Caravaggio all'Expo, un grande spot: ecco perché conviene esporre a Milano il capolavoro di Napoli

Caravaggio all'Expo, un grande spot: ecco perché conviene esporre a Milano il capolavoro di Napoli
di Vittorio Del Tufo
Domenica 31 Agosto 2014, 19:43 - Ultimo agg. 19:44
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Spesso il silenzio è d’oro, anzi è un’opera di misericordia. Ma molti lo dimenticano: devono averlo dimenticato tutti coloro che in queste ore gridano allo scandalo di fronte alla prospettiva che le «Sette Opere della Misericordia», il capolavoro di Michelangelo da Merisi detto il Caravaggio, venga esposto a Milano nel padiglione della Caritas per l’Expo 2015. «È un tentativo di scippo al popolo napoletano», commenta sdegnata il deputato Pd Giovanna Palma. «Tra poco ci chiederanno il Vesuvio per metterlo in mostra in fiera», rincara la dose la presidente di Napoli 99 Mirella Barracco. Ma dov’è il problema?

C'è chi tira in ballo i tentativi di portare sotto la Madonnina la Venere di Botticelli e chi rispolvera il caso dei Bronzi di Riace, che l'ambasciatore dell'Expo per l'arte, Vittorio Sgarbi, aveva ipotizzato di trasferire a Milano per i sei mesi di durata della manifestazione, salvo poi liquidare tutto come un «equivoco».

C'è qualcosa di assai stucchevole nella disputa apertasi attorno alla possibilità che il celebre dipinto, esposto in maniera permanente sull'altare maggiore della chiesa a pianta ottagonale di via Tribunali, venga ceduto in prestito, in cambio di opportune garanzie e contropartite, al padiglione Caritas gestito anche dal Vaticano e dalla Curia di Milano. Nella città seduta su un immenso giacimento d'arte e cultura spesso tenuto a chiave, e quasi sempre non valorizzato a dovere, desta sgomento, sorpresa e clamore che la tela realizzata tra il 1606 e 1607 per la Congregazione del Pio Monte della Misericordia di Napoli venga esposta a Milano.

Il motivo di tanto sconcerto? «Quella tela è legata al territorio». Ma cosa c'entra? E soprattutto: di cosa stiamo parlando? Recuperare alla fruizione pubblica i nostri tesori d'arte è una battaglia che dovrebbe accomunare tutti: una battaglia, quella sì, per il «territorio». La levata di scudi per impedire il pervicace smantellamento dei nostri presìdi culturali è sacrosanta. Così come è doveroso pretendere che non solo le «Sette Opere della Misericordia», ma tutti i capolavori esposti nelle chiese e nei musei cittadini, vengano sottratti all'incuria e valorizzati affinché possano produrre indotto, turismo, ritorno d'immagine. Ha il sapore di una battaglia di retroguardia, invece, quella di chi si ostina a ripetere che i capolavori «napoletani» non debbano essere esposti altrove. La mostra itinerante sul Tesoro di San Gennaro ha riscosso uno straordinario successo da Roma a Parigi e ha contribuito a far conoscere quel tesoro, il «nostro» tesoro, in tutto il mondo. Per Napoli è stato un ritorno d'immagine straordinario, qualcuno può forse negarlo? Per Caravaggio, invece, si grida allo «scippo». Qui non si tratta solo di ricordare, come ha fatto il sovrintendente Giampaolo Leonetti, che è anche uno dei governatori della congregazione del Pio Monte della Misericordia, che il capolavoro di Caravaggio è già andato quattro volte nel '900 in prestito, una volta anche a Parigi (nel '36). Esporlo nel padiglione Caritas gestito anche dal Vaticano e dalla Curia di Milano avrebbe come contropartita, accanto alle garanzie e alle debite tutele - e cioè sicurezza, protezione e spazio adeguato - anche la creazione di un istituto per la degenza dei malati terminali, in linea con gli scopi di beneficenza della congregazione proprietaria dell'opera, fondata nel 1602.

I veri scandali sono altri. L'anno scorso la mostra allestita presso il British Museum con reperti archeologici provenienti dagli Scavi di Pompei ha fatto registrare numeri da capogiro. Quell'exploit è stato, per noi, umiliante, perché ha dimostrato come altri paesi riescano a far fruttare in maniera incredibile il «mito» di Pompei, mentre nella vera Pompei le domus, complice una devastata organizzazione locale, cadono a pezzi. Chi oggi storce il naso di fronte al rischio che il Caravaggio napoletano venga esposto a Milano rifletta piuttosto sul paradosso di una città che non riesce a mettere a frutto quei capolavori d'arte e cultura che tutto il mondo ci invidia.

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