Whirlpool Napoli, gli operai rifiutano il trasferimento a Varese: «La lotta non è finita»

Whirlpool Napoli, gli operai rifiutano il trasferimento a Varese: «La lotta non è finita»
di Alessio Liberini
Martedì 30 Novembre 2021, 16:12 - Ultimo agg. 1 Dicembre, 07:12
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Dopo 912 giorni di lotta la vertenza della Whirlpool di Napoli entra in una nuova e complicatissima fase. Aspettando le sorti del Consorzio che si prenderà in carico il piano di reindustrializzazione del sito di via Argine - ad oggi ancora lontano - gli operai metalmeccanici sono arrivati così ad una prima scadenza: quella delle proposte partorite dalla multinazionale del bianco. Ovvero una buona uscita o il trasferimento e quindi la nuova assunzione nel sito Cassinetta in provincia di Varese

Un’offerta, del passaggio lavorativo a circa 900 chilometri dalle proprie abitazioni, che è stata declinata quasi all’unanimità dai lavoratori di Ponticelli. Dei circa 320 operai, infatti, solo due al momento sembrano aver accettato la proposta dell’azienda. Ma per la stragrande maggioranza dei metalmeccanici è infatti solo «un ennesimo ricatto della multinazionale fatto per compre il nostro silenzio» spiegano gli stessi, amareggiati e stanchi, nella mattinata odierna dove si sono riuniti nel Cral di fabbrica – dopo l’assemblea di ieri con i  sindacati nazionali – per adempire alle procedure d'iscrizione alla Naspi (la disoccupazione), dal momento che - ormai più di un mese fa -hanno ricevuto le lettere di licenziamento collettivo

«Per noi la lotta non è finita – racconta Vincenzo Accurso, Rsu di fabbrica - c’è un passaggio purtroppo in cui la multinazionale cerca di sganciarsi dalla vertenza ma noi continuiamo a rimanere sul territorio. Per chi decide di andare a Varese sarà una scelta personale, certo che tutto il gruppo pensa che questo è un altro ricatto perché è un licenziamento con una nuova assunzione a Varese». «Le persone – precisa il lavoratore partenopeo -  non possono essere espatriate, essere prese di peso e portate in un’altra realtà a lavorare, qui c’è il futuro, qui c’erano le capacità. Per quanto riguarda la volontà di dare gli incentivi, la multinazionale non può comprare il nostro silenzio, non può comprare la nostra volontà a continuare a lottare per un territorio ed andare avanti. Noi dovremmo essere risarciti per tutto quello che stiamo subendo anche per quello che ci hanno tolto in questi lunghi anni di lotta e soprattutto quello che ci ha tolto prima (la multinazionale ndr) perché veniamo da oltre 6 anni di ammortizzatori sociali e piano piano ci hanno “chiusi” nel tempo, levandoci tutte le capacità per poter dare un futuro ai propri figli, quello non ha un valore economico». 

Così dopo anni di battaglie, presidi e manifestazioni in tutta Italia e ben 30 tavoli di crisi al ministero dello Sviluppo Economico – forse un vero e proprio record di incontri al Mise per un'unica vertenza – la rabbia è notevole e per molti lavoratori, dopo quasi tre anni di lotta e tre governi interessati alla vicenda, la disoccupazione con tempi di riassunzione – nel Consorzio – ancora lontani o il trasferimento nella lontana provincia lombarda non è difatti il massimo dei risultati ottenuti dall’esecutivo, specialmente per quanto riguarda gli operai più anziani. 

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«Noi che siamo adulti, e oramai abbiamo una famiglia – chiarisce invece il lavoratore Luigi D’Antonio che in Whirlpool ci ha passato addirittura 33 anni della propria vita - siamo già nonni che facciamo? Lasciamo i nostri figli per andare a fare gli ultimi otto/nove anni di lavoro a Varese, penso che non sia proprio il caso». «Abbiamo bisogno – continua D’Antonio - di restare nella nostra famiglia e poi abbiamo sempre detto che deve riaprire questo sito, quello di Napoli, per dire che abbiamo vinto qualcosa perché abbiamo fatto tre anni di lotta proprio per far riaprire questa fabbrica che rappresenta, in questa zona, un presidio di legalità. Non bisogna dimenticarlo. Deve restare il lavoro a Napoli. Sia la Regione Campania che il Governo si sono presi l’impegno di portare questo Consorzio a Napoli che deve aprire e dare la possibilità ai giovani e a noi di poter lavorare». Proprio sull’asse Consorzio-Regione questo venerdì gli operi saranno in presidio, nuovamente, all’esterno del Palazzo della Regione, dopo la chiamata alle armi lanciata ieri dai segretari nazionali di Fiom,Fim e Uilm. Per le parti sociali, infatti, la Giunta di Santa Lucia è stata l’unica istituzione a difendere i lavoratori durante la due giorni romana del Mise, annunciando persino il blocco della zona zes a via Argine se la multinazionale statunitense non avrebbe dato seguito alle proposte avanzate dal Consorzio, guidato dal manager napoletano Riccardo Monti, per la cessazione dello stabile di Napoli Est a quest’ultimo. 

«Noi venerdì  - spiega l’operaio 60enne Giovanni Orlando, per 24 anni all’opera in prima linea nella produzione di lavatrici - andiamo in Regione Campania a fare la nostra protesta per accelerare i tempi sul Consorzio che dovrebbe arrivare a Napoli. Abbiamo fatto tre anni di lotta per ottenere il nostro sito di Napoli, per fare venire il Consorzio a Napoli e non altrove, oggi ci devono dare una risposta il Mise e la Regione Campania dove ci possono garantire il lavoro per tutti i nostri 317 operai». «Io ho una moglie ed un ragazzo di 18 anni disoccupato, siamo monoreddito – chiarisce Orlando motivando la sua rinuncia al trasferimento - Come altri miei colleghi non intendiamo proprio andare a Varese a lavorare».

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