Angela Luce: «Cantando a modo mio insegno l'arte di Viviani»

Angela Luce: «Cantando a modo mio insegno l'arte di Viviani»
di Maria Chiara Aulisio
Sabato 9 Aprile 2016, 11:38
5 Minuti di Lettura
Ha solo la quinta elementare ma alla sua ultima lezione su Raffaele Viviani, nell'aula magna dell'università di Bologna, hanno partecipato oltre trecento studenti che l'hanno applaudita per sette minuti, una standing ovation in piena regola che si è ripetuta alla Federico II. Qui, oltre a raccontare la vita e le opere del grande artista napoletano, la professoressa ha messo su un vero e proprio spettacolo di canzoni e poesie che l'ha costretta a più di un bis.

Angela Savino, classe 1938, in arte Angela Luce, ultima diva della canzona napoletana, sessant'anni di carriera vissuti alla grande tra Eduardo, Totò, Peppino, Patroni Griffi e Zeffirelli di salire in cattedra non se lo sarebbe mai aspettato.Maestra Luce, insomma.«Pensate un po' voi... Una che tiene la quinta elementare. E chi se lo poteva mai aspettare». Però se l'è cavata bene.
«Direi proprio di sì a giudicare dagli applausi e dalle continue richieste che mi arrivano di sedere in cattedra. E non solo qui a Napoli dove, tra l'altro, ho chiuso il corso di Sociologia dell'industria culturale del professore Sergio Brancato. L'ultima lezione di un semestre di studio sulle forme dell'immaginario e sulle dinamiche di comunicazione legate ai media che hanno raccontato il Novecento».
Complimenti. Mica facile?
«Ho parlato tanto di cinema. Ma dopo la teoria mi esibisco sempre, il mio obiettivo è quello di fare capire ai ragazzi che questo mestiere si fa sul campo. Lo studio è fondamentale, la pratica anche di più».
E il talento?
«Non perdiamo tempo: o c'è o non c'è».
Che cosa le fa capire se un giovane ha stoffa o meno?
«Dico sempre una cosa: l'arte è come la tosse, se c'è la senti».
Altrimenti, per dirla alla Totò, «desisisti»?
«Grande Totò».
Quanti film avete girato insieme?
«Tre, ma sono valsi per 33 tante le soddisfazioni che mi hanno dato. Ricordo sempre quella scena del bacio sul décolleté, sembra ieri...».
Quale scena?
«Stavamo girando Signori si nasce, ero giovanissima, interpretavo la cameriera del fratello di Totò, che poi era Peppino De Filippo, dovevo dirgli condoglianze, signò. E lui, rispondendo pure a te, figlia mia, mi doveva dare un bacio sulle guance».
Invece?
«Me lo diede sul seno, anzi me ne diede due. Smack, smack, prima a destra e poi a sinistra. Immaginate a me... per un pelo non scoppiai in una risata, anche perché ero sicura che avremmo rifatto la scena. Macché...».
Rimase quella.
«Mario Mattoli, il regista, fu irremovibile. Cose così eccezionali non si ripetono mai, vanno e basta, mi disse. Aveva ragione: quella scena è rimasta storica».
Torniamo agli allievi e al talento.
«Il mio?».
Anche.
«Eduardo lo capì subito, mi ingaggiò senza neanche mettermi alla prova».
Addirittura?
«Riuscii ad arrivare a lui grazie a un grande attore napoletano, Ugo D'Alessio, era un caro amico di mio padre, dopo lunghe insistenze da parte mia, mi accompagnò al San Ferdinando dove Eduardo stava facendo i provini».
Quindi?
«Lo incontrammo nei pressi del suo camerino, aveva dato la pausa caffè e sigaretta, ci vide: D'Alè, che fate qua? Direttò, c'è la figlia di un mio caro amico che si è messa in testa che vuole fare l'attrice. Eccola qua, si chiama Angela, ve la volevo presentare...».
E lei?
«Ero emozionatissima, Eduardo mi guardò e disse Volete fare l'attrice? Sì, direttò voglio fare l'attrice Avete preparato qualche cosa? Impostai la voce: due poesie, una di Salvatore di Giacomo e l'altra di Garcia Lorca. Per darmi un tono pronunciai Garcia alla spagnola poggiando la lingua sui denti e arrotando la r e la c, Garrrrsssia».
Eduardo apprezzo?
«Mi fece na risata in faccia e poi disse D'Alè chesta nun tene bisogno e fa o provino, chiamate a Cardillo e fatele fare il contratto».
Quale commedia ricorda con lui?
«Natale in casa Cupiello, il mio grande esordio, interpretavo Ninuccia, la moglie di Nicolino. Eduardo rimase molto contento, brava piccerè?, esclamò alla fine della rappresentazione. Che brivido, non lo dimenticherò per tutta la mia vita»».
Ingaggiata da Eduardo senza neanche un provino.
«Proprio così. L'ho raccontato solo per dire che quando la stoffa ci sta, si capisce subito».
Anche lei lo capiva subito?
«Immediatamente, l'ho già detto: l'arte è come la tosse... Mi ricordo che stavo recitando Annella di porta Capuana con Pupella Maggio e Pietro De Vico, notai subito la bravura di Bruno Cirino e Vittorio Mezzogiorno, si capiva facilmente che sarebbero diventati ottimi attori. Dicono che li ho tenuti a battesimo e io ne vado fiera. Un'altra bravissima sapete chi era?».
Chi era?
«Lorella Cuccarini, pure lei ha debuttato con me. La notai immediatamente, elegante e molto molto carina. Le diedi parecchi consigli che lei ascoltava volentieri».
A proposito di bellezza, quanto conta in un'attrice?
«Conta conta, inutile che ci prendiamo in giro: tante cose le ho fatte anche grazie alla mia avvenenza. È il primo biglietto da visita, poi dimostri tutto il resto. Da ragazza ero bella, molto. Il mio primo show alla Piedigrotta Bideri fu un trionfo».
Quanti anni aveva?
«Solo quattordici, mi accompagnò mia madre altrimenti non mi sarei potuta esibire. Cantavo quann o frutto è ammaturato s'adda cogliere zi zi. Una canzone assai friccicarella che interpretavo molto bene. Insieme al gradevole aspetto mi procurò un successo inaspettato. Tanto che Aurelio Fierro e Nunzio Gallo, già artisti affermati, in scena subito dopo di me, si esibivano sempre in ritardo per colpa dei bis e dei tris che concedevo». Bella e brava, insomma. Ne avrà avuti di uomini a corteggiarla...
«Diversi. Anche se il grande amore è stato uno solo».
Quale?
«Quello con Peppino Gagliardi, l'ho amato da impazzire, grande artista, uno dei migliori, anche se devo ammettere che mi ha fatto soffrire abbastanza».
In che senso?
«Siamo stati due anni insieme, ma lui non si è mai comportato troppo bene, capite a me... Però la rivincita me la sono presa. Sono un Sagittario, non dimentico, soprattutto chi mi fa soffrire, e con Peppino mi sono levata 'e prete a dint e scarpre».In che modo?«Quando si rese conto che aveva sbagliato, e capì che ero io l'unica donna che voleva, gli mandai a dire da un amico comune che se pure fosse rimasto l'unico uomo al mondo avrei preferito diventare lesbica».