A Milton Fornaro e Amarilis Gutierrez
il premio “Quaderni ibero-americani”

A Milton Fornaro e Amarilis Gutierrez il premio “Quaderni ibero-americani”
Venerdì 26 Ottobre 2018, 18:22
3 Minuti di Lettura
«Vengo a Napoli con l’intenzione di visitarla, percorrere le sue strade, godermela senza fretta per studiarla e ambientare qui il mio prossimo romanzo. Il legame con il mondo ispano-americano nasce con la “Dominazione spagnola”. Il vincolo tra napoletani, spagnoli e ispano-americani è stato forte e non solo perché è la Storia a dichiararlo. A livello culturale c’è un nesso tra questi popoli, stati d’animo comuni, che ci fanno sentire questa parentela che estenderei a tutta l’Italia Meridionale». Lo afferma lo scrittore uruguaiano Milton Fornaro, che il 31 ottobre sarà a Napoli (ore 18), all’Hotel Excelsior), per ritirare uno dei Premi SpecialI della Giuria 2018 “Quaderni Ibero Americani”, promosso dall’omonima e più antica e prestigiosa rivista italiana di ispanistica e da Ámbito cultural de El Corte Inglés. L’autore di “La madriguera” (Alfaguara, 2016) è di origini piemontesi, suo nonno emigrò per raggiugere l’Uruguay, ed è entusiasta di questo suo viaggio nel capoluogo partenopeo. Conosce e ama Napoli attraverso i film.
 
«Senza sottovalutare il contributo della letteratura, penso alla formidabile narrativa di Elena Ferrante che ha rinnovato il mio legame con la città, molto è opera del cinema. Il grande Totò è stato, e lo è tuttora, il prototipo del napoletano comune, dell’uomo che si è fatto da sé, in una città che stava cercando di risollevarsi nel dopoguerra. Napoli l’ho vissuta con i film di Vittorio De Sica, come “L’oro di Napoli”, “Ieri, oggi,domani” e “Matrimonio all’italiana, e con “Le quattro giornate di Napoli” di Nanni Loy. Una Napoli bollente: le persone, le strade, i drammi, le corde con i vestiti stesi, i rumori, e addirittura gli odori della città. Una città del sud, come quelle in cui ho sempre vissuto», aggiunge.
 
«La mia relazione con Napoli è una storia di amore. Rinascerei in Venezuela e a Napoli nello stesso tempo. Nessuno passa da qui senza innamorarsi di questa città, del suo popolo, del suo rumore e della sua lingua. Sono una napoletana d’amore», spiega Amarilis Gutiérrez Graffe, Decano del Corpo Consolare di Napoli e Console Generale della Repubblica Bolivariana del Venezuela, anch’ella insignita di uno dei Premi Speciali della Giuria 2018 “Quaderni Ibero Americani”.
 
«Come collettivo consolare, è un vero onore ricevere questo riconoscimento da parte della prestigiosa e storica istituzione dei “Quaderni Ibero Americani”. Come figlia di Elsa Graffe de Gutiérrez, scomparsa di recente, professoressa di Lingua e Letteratura Ispano Americana in Venezuela per oltre 35 anni, trovo sia un bellissimo regalo per la sua memoria. Con molto onore e rispetto parlo di mia madre, perché è grazie al suo sforzo che ho potuto comunicare con la lettura, la parola e la scrittura, con il mondo senza frontiere e senza tempo», continua.
 
Il Consolato dal 1856 si trova a pochi passi dal porto, da dove salpavano le barche per il continente americano. Nella prima metà del XX secolo c’erano grandi code di immigrati davanti alle porte del consolato per compilare i documenti per emigrare. Già negli anni ’60 gli italiani in Venezuela rappresentavano la comunità più numerosa del Paese. La quantità di italo-venezuelani è superiore a 1.500.000 persone, circa il 5% della popolazione.
 
«La Repubblica Bolivariana del Venezuela è un territorio di pace - conclude la diplomatica - non ci sono migranti che attentano alla sicurezza del territorio nazionale, perché noi siamo una Diplomazia del Popolo della Pace». 
© RIPRODUZIONE RISERVATA