Giancarlo Siani, il contest «Giancarlo scriverebbe di»: ecco gli articoli vincitori

Giancarlo Siani, il contest «Giancarlo scriverebbe di»: ecco gli articoli vincitori
Venerdì 23 Settembre 2022, 10:02 - Ultimo agg. 11:00
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Si chiude la quarta edizione di “Giancarlo scriverebbe di”, contest giornalistico in ricordo di Giancarlo Siani che permette a tutti di essere giornalisti giornalisti per un giorno.

L’Associazione Contro la Camorra e RadioSiani.com quest’anno hanno ricevuto ben 17 articoli, che il giorno 19 settembre sono stati letti fuori la sede de Il Mattino nel corso di Buon Compleanno Gianca’. Tra questi sono stati selezionati i 5 articoli che oggi 23 settembre, anniversario della morte di Siani, vi proponiamo sul Mattino.it

I vincitori del contest sono:

STORIA DI UN RISCATTO SOCIALE di Mimmo Mallardo

UN MOSTRO CHIAMATO INDIFFERENZA di Salvio Mericano

GIOVANNI MADDALONI, IL JUDO CHE BATTE LA CAMORRA di Damiano Pio Spezzacatena (5a S dell'IISS Giancarlo Siani di Napoli)

12 ANNI FA MORIVA ANGELO VASSALLO di Livia Di Gioia

SALVATORE STRIANO, IL CORAGGIO DI DIRE "BASTA" di Mario Iannuzzo

STORIA DI UN RISCATTO SOCIALE ∎ Mimmo Mallardo

Tra le tante storie che quotidianamente leggiamo sugli organi d’informazione, esistono alcune che sono totalmente sconosciute al pubblico e forse anche discriminate perché maturano in contesti dove curiosità e attenzione mediatica rifiutano di raccontare, spesso per paura o solo per pregiudizio, in quanto probabilmente, si sviluppano in contesti lontani dalle dinamiche quotidiane. La storia in questione che merita di essere portata a conoscenza, riguarda alcune donne; un combinato disposto di errori, conti con la giustizia e rieducazione, ma soprattutto riscatto sociale. dove nel mondo carcerario si sviluppano vere e proprie “best practice”. Una mattina di settembre, mentre percorro “Galleria Principe di Napoli “situata di fronte al museo archeologico, mi colpisce un locale chiamato “Lazzarelle Bristot”; decido di fermarmi per prendermi un caffè ai tavoli. Qui tra un sorso e l’altro scambio qualche parola con alcune delle ragazze che servono ai tavoli. Iniziano a raccontarmi della storia del locale, come nasce e di cosa si occupa. Scopro che in questo angolo di Napoli possono convivere realtà economica e riscatto sociale, ma soprattutto lo spaccato di queste donne pronte rifarsi una vita. Continuando la conversazione mi mettono a conoscenza di come si sono ritrovate nel carcere femminile di Pozzuoli dove stano seguendo un percorso di rieducazione; di come sono venute a contatto con la cooperativa “Lazzarelle”, una realtà fatte di solo donne che lavorano all’interno del carcere di Pozzuoli; di come si impegnano, lavorando sodo con le altre donne di cui la cooperativa è composta; producono caffè artigianale di ottima qualità. Il lavoro ed il sacrificio restituiscono loro la dignità che credevano di aver perso e realizzando il loro riscatto. Iniziano dapprima lavorare nel carcere per la produzione di caffè, poi i primi risultati del loro percorso rieducativo le portano a lavorare nel “bistrot Lazzarelle”, nel centro di Napoli. Molte di loro si impegnano ed alcune capiscono che possono fare di più mettendosi ulteriormente in gioco. Infatti, alcune scelgono di intraprendere gli studi dove grazie alla cooperativa “Lazzarelle” e mediante la rete di altri soggetti permettono a queste donne di lavorare e studiare. All’occorrenza sostengono anche esami universitari nelle varie discipline economico-giuridiche. Lavorare e studiare è impegnativo, conciliare il lavoro con lo studio in una realtà come il carcere è faticoso. Iniziano a sostenere i primi esami, ore notturne passate sui libri dopo una giornata di lavoro, spesso lo sconforto le prende come pure il timore di non farcela. Ma sono donne testarde, non mollano! Capiscono che possono farcela! Mattoncino dopo mattoncino, alcune di loro oggi si ritrovano ad aver sostenuto un percorso accademico di tutto rispetto ma soprattutto vogliono valorizzare questi sacrifici scrivendo le tesi sui temi della rieducazione e dell’economia carceraria perché non solo possono coesistete ma, soprattutto possono portare a conoscenza al grande pubblico che esiste un mondo fatto di donne, madri, mogli, pronte a mettersi in gioco nel riconquistare libertà, diritti ma soprattutto contribuire a generare una nuova forma di economia quella sociale e circolare perché ritengono che, esaurito il loro conto con la giustizia, possono a loro volta contribuire a realizzare nuove opportunità ed evitare che giovani donne commettano gli errori che le hanno viste protagoniste e segnato le loro vite. 

Un mostro chiamato indifferenza Vincenzo e la sua battaglia contro la droga ∎ Salvio Mericano

Giancarlo scriverebbe di Vincenzo, ne sono sicuro. Vincenzo era un ragazzo di 21 anni, forte e vivace. A Vincenzo piaceva scrivere, lo faceva spesso sui quaderni di scuola del fratello o sulle pareti della sua cameretta e nella maggior parte dei casi erano strofe quasi tutte in rima.

Non aveva la passione per la poesia ed i suoi testi erano quasi tutti di protesta. Vincenzo era intelligente e parlava bene l’Inglese. In passato aveva lavorato per molto tempo in America, per questo era soprannominato affettuosamente dai suoi amici “Mericano”. Purtroppo, Vincenzo aveva tante guerre da combattere contro troppi mostri. Un padre che lo aveva abbandonato fin da piccolo, una madre che lavorava tutto il giorno per consentirgli un'infanzia serena e tanti sogni rimasti nel cassetto. Una delle sue battaglie più dure è stata di sicuro quella contro un mostro davvero infame: la droga. Una battaglia combattuta quasi sempre nell’ indifferenza delle persone che gli stavano attorno. Senza nessuno che gli difendesse le spalle. Solo la madre e qualche amico ebbero il coraggio di sfidare e tenere testa a quel mostro assetato di anime. Ecco perché Giancarlo scriverebbe di Vincenzo: L’ indifferenza. Anche il giornalista aveva una battaglia; un mostro da combattere, in solitudine e a colpi di penna. Questo mostro era la camorra. Giancarlo e Vincenzo avevano in comune una battaglia contro un mostro cattivo, e la combatterono nell’ indifferenza di chi gli stava vicino. Sapevano di essere soli in mezzo a tante persone. Ma l’indifferenza delle persone è di tutti i mostri, il più crudele. Non ti lascia via di scampo. Sono più che sicuro che Giancarlo scriverebbe di come la camorra, nell’ indifferenza e nel totale disprezzo per la vita umana, tagliò delle dosi di droga allungandole fino a farle diventare “fiale della morte”. Vincenzo se ne andò fra le braccia di suo fratello il giorno del suo 22esimo compleanno e l’ultima cosa che gli disse fu: “Scusami”. Giancarlo e Vincenzo hanno perso la vita, ma la battaglia mai e poi mai. 

Giovanni Maddaloni: il judo che batte la Camorra ∎ Damiano Pio Spezzacatena, 5a S - IISS Giancarlo Siani di Napoli

Scampia è una zona di Napoli con molte difficoltà, soprattutto a livello sociale data la massiccia presenza di organizzazioni criminali che hanno portato il quartiere al degrado. I ragazzi di Scampia spesso sono costretti, date le poche opportunità, ad unirsi a clan camorristi, la maggioranza di questi giovani vorrebbe una vita come quella di tutti gli altri, ma si ritrova in un vortice di criminalità a cui non vuole appartenere, ritrovandosi a seguire un’ideologia che si è insidiata nelle loro menti a seguito di un lavaggio del cervello. C’è chi si è voluto opporre a ciò, creando nuove opportunità ai ragazzi e al territorio di Scampia, un esempio lampante è quello di Giovanni Maddaloni, un ex judoka, che nel 1980 ha fondato l’associazione sportiva Star Judo Napoli, un centro sportivo dove si pratica, appunto, judo. Giovanni Maddaloni, per riuscire a togliere quanti più ragazzi possibile dalla strada, ha aperto le porte della sua palestra a tutti, facendo pagare alle famiglie e ai ragazzi quello che possono, magari anche solo €10 al mese. Oltre che una splendida iniziativa, la Star Judo Napoli ha sfornato grandi talenti, in primis lo stesso figlio di Giovanni: Pino Maddaloni che, dopo aver appreso tutto il possibile dal padre, riesce a vantare un palmares spettacolare: è salito sul tetto d’Europa per due anni consecutivi (1998 e 1999), ha vinto l’oro nell’edizione dei Giochi Olimpici di Sydney 2000 e si laureato Campione del Mondo nel 2002. Questa storia ha ispirato molti ragazzi che hanno deciso di seguire le lezioni del maestro Giovanni, un uomo che ha dimostrato che è vero che i castelli nascono dal niente, ma che soprattutto ha cambiato in modo significativo il tessuto sociale del quartiere che, nonostante tutto, ha sempre amato e in cui ha sempre creduto. Non ha voltato le spalle a dei ragazzi che silenziosamente gridavano aiuto, convinti che nessuno potesse ascoltarli, invece un uomo, come tutti noi, ha cambiato la vita a intere generazioni di Scampia e non solo.

12 ANNI FA MORIVA ANGELO VASSALLO, IL “SINDACO PESCATORE”!  ∎ Livia Di Gioia

Angelo Vassallo, il “Sindaco Pescatore” di Pollica, è stato assassinato il 5 settembre 2010 con nove colpi di pistola mentre si trovava a bordo della sua automobile con la quale stava rientrando a casa. A dare l’allarme sono stati i familiari, preoccupati per non averlo visto rincasare al suo solito orario. Il suo corpo è stato ritrovato alle prime luci dell’alba, lungo la strada che era solito percorrere per ritornare alla sua abitazione. Le sue ultime ore di vita, il Sindaco le aveva trascorse con i suoi amici a parlare di mare e di pesca, le sue due grandi passioni che gli avevano fatto dare l’appellativo di “Sindaco Pescatore”, quando ad un tratto si è dovuto allontanare velocemente come se avesse un appuntamento con qualcuno. Infatti, pochi giorni prima di morire, aveva confessato di “aver scoperto qualcosa che non doveva scoprire”. Ma cosa aveva scoperto di preciso Vassallo di così importante tanto da aver perso la vita? Si pensa avesse scoperto un grosso traffico di droga ad Acciaroli. Gli stupefacenti arrivavano, si pensa, via mare, attraverso dei gommoni che il cartello degli Scissionisti di Secondigliano spediva nel Cilento ed in Calabria. Angelo Vassallo scoprì tutto e decise di non farsi corrompere, continuando a lottare per l’ambiente e per una società più giusta. Voleva riscattare il suo Cilento, infatti fu lui a riportare in vita il porto turistico di Pollica e a rilanciare il settore olivicolo nel suo territorio. Il suo coraggio e la sua onestà piacevano a molti, ma non a tutti. È morto per portare avanti le sue idee di civiltà. A 12 anni di distanza non si conoscono ancora i mandanti e gli assassini dell’omicidio di Vassallo ed è per questo motivo che chi ha a cuore il Cilento e le idee del “Sindaco Pescatore” continuerà a lottare affinché sia fatta giustizia. 

Salvatore Striano, il coraggio di dire “basta” Una storia di redenzione e tenacia di chi, trascinato da Shakespeare, si è opposto alla camorra ∎ Mario Iannuzzo

Il 23 settembre ricorre l’anniversario dalla morte di Giancarlo Siani. Un uomo libero che col suo coraggioso giornalismo d’inchiesta ha cercato di svilire la camorra attraverso il racconto dei fatti. Lui oggi non c’è più ma il suo ricordo ed il suo insegnamento non sono rimasti invano. Dalla camorra è possibile redimersi ed è in questa direzione che ci porta la storia di Salvatore Striano. Nato nel 1972, Salvatore si trova già a pochi anni di vita a fare i conti con un futuro difficile. Il terremoto del 1980 gli distrugge la scuola e le difficoltà del momento lo spingono verso la malavita organizzata. A 9 anni inizia l’attività di contrabbando di sigarette prima e allo spaccio di cocaina poi. A 14 anni, entra in carcere per la prima volta. Uscito, riprende le attività illecite per svariati anni camminando armato per i vicoli di Napoli. Salvatore è ricercato dalle autorità giudiziarie e, a 23 anni, scappa latitante in Spagna. Viene arrestato e torna in carcere, prima a Madrid e poi a Rebibbia. È proprio nel penitenziario romano che la vita di Salvatore cambia. Incontra Fabio Cavalli, un regista, che lo convince a prendere parte alla compagnia teatrale da lui fondata in carcere. Salvatore scopre Shakespeare. Lo studia, lo incuriosisce. Nelle opere del drammaturgo inglese, Striano vede Napoli. In “Amleto” vede i giovani del sud ai quali è stato ucciso il padre; in “Macbeth” vede la crudeltà dei boss. A 33 anni Salvatore esce cambiato in positivo dal carcere. Il suo è un esempio di come la galera, se fatta secondo il principio costituzionale della rieducazione del condannato, possa dare la possibilità di una nuova vita. Inizia, così, la sua carriera nel teatro e nel cinema. Viene reclutato da Matteo Garrone nel celebre film “Gomorra” e nel 2012 arriva la consacrazione, con il film "Cesare deve morire", tratto dal Cesare di Shakespeare. La storia di Salvatore insegna che c’è un’alternativa alla camorra; c’è possibilità di vivere nell’onestà; di vivere da persone libere come ha fatto Giancarlo…. 

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