«No a celebrazioni, né a demonizzazioni. Lo scopo di questo progetto non è celebrativo, ma unicamente quello di ottenere verità e giustizia per la morte di un ragazzino di 15 anni, che nessuno ha mai negato fosse un rapinatore». Così Zerocalcare, l'artista romano autore di «Strati», il fumetto dedicato alla vicenda umana di Ugo Russo, il minorenne morto nel corso di un tentativo di rapina a un carabiniere in via Generale Orsini a Santa Lucia la notte tra il 29 febbraio e il 1 marzo 2020. A presentare il fumetto, già pubblicato sul settimanale L'Essenziale, in piazza Montecalvario ai Quartieri Spagnoli sono stati oltre all'autore, i rappresentanti del comitato Verità e Giustizia per Ugo Russo, il papà di Ugo, Enzo Russo, Leticia Mandragora, autrice del murale dedicato al ragazzo e Giovanni Bifolco, padre di Davide, il 17enne ucciso da un carabiniere a un posto di blocco al rione Traiano tra il 4 e il 5 settembre 2014. Per ricordare il 15enne a due anni dalla morte oggi inoltre a partire dalle 16 ci sarà una manifestazione in largo Berlinguer.
Perché ha voluto raccontare la storia di Ugo con un fumetto?
«Perché è una storia che ancora nessuno vuole sentire».
In che senso?
«In questi due anni intorno a una vicenda dolorosa e complessa come questa ci sono state troppe semplificazioni nei dibattiti, mentre è una vicenda che presenta ancora molti interrogativi senza risposta».
Perché il titolo Strati?
«Perché prova a mettere insieme i tanti piani/strati di una storia che parla di un 15enne ucciso con un colpo alla testa, della rapina di un Rolex con una pistola giocattolo, di cosa succede in questo Paese quando a uccidere è un rappresentante delle forze dell'ordine e di come noi leggiamo tutti questi accadimenti quando non ci riguardano da vicino».
Non crede che, come accaduto per il murale in piazza Parrocchiella, questo progetto sia l'ennesima esaltazione di un modello sbagliato per i giovani di Napoli?
«Non c'è nessuna esaltazione e nessuna celebrazione. Il mio fumetto non pretende di raccontare la verità assoluta sulla morte di Ugo, ma di esporre quali sono i fatti conclamati e quali i dubbi, tenendo fuori dalla narrazione la retorica dei buoni contro i cattivi, che troppo spesso ignora quali siano le conseguenze del contesto sociale ed economico sulla crescita dei giovani».
Sta di fatto però che Ugo, pur essendo una vittima, era un ragazzo che a 15 anni è uscito quella sera per compiere una rapina. Non è un cattivo esempio per i suoi coetanei ricordarne la figura con un fumetto?
«Ci sono delle chiare responsabilità di tutti, cioè il fatto che questa città vada sulle guide turistiche di tutto il mondo e poi veda morire un adolescente in quel modo. Se in un fumetto di 23 pagine in una sola vignetta Ugo viene ricordato come uno che non era solo un rapinatore, ma anche un ragazzino di 15 anni, non c'è nulla di celebrativo. Il racconto di una serata, di una vicenda e del suo epilogo. Questo è il fumetto. Se anche soltanto quell'unica vignetta basta a definire questo lavoro celebrativo allora c'è un problema nel dibattito. Ugo viene definito anche una persona che stava facendo una rapina, viene detto nel fumetto mille volte che stava sbagliando, come ha in più occasioni ribadito il padre. Quindi non capisco come si possa affrontare un dibattito se è solo la demonizzazione e la mistificazione totale a essere accettata. Nessuno vuole negare che Ugo in quel momento stesse facendo una rapina. Il punto è che non si può ridurre a quello la vicenda, ecco perché ci sono tanti strati per dire cosa è successo quella sera, cosa succede in questa città con altre persone e cosa accade in Italia quando c'è una divisa che deve andare a processo e parliamo di tutte quelle che sono le difficoltà di accertare la verità in quei casi».