Giuseppe Tesauro morto a 78 anni: addio al grande giurista della scuola napoletana

Giuseppe Tesauro morto a 78 anni: addio al grande giurista della scuola napoletana
di Gigi Di Fiore
Mercoledì 7 Luglio 2021, 11:35 - Ultimo agg. 8 Luglio, 07:36
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Dei figli d’arte possedeva il rigore e le motivazioni emulative, che lo spinsero a eguagliare e cercare di superare il padre. Giuseppe Tesauro, rimasto sempre Bepi per gli amici, morto a 78 anni, ha fatto parte della folta pattuglia di presidenti napoletani della Corte costituzionale, che iniziò sin dalle origini della Consulta con Enrico De Nicola. Per soli quattro mesi, nel 2014 Tesauro guidò la Corte costituzionale di cui era stato nominato giudice nel 2005. Negli studi e nell'attività, aveva seguito le orme del padre Alfonso, irpino d’origine, professore universitario dal 1928 e maestro di diritto costituzionale per intere generazioni. E, nelle letture storiche, sembra quasi una premonizione che Tesauro padre, deputato della Dc per quattro legislature e poi anche senatore per altre due, fosse stato relatore nel 1953 della legge sul funzionamento della Corte costituzionale di cui poi 61 anni dopo suo figlio sarebbe diventato presidente. 

Al ricordo del padre fu sempre legato, ma Giuseppe Tesauro non si fece mai schiacciare dal cognome ingombrante. Lo ricordò nel 2007 a Valle dell’Angelo paese che gli diede la cittadinanza onoraria a cui il padre Alfonso era assai legato. 

Predestinato per tradizione di famiglia, Giuseppe Tesauro si laureò in giurisprudenza a Napoli. Allora non c’era ancora la moltiplicazione delle accademie napoletane, esisteva solo la Federico II. Scelse come sua disciplina d’insegnamento il diritto internazionale, comunque un ramo del diritto pubblico, preferendo evitare imbarazzanti paragoni con il padre che era stato maestro di dottrina nel diritto costituzionale.

I riconoscimenti scientifici e accademici arrivarono in successione negli anni: la laurea honoris causa in giurisprudenza all’Università parigina Paris II Panthéon-Assas, gli incarichi alle Università di Catania e Messina.

Poi, nel 1972 la direzione dell’istituto di diritto internazionale alla Università la Sapienza di Roma.

Come è frequente tra i docenti, Giuseppe Tesauro divise la sua attività universitaria con la professione di avvocato. E iniziò in uno degli studi più prestigiosi d’Italia, quello fondato dal professore Francesco Carnelutti, studioso riconosciuto e maestro per tanti. Tanti gli incarichi legati anche alla sua attività forense: avvocato generale alla Corte di giustizia della Comunità europea, componente del Consiglio del contenzioso diplomatico della Farnesina.

L’incarico di presidente dell’Autorità di controllo sulla concorrenza, su nomina di Luciano Violante presidente della Camera e Nicola Mancino presidente del Senato, gli arrivò nel 1987. E non lo affrontò in maniera burocratica, anzi. Si impegnò a bacchettare i potenti cartelli delle maggiori imprese assicurative e del tabacco, che censurò per i loro comportamenti monopolistici sul mercato. Poi, la Corte costituzionale e, negli ultimi anni, la presidenza alla Banca Carige fino al 2018. Ancora una volta dimostrò la sua autonomia di pensiero, dimettendosi dall’incarico in polemica con le spese, che riteneva eccessive, che la banca pagava per consulenze esterne. Sobrio, mai fuori dalle righe, evitò l’impegno politico per sottrarsi a ulteriori sovrapposizioni con il nome del padre, ma certamente si spese per appoggiare lo zio Giuseppe, famoso docente di ginecologia che fu rettore della Federico II per ben sedici anni fino al 1975. Una famiglia che a Napoli, e nel mondo accademico, ha lasciato il segno. E tutti gli amici di "Bepi" ricordano le sue passeggiate nel buen retiro estivo di Scario giù nel Basso Cilento, o la passione sfrenata per il Napoli, con un legame particolare agli anni della squadra guidata da Vinicio. Impegno e studi, mai disgiunti da simpatia e cordiale umanità.

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