabbrica di Napoli Est in vendita su Ebay, al simbolico costo di 1 euro. «Si offrono incentivi statali "Prendi i soldi e scappa" – si leggeva sull’annuncio ironico messo online dagli operai - per dare l'illusione ai suoi 420 lavoratori e togliere la patata bollente al Governo».

Una provocazione che aveva mandato su tutte le furie l’allora ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli (oggi titolare del dicastero dell’Agricoltura), che arrivò persino a contattare personalmente, sui social, l’operaio napoletano che aveva caricato la particolarissima inserzione.

«Quando in modo goliardico mettemmo la fabbrica su Ebay ad un euro per far capire il deprezzamento della realtà produttiva il ministro Patuanelli si indignò – ricorda l’Rsu di fabbrica, Vincenzo Accurso -. Oggi alla svendita dell’impiantistica nessuno sta prendendo posizioni su questo passaggio. Questo ci fa capire come non sia stato dato valore agli operai che lavorano su macchinari costosissimi».

«Vengono svenduti – chiarisce amareggiato Accurso - sia i materiali che la mano d’opera buttata letteralmente per strada nel silenzio, nonostante i riconoscimenti di eccellenza arrivati dalla stessa Whirlpool. Non è stato fatto concretamente niente, è stato fatto un "piano b" ma non ci possono essere solo piani b. Prima di perdere queste aziende si deve far ricordar loro che quando sono venuti a produrre in Italia sono venuti a prendere aiuti dallo Stato, dagli sgravi fiscali fino all’acquisto di macchinari, per far si che sul territorio ci sia un piano di sviluppo».

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