Rubinacci difende le donne di Posillipo: «Scugnizze che giocano a fare la lucky lady»

Rubinacci difende le donne di Posillipo: «Scugnizze che giocano a fare la lucky lady»
di Francesca Scognamiglio
Giovedì 14 Marzo 2019, 12:00 - Ultimo agg. 12:07
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Scugnizze e mondane ma anche lavoratrici con i piedi per terra. Sono le donne di Napoli: quelle di Posillipo, di Bagnoli o del Vomero; descritte secondo il punto di vista di Alessandra Rubinacci, che risponde così, ironicamente, alla classificazione donne e rioni raccontata nel libro di Salvatore Pica. Una donna dalla personalità versatile, esponente della upper class napoletana, divisa tra famiglia, lavoro e mondanità. Già protagonista del programma televisivo Lucky Ladies e animatrice delle feste nei salotti della città, Alessandra Rubinacci è una nota imprenditrice, figlia di Mariano Rubinacci, simbolo dell'alta sartorialità napoletana, ed erede col fratello e le sorelle della celebre casa di moda, nonché mamma di tre figli e moglie felice.

Nel libro di Salvatore Pica le donne vengono etichettate in base al rione di appartenenza. E' davvero così?
«La donna è donna prima di essere posizionata in un quartiere. Non si può banalizzare per vie o zone, soprattutto nel 2019 . C'è una conquista rosa lunga decenni che ha portato le donne ad essere tutte indipendenti e ugualmente pensanti».

Come è la donna napoletana ?
«E' una spanna sopra tutte le altre donne, siamo avanti perché, anche nascendo a Posillipo o a via Dei Mille, siamo donne di strada. La furbizia è una nostra virtù. E poi, siamo teatrali, non è un caso che produzioni televisive e cinematografiche vengano sempre a cercare qui personalità poliedriche. Io in prima persona, gioco molto con me stessa».

Ad esempio?
«Faccio la tamarra avendo la consapevolezza di non esserlo. Ma quindi è più lucky lady o più scugnizza? Sono una scugnizza che gioca a fare la lucky lady. Mi concedo il lusso di divertirmi, e sono fortunata perché ho il tempo di poter dedicare a me stessa dei momenti di spensieratezza. E come me tante altre posillipine o vomeresi. Tornando alle napoletane».
 
Dote principale?
«La cazzimma. Esistono, però, più facce di Napoli. Menomale che Napoli è mille colori di Pino Daniele. C'è così tanta bellezza nella diversità».

La donna di via Dei Mille viene descritta come dedita al consumismo nonché egocentrica. Come replica?
«In ogni donna c'è un lato egocentrico. E' il contesto che può fare la differenza».

Non c'è un po' di esibizionismo tra le signore di Chiaia?
«Solo perché siamo in una zona più ristretta, ma non mi sento di ghettizzare. Non mancano, però, quelle che cercano un marito benestante. Il mondo si è capovolto. Oggi ci sono molti più uomini a caccia di donne milionarie che non il contrario. Le napoletane sono testarde, professionali, ambiziose e molto capaci. Arrivano dove non sempre arriva l'uomo. Noi siamo molto più brave a sopportare, risolvere, e superare».

La vomerese è idealizzata come donna con i piedi per terra invece.
«Tutte le donne che lavorano, anche se nate ricche, devono restare con i piedi ben saldati per terra. Sono una lucky lady che produce sin da ragazza e sono consapevole che domani potrebbe finire tutto se smettessi di dedicarmi anima e corpo all'azienda insieme alla mia famiglia e allo staff».

Vi sentite più fortunate delle altre donne di Napoli?
«Si è fortunate non per quello che si ha ma per quello che si riesce a mantenere o costruire».

E la sensualità delle napoletane è davvero concentrata a Pozzuoli, come dice Pica?
«Non basta il mito di Sophia Loren per dire che le donne di Pozzuoli sono le più sensuali, come non basta vestire Rubinacci per essere chic. La sensualità è qualcosa di insito e non sempre coincide con la bellezza. Si può essere sexy anche semplicemente attraverso il modo di parlare».

Quanto a fedeltà, come siamo messe?
«Il segreto per far durare una relazione, senza cercare alternative, è: non annoiarsi mai».

Che donna vorrebbe per suo figlio?
«Una donna intelligente e con una grande testa. Mio figlio è un bambino molto forte, cresciuto accanto a delle guerriere. L'amore non basta, serve quella marcia in più. E non sarà importante il quartiere di provenienza».
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