Le manifestazioni in piazza per il teatro e il settore spettacoli devastati dall'emergenza Covid, le ritiene una semplice esibizione, una corsa per apparire in un momento inopportuno, in cui bisognerebbe occuparsi della propria salute e di quelle delle persone care. Va controcorrente come gli capita spesso Gianfranco Gallo, attore e regista di lungo corso. «Sono semplicemente andato avanti mentre gli altri invece sono rimasti indietro - spiega - All'inizio ho protestato per la chiusura dei teatri, ma poi le cose sono cambiate e anche il nostro pensiero deve cambiare. Oggi protestare lo trovo stucchevole e un po' patetico: cosa aprirebbero a fare i teatri in questo momento? Chi può pensare che in giro c'è qualcuno che andrebbe a teatro con il bollettino dei positivi e dei morti che aumenta di minuto per minuto? Ho amici che sono morti, altri che stanno in ospedale. E poi bisognerebbe chiedere il ristoro per chi? Per quanti? Con quali criteri? La verità è che nessuno ci prende in considerazione».
Perché mai dovrebbe essere così, Gallo?
«Perché non siamo nulla.
In un suo sfogo sui social va oltre il mondo dello spettacolo.
«Perché questo non riguarda solo gli uomini di teatro. L'altro giorno ho visto la protesta dei fotografi, che pure sono importanti, per carità. Ma tra poco vedremo la protesta dei venditori di candeline per i compleanni. Accade perché in Italia non esiste il popolo, noi non dovremmo andare in piazza per difendere gli attori, i baristi o i ristoratori. Noi dovremmo diventare popolo e protestare per i diritti dei cittadini. Quando c'è una pandemia, le corporazioni, le categorie, non esistono. Evitiamo pagliacciate . Tornando agli attori, con il Covid sono improvvisamente uscite 5-6 sigle di organizzazioni a tutela. Chi ha fatto quella regionale, chi quella nazionale. Ma non bisognava crearle già prima?. Per il ristoro ai teatri, è facile parlare quando hai le spalle coperte dai soldi pubblici. I problemi sono dei teatri privati che non hanno avuto e non avranno un euro. All'inizio della pandemia il presidente De Luca disse che aspettava consigli per gestire la crisi. Io gli proposi di alleviare i teatri privati dall'affitto della struttura per il periodo della pandemia, una cifra irrisoria rispetto a quella che lui ha poi gestito male. Ma poi mi chiedo il criterio usato: un teatro da 1600 posti come l'Augusteo può ospitare al massimo 200 persone. E lo stesso numero di persone può essere ospitato da un teatro di 500 posti. Non c'è logica».
E il cinema, Gianfranco? Lei aveva dei film in uscita.
«Ritorno al crimine doveva uscire il 29 ottobre ed è stato rimandato, poi School of mafia di Alessandro Pondi in cartellone a gennaio ma è in dubbio. E poi una serie per Netflix che sto girando a Roma, Luna park, sulla storia del parco dei divertimenti dell'Eur. Ora riparto per Roma ma da un momento all'altro mi aspetto il lockdown e quindi la lavorazione potrebbe fermarsi. Le produzioni che dovrebbero partire che faranno? E torniamo a bomba. Vedo colleghi più sfortunati di me, e che guadagnano meno, soffrire dignitosamente. Mentre ne vedo altri messi bene che si sbattono, che fanno casino per un po' di visibilità. Spero che dalle macerie del Covid ne escano solo quelli che hanno sempre stentato».