«Ma la vicenda, puntellata di grossolani errori, pone non pochi interrogativi: quanti erano realmente i volumi dati in custodia? Perché non sono stati inventariati? Quale era il loro reale valore? Si trattava di cinquecentine o di volumi di scarso pregio che prima o poi dovevano prendere la via del macero? Peraltro la direttrice della Municipalità ci ha riferito che, negli anni che coprono la vicenda, e quindi dal 2013 al 2016, più volte sono stati ritirati diversi blocchi di libri da parte della casa editrice.
Quanti, non è dato saperlo. Sappiamo solo che alla fine l'Asìa ha portato al macero circa 35 tonnellate di libri», prosegue Palmieri. «Di certo, come ben documentato, la presidenza del parlamentino di Piazza Dante ha sollecitato più volte l'editore a liberare i locali per sopraggiunte ragioni di ordine igienico-sanitarie e di sicurezza. E, nella missiva di risposta dell'editore, si evince chiaramente che Pironti era consapevole delle necessità intervenute. Resta il rammarico, oltre le responsabilità di un eventuale danno erariale, tutto ancora da dimostrare, di aver mandato al macero i libri e in fumo un'occasione per avvicinare i napoletani alla cultura grazie alla loro diffusione gratuita». «Reputo che, al di là delle buone intenzioni espresse da un sindaco con una stretta di mano, le procedure non debbano mai più peccare di approssimazione e vadano sempre rispettate fino in fondo».