Whirlpool, tutta la rabbia di Napoli:
«Da qui non uscirà un ago, occupiamo la fabbrica»

Whirlpool, tutta la rabbia di Napoli: «Da qui non uscirà un ago, occupiamo la fabbrica»
di Luigi Roano
Mercoledì 16 Ottobre 2019, 08:02 - Ultimo agg. 11:05
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«Cessazione dell'attività produttiva, con decorrenza 1 novembre 2019» scrivono i capi della Whirlpool in un comunicato freddo che non lascia speranze, a oggi, sul destino dell'azienda. Tra 15 giorni i 420 operai della fabbrica di lavatrici di via Argine - siamo a Napoli nell'area est - non avranno più uno stipendio. «È come sapere il momento preciso in cui si muore che vita è mai questa? Da stasera inizia un presidio diverso, più duro niente deve entrare e niente deve uscire perché l'azienda deve sapere che non può fare tutto quello che vuole» raccontano nella «sala delle assemblee» sfogando la rabbia sui rappresentanti sindacali che cercano di smorzare ed evitare spaccature. Per loro la speranza c'è ancora «perché si parla di cessazione delle attività non più di vendita dell'azienda».
 

 


Sottigliezze politiche, anche sostanziali, che tuttavia non hanno l'effetto di risollevare il morale di chi davanti a sè ha il baratro della disoccupazione e del portafoglio vuoto. Nessuno molla tra le donne e gli uomini della Whirlpool lotteranno - e la lotta è iniziata il 31 maggio - fino all'ultimo respiro prima di appendere nell'armadietto le tute di lavoro marchiate a caratteri cubitali con il logo della multinazionale americana. Ma la botta è stata forte, un pugno in faccia che fa barcollare e visto che nessuno di loro è Rocky Balboa lo scoramento c'è e si vede sui volti sconvolti.

 

LA RABBIA
La notizia della rottura delle trattative fa esplodere la rabbia intorno alle 12 di una mattinata caldissima, in 300 bloccano l'A3 provocando code lunghe 5 chilometri verso sud e verso nord. Sono sempre i sindacalisti che mediano e così alle 14 si toglie il blocco e si torna «in fabbrica per l'assemblea». E qui vengono fuori le storie. «Questa è casa nostra e noi non ce ne andiamo - racconta Salvatore Russo un omone che era in testa al corteo - avevamo un lavoro, un futuro, una serenità. Abbiamo sempre rispettato l'ordine pubblico da oggi non so più se questo sarà possibile». Uno sfogo, subito ricomposto da amici e compagni di sventura che con lui condividono paure, ansie, e l'attesa infinita che qualcosa si sblocchi: «Ora serve l'intervento del Governo, serve una legge, tocca a Conte fare qualcosa. Anche Regione e Comune devono farsi sentire».
LE STORIE
La sala delle assemblee è piena di donne e uomini che vogliono un resoconto della mattinata romana, dell'incontro tra governo e azienda e sono scintille, un botta e risposta tra loro e i sindacalisti al quale non partecipano però tutti. E tra questi tre donne: Anna Liguori, Maria e Carmela, che preferiscono non rivelare il loro cognome. Le accomuna un dato singolare: «Tutte e tre - racconta la Liguori - siamo famiglie monoreddito. E dispiace dirlo, il reddito lo portiamo noi, perché i nostri mariti sono disoccupati». Nella sostanza si arrangiano sono precari. «Come si vive in queste condizioni? La nostra è una vita in stand by, metà dentro e metà fuori, con un futuro che non c'è e con le bollette da pagare e un mutuo da scontare. Lavoro da 19 anni alla Whirlpool, mai avrei immaginato di trovarmi in questa situazione. Ho due figli di 12 e 8 anni e questa vicenda la stanno pagando pure loro». Interviene quindi la signora Maria che un po' ascolta l'amica e collega un altro po' il dibattito: «Cosa dico ai mie figli quando esco da casa? La verità. Quando racconto loro che vado al lavoro sono contenti, se gli dico che dobbiamo fare sciopero alla fabbrica si preoccupano. Il più grande ha 13 anni e ormai capisce come stanno le cose, legge i giornali quindi dico sempre la verità. Viviamo sospesi, sul filo, senza nessuna certezza». È il turno di Carmela a parlare, la terza monoreddito che si specchia nelle preoccupazione delle sue amiche e cerca risposte dal palco dove i sindacalisti sono bombardati da domande alle quali non sempre è facile dare delle risposte. «Se crediamo che la lotta per conservare il lavoro sarà utile? Ci dobbiamo credere per forza, altrimenti che ci stiamo a fare qui? Crediamo anche nei nostri sindacalisti che ci mettono la faccia e speriamo che le cose si raddrizzino». Il caso Whirlpool, il futuro dei 420 operai e delle loro famiglie tocca anche la vita del figlio di Carmela: «Mi racconta che se ne parla a scuola sua, le maestre fanno fare dei temi, delle discussioni, impossibile tenere fuori i nostri figli da questa problematica ed è giusto così devono sapere quello che la loro mamma sta facendo».
L'ASSEMBLEA
Alla fine dall'assemblea viene fuori lo sciopero di due ore che tutte le aziende Whirlpool del Paese faranno a sostegno della vertenza Napoli. Li a via Argine invece quella di stanotte sarà una notte diversa perché «non deve e uscire né entrare un ago dalla fabbrica». Insomma, il blocco della produzione a singhiozzo: «Perché noi la fabbrica non l'abbandoneremo mai».
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