Cai, fuochi d'artificio per Pompei: esplosioni come una sorta di eruzione

Cai, fuochi d'artificio per Pompei: esplosioni come una sorta di eruzione
di Alessandra Pacelli
Lunedì 18 Febbraio 2019, 09:41
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«Questo soggiorno a Napoli rientra nel mio più ampio progetto di un viaggio nella storia dell'arte occidentale, che poi confluirà in una grande mostra che terrò nella Città Proibita di Pechino. Dal Museo Pushkin di Mosca al Prado di Madrid, fino alla mia personale in questi giorni ancora in corso agli Uffizi di Firenze, sto seguendo un percorso che mi mette in dialogo con il Rinascimento, il Manierismo, il Barocco, ma anche l'Impressionismo e le avanguardie. Qui però ho trovato il mio punto di partenza: le collezioni greco-romane del Museo Archeologico e lo straordinario tesoro dell'antica Pompei». A parlare è Cai Guo-Qiang, l'artista cinese che sarà protagonista in settimana di un doppio evento artistico: giovedì nell'Anfiteatro di Pompei darà vita a «Explosion Studio» con fuochi d'artificio e lavori di grandi dimensioni «disegnati» con polvere da sparo e ispirati ai topoi dell'iconografia classica; riproponendo una sorta di eruzione del Vesuvio, una serie di esplosioni ne citeranno la dinamica tragica ma rivisitata in chiave vitale, come un'azione poetica che narri la distruzione e allo stesso tempo la rinascita (nelle esplosioni saranno coinvolti piccoli manufatti disposti su una tela di trenta metri che resterà «segnata» in maniera indelebile). Venerdì invece si inaugurerà al Mann la mostra «In the Volcano» (vernissage ore 16,30) in cui saranno esposti non solo gli esiti della performance pirotecnica del giorno precedente, ma anche una serie di altri suoi lavori che raccontano il legame indissolubile tra passato e presente, mettendosi in relazione con i capolavori della Collezione Farnese, con gli affreschi e i mosaici pompeiani e persino con la sezione erotica del museo, per la quale l'artista ha preparato dei disegni a tema, con un seduttivo girotondo di figurine copulanti ispirate a un ideale Kamasutra.

 

Abbiamo incontrato Cai in un raro momento di relax, con Massimo Osanna che sin dall'inizio (e dunque quando era direttore del Parco archeologico di Pompei) ha sposato il progetto, e con Giuseppe Morra alla cui Fondazione si deve l'organizzazione del tutto (la curatela è invece del francese Jerome Neutres). Osanna parla di «palingenesi pompeiana», sottolineando quanto da sempre la città dissepolta abbia attirato «viaggiatori, intellettuali e artisti in un costante Grand Tour che giunge sino ad oggi, fornendoci nuove interpretazioni di un sito che è dunque in perenne divenire». E in questo solco si inserisce anche l'azione di Cai, la cui «energia si sprigiona come una forza dirompente e generativa, in grado di celebrare la bellezza e la gioia che sono proprie non della distruzione ma della creazione». E già si parla della possibile realizzazione di un volume che dia conto degli ultimi ritrovamenti avvenuti a Pompei, di cui Osanna in qualche modo è stato l'artefice, cui abbinare l'opera di Cai in un'ipotesi di sinergia tra linguaggi diversi, di trascrizione dell'antico in chiave contemporanea. «A Pompei la catastrofe ha preservato un'eredità monumentale che oggi vediamo come da una capsula del tempo - racconta entusiasta l'artista - Per questo ho cercato di creare qualcosa che avesse un tocco di ferocia. La mia ossessione per la polvere da sparo viene dal desiderio di approfondire il rapporto tra il potere della distruzione e quello della creazione... quale posto più di Pompei mette in scena tutto questo?».

E mentre il cinese già programma suoi prossimi futuri ritorni, Morra spiega il senso dell'intera operazione: «A noi interessa creare condizioni di scambi creativi affinché l'arte sia esperienza di vita, ricerca che lasci il suo segno nella città. È molto importante che grandi artisti internazionali scelgano Napoli come luogo per sperimentare se stessi. E questo porterà anche noi a vivere una condizione più consapevole della bellezza».
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