«Giancarlo Siani Giornalista Giornalista», nel libro un appunto inedito tra clan e affari

«Giancarlo Siani Giornalista Giornalista», nel libro un appunto inedito tra clan e affari
di Leandro Del Gaudio
Martedì 22 Settembre 2020, 12:03 - Ultimo agg. 18:01
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Un appunto scritto a macchina, con nomi di clan e zone di influenza, boss e zone di appartenenza; qualche freccia per indicare alleanze, finanche il numero di arresti spiccati dopo l'ultima strage di camorra. Aveva le idee chiare Giancarlo Siani, a giudicare dallo schema battuto a macchina, come vademecum del proprio lavoro quotidiano, quando era necessario interpretare fatti di nera solo apparentemente scollegati gli uni agli altri. Fatti drammaticamente connessi, maledettamente arpionati alla carne viva dei napoletani. Un appunto scritto da Giancarlo Siani pochi mesi prima di essere ucciso, in cui riassume e schematizza gli equilibri della Nuova famiglia (il cartello vincente sulla Nco di Cutolo) all'ombra del Vesuvio, che basta da solo a confermare la visione di insieme degli eventi che Siani raccontava ogni giorno, ben oltre la prospettiva di un semplice corrispondente di provincia. Più che un pezzo di carta, più di un appunto estemporaneo, è un cimelio inedito, una sorta di reliquia che i lettori del Mattino troveranno domani nel libro Giornalista giornalista, gratis con il quotidiano.
 

 

Trentacinque anni dopo il delitto di piazza Leonardo, dunque, spuntano dall'archivio della memoria poche righe scritte da Giancarlo Siani. Basterebbero da sole a sintetizzare la storia di un cronista, la sua conoscenza del territorio, il rapporto con le fonti di nera e di giudiziaria. E andiamolo a leggere l'appunto di Giancarlo, a proposito della Nuova famiglia all'ombra del Vesuvio. Di sicuro è stato scritto non molti mesi prima di essere ucciso (il 23 settembre del 1985), dal momento che il cronista del Mattino elencava il numero di ordini di cattura (54, numero che Giancarlo cerchia con una penna nera) dopo strage. Parliamo ovviamente della strage di Torre Annunziata, del circolo dei pescatori, del 26 agosto del 1984. Ed è proprio quello che accade nel drammatico Sant'Alessandro di 36 anni fa a Torre Annunziata (otto morti, sette feriti, per mano di 14 killer sbucati da un bus rubato mesi prima a Scalea), che spinge Siani a lavorare su patti ed equilibri, alleanze inedite e nuovi scenari. Proviamo a seguire il suo ragionamento: sotto la cupola della Nuova famiglia, ci sono due costellazioni criminali, che spingono Siani a dividere il foglio in due parti, con al centro una linea nera tracciata a penna. A sinistra, ci sono i D'Alessandro (Castellammare), ma anche i Gionta e i Vangone (Torre Annunziata e Boscoreale); sempre a sinistra, i Nuvoletta, storici alleati di Marano, e per tutti Siani indica un concetto: mafia siciliana. Uno schema da brividi. Era l'anticamera del pezzo del 10 giugno 1985, che spingerà Riina ad avallare la condanna a morte di Siani, a proposito della cattura di Valentino Gionta nei pressi del feudo dei Nuvoletta, costretti a cedere al pressing di Bardellino. A destra, invece, ci sono Fabbrocino (Ottaviano), Alfieri (Boscoreale), Malvento (Napoli), Muollo (Castellammare) e, per l'appunto, Bardellino di Caserta. Una freccia a penna unisce Galasso di Poggiomarino ancora a Bardellino, mentre in modo assolutamente isolato, privo di altri collegamenti, Siani annota al centro del foglio la presenza dei Giuliano di Forcella. E non manca un riferimento al mondo dell'imprenditoria, dal momento che nell'appunto c'è spazio anche per Franco Ambrosio di Poggiomarino, l'ex re del grano estraneo a fatti di camorra, condannato in primo grado per il crac Italgrani, prima di essere massacrato da tre rapinatori romeni nella sua villa di Posillipo.
 
 

Una pagina di appunti per riordinare le idee, in un pomeriggio di lavoro come tanti, magari in redazione, nella distaccata di Castellammare o nella centrale di via Chiatamone: in attesa della telefonata del capo o a caccia della notizia del giorno, lavorando pancia a terra all'inchiesta su clan e politici e sognando con tutta l'anima quel benedetto tesserino amaranto, da Giornalista giornalista.
 
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