Fondazione Banco di Napoli, l'Archivio rilancia: «È la rinascita dopo la pandemia»

Fondazione Banco di Napoli, l'Archivio rilancia: «È la rinascita dopo la pandemia»
di Giovanni Chianelli
Sabato 5 Marzo 2022, 09:00 - Ultimo agg. 12:30
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L'iscrizione al conservatorio di Napoli, a fine Settecento, costava 10 ducati. Per comporre «La donna del lago» Gioacchino Rossini ne ebbe 49 nel 1819, mentre è più nota la storia della committenza, che di ducati costò 200, della pala Radolovich a Caravaggio: doveva essere, secondo le indicazioni del ricco mercante che la ordinò, «con l'Imagine della Madonna col Bambino in braccio cinta di cori d'Angeli et di sotto S. Domenico et S. Francesco nel mezzo abbracciati insieme dalla man dritta S. Nicolò et dalla man manca S. Vito».

Sono alcune delle 8 nuove vicende che l'Archivio della Fondazione Banco di Napoli, il museo «Cartastorie», propone al pubblico sotto forma di installazioni multimediali, veri e propri mini spettacoli digitalizzati. È un modo per celebrare quella che Rossella Paliotto, presidente della Fondazione, definisce «una riapertura, una seconda vita del museo, nato nel 2016, ma da due anni costretto ad aperture a singhiozzo per via della pandemia. Ci presentiamo con una veste arricchita». Si festeggia anche la notizia della candidatura al patrimonio Unesco: la parte moderna della collezione, quella che va dall'anno 1580 al 1806, è stata selezionata dal ministero della Cultura per entrare a far parte dei beni dell'umanità. «Hanno definito la sezione come la più completa del suo genere, crediamo di avere buone chance, a fine anno lo scopriremo», dice il direttore Sergio Triolo.

Poi le iniziative sociali: a chi acquista un biglietto di ingresso «speciale charity», al costo di 15 euro, verrà rilasciata la riproduzione di una fede di credito che consente di supportare un progetto di beneficenza. 

 

Le nuove opere digitali, come le precedenti, sono state ideate da Stefano Gargiulo e andarle a conoscere nel dettaglio dà un'idea della ricchezza di storie che l'archivio conserva, nascoste tra i 17 milioni di polizze. Per dare un'idea dell'estensione del patrimonio, basti pensare che le carte se messe in fila coprirebbero quasi 100 km.

Si inizia con una presentazione generale del museo offerta da un attore, e subito arriva la prima sorpresa: in cima a una delle tante filze di documenti, scherzosamente ribattezzate «kebab» per la forma simile al tipico spiedo mediorientale, c'è un omino stilizzato che accoglie i visitatori con battute anche in napoletano: «Ue, sto qua, sopra la filza. Ae', mo' vengo e vi spiego». E racconta una transazione operata a fine Cinquecento da due persone, Felice e Vincenzo, che per 47 ducati comprarono 26 litri di vino di Somma Vesuviana, «non si sa se per venderlo o se per farsi na bella mbriacata» suggerisce l'omino a cui presta la voce l'attore Pietro Pignatelli. 

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Più avanti, in un'unica stanza, sono raccontate altre vicende, tra cui quella di un giovane orfano di Torre Annunziata, Salvatore Gallo, ospite dell'Albergo dei Poveri, che venne iscritto al conservatorio per studiare corno barocco, divenendo un virtuoso e recuperando una vita che sembrava spacciata. O il senso degli affari e della musica dell'impresario Domenico Barbaja, interpretato dall'attore Sergio Longobardi, che si fregia di «aver fatto grande il San Carlo» e di aver commissionato a Donizetti, Rossini e Bellini opere destinate a diventare immortali.
In una stanza a parte c'è Caravaggio: in due pannelli gli ideatori dell'installazione hanno rappresentato una partita a scacchi tra il celebre pittore e il mercante croato: «Io costo molto, sapete?» dice il geniale Merisi, raffigurato come un giovane dall'aria sveglia. Infine l'ambiente dedicato ai migranti, quello cronologicamente più moderno, con le transizioni e i primi vaglia postali creati dal Banco di Napoli a fine Ottocento come garanzia delle rimesse di chi spediva soldi dall'America. Qui l'idea è diversa: si parla in un microfono e le frasi pronunciate compaiono su valigie riprodotte sullo sfondo. Quando le parole, che saranno di amore e fiducia, di promessa di ritorno o di addio, completeranno il carico, si sente una sirena che fa partire i bastimenti. 

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