Fase 2 a Napoli, l'avvocato di Jesce Sole: «La burocrazia uccide le piccole realtà dello spettacolo»

Concerto del Primo Maggio 2019 a piazza Dante
Concerto del Primo Maggio 2019 a piazza Dante
di Gennaro Morra
Martedì 26 Maggio 2020, 08:14 - Ultimo agg. 12:21
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La fase 2, quella della ripartenza dopo il lungo lockdown, è scattata già da qualche settimana. In Campania il ritorno alla normalità è stato molto più graduale rispetto al resto del paese, per esempio, programmando la riapertura di bar e ristoranti solo per il 21 maggio, quattro giorni più tardi, mentre per i cinema e gli spettacoli dal vivo tutte le regioni dovranno attendere fino al 15 giugno. Ma anche in questo comparto, che fa dell’assembramento di artisti e pubblico una peculiarità, sono molti gli imprenditori che non se la sentono di riavviare la propria attività, avviliti da regolamenti stringenti che richiedono ampi spazi e ingenti investimenti per essere rispettati. Senza contare che dei soldi promessi dal governo per superare la crisi, conseguenza dal blocco imposto per spezzare il contagio da coronavirus, se ne sono visti pochissimi.
 
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Perciò gli impresari, particolarmente quelli che gestiscono piccole realtà nel mondo dello spettacolo, si sentono penalizzati, considerati una categoria di Serie B: «Eppure l'arte in questo momento può giocare un grande ruolo, a patto che sia visionaria e ribelle al punto da battere nuove strade – sostiene Fiorita Nardi, titolare della Jesce Sole, società che si occupa da sempre di progetti culturali e discografici, realizzati prevalentemente in Campania, dove organizza festival ed eventi culturali legati più che altro al mondo della musica live –. È il momento della sperimentazione soprattutto in ambito musicale. La difficoltà di fare musica dal vivo per il divieto di assembramenti può essere l'occasione per sperimentare, produrre e registrare nuova musica. Se fossi il ministro della cultura, punterei molto su progetti discografici che di fatto coinvolgono tante professionalità, dai tecnici agli autori, cantanti e musicisti. Nuove creazioni e idee sono linfa vitale per lo sviluppo di una consapevolezza e di una nuova coscienza sociale».
 
 

Da questo punto di vista, anche prima dell’esplosione dell’epidemia, nel nostro paese gli operatori del settore, più che la mancanza di fondi, lamentavano la difficoltà ad accedervi: «Il Covid ha reso palese il vero morbo che affligge l'Italia: la burocrazia – spiega la Nardi, che da poco ha fondato la Sole Comunicazioni al fine di sperimentare con nuovi linguaggi la promozione delle eccellenze artistiche, culturali ed economiche made in Campania sul mercato estero –. Nonostante gli sforzi delle istituzioni a utilizzare strumenti legislativi, come il decreto, non solo per gestire l'emergenza sanitaria ma sopratutto quella economica, di fatto nella realtà non ci sono effetti immediati a causa di procedimenti amministrativi che, pur regolando cose semplici, sono complessi al punto tale che gli stessi funzionari hanno difficoltà nell'attuazione, tanto che qualsiasi manovra economica, anche quella che prevede tutti i soldi del mondo, non avrebbe nessun effetto in Italia». Un problema la cui soluzione è scontata: «La cosa da fare è quella di semplificare. E anche qui l'arte e la cultura in generale possono giocare un ruolo fondamentale nel creare una coscienza sociale forte, nel trasmettere un messaggio profondo: se ci fosse un patto di fiducia tra cittadini e Stato, non ci sarebbe bisogno di procedimenti complessi e fuori dalla realtà».
 
Ma in questo preciso momento storico a complicare la vita a chi organizza eventi culturali e spettacoli dal vivo si è aggiunto il protocollo antivirus: precetti da rispettare per evitare che i presenti a questi avvenimenti possano contrarre il coronavirus. E quindi si va dal distanziamento di tutti i partecipanti al prelievo della loro temperatura, dalla continua sanificazione degli ambienti al divieto di vedere cibo e bevande, per finire con l’obbligo di prenotazione elettronica del ticket d’ingresso. Un decalogo di 13 punti che renderà difficilissimo il lavoro agli organizzatori: «Devo dire che gli enti locali in questa occasione stanno cercando in tutti i modi di tutelare le piccole realtà, tentando di adeguare i protocolli del governo a quelle che sono le peculiarità del territorio e dell'impresa – osserva l’impresaria –. Ma anche qui spero che il principio di difendere la salute umana non diventi lo scudo per comportamenti ottusi e fuori dalla realtà che ledono soprattutto le piccole imprese di settore».
 

Nonostante quest’impegno, però, ci si avvicina al 15 giugno con molte incertezze: «Sono tutti in attesa, cercando di studiare i protocolli e capire come muoversi». Poi la Nardi ribadisce che il problema non sono i soldi, ma le regole e i tempi con cui sono elargiti: «Su questo punto voglio essere molto chiara: in Campania ci sono molti fondi per gli spettacoli, una cifra su tutte, gli 11 milioni di euro dei Poc 2014-2020 per la "Rigenerazione urbana, politiche per il turismo e cultura”, ripartita su circa 218 progetti approvati con il coinvolgimento di circa 374 comuni campani, esclusi i capoluoghi di provincia che contano su altri fondi. Soldi che bisogna spendere entro dicembre. Una cifra che potrebbe avere un effetto benefico sul comparto a patto che vengano semplificate le procedure su cui si basano questi finanziamenti e i soldi arrivino subito agli operatori. Invece, oggi, a causa di una procedura amministrativa ottusa, quando va bene, passa un anno dalla realizzazione dell'evento al pagamento all'impresa che l’ha realizzato. Ma si possono aspettare anche tre anni». E conclude: «Insomma, i fondi ci sono, il problema è farli arrivare velocemente alle imprese. Le istituzioni si devono impegnare su questo fronte: se vogliono, possono farlo in 15 giorni. Io credo che dovrebbero considerare la burocrazia come un’emergenza nazionale».
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