I falsi salgariani nascono a Napoli

I falsi salgariani nascono a Napoli
di Massimo Novelli
Sabato 16 Marzo 2019, 08:24 - Ultimo agg. 10:25
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È ormai un classico, una cattedrale del romanzo d’avventura. Resiste al tempo, alle mode, al mondo globalizzato, sebbene sia passato più di un secolo dalla morte di Emilio Salgari (Verona, 1862 - Torino, 1911). Oggi i lettori dei suoi libri non sono più moltissimi, ma in compenso può contare, oltre che sulle ristampe dei romanzi, su una pattuglia nutrita di studiosi e di appassionati che ne alimentano la leggenda. Come accade solo per lo Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle, su Salgari, sui suoi personaggi e sui suoi intrecci, da Sandokan al Corsaro Nero, continua a fecondare un genere letterario singolare: quello degli epigoni e degli emuli, che a lui si ispirano, ne traggono linfa narrativa, lo ripropongono e magari lo stravolgono, ma sempre da innamorati. Si aggiunge, anche se su basi diverse e con storie nuove, al capitolo adesso finito delle false opere salgariane, spacciate come sue da vari narratori, che fu in voga tra gli anni Venti e gli anni Cinquanta.

 

L’ultimo della serie contemporanea, peraltro, è fresco di stampa. Si tratta del romanzo Tsunami lento del leccese Alessandro Romano, in cui lo scrittore Luigi Motta, uno dei più noti imitatori del passato del veronese, confessa di avere sottratto alcune lettere lasciate da Salgari al momento del suicidio. A dare tra i primi la stura al genere degli epigoni, però, fu un napoletano, completamente dimenticato. Si chiamava Spartaco Matrisciano, era nato a Napoli nel 1915, e nel 1944 si trasferì a Roma. Si firmava Spama. Diede alla stampe, tra l’altro, Sandokan nell’isola senza nome: avventure indo-malesi di terra e di mare e Sandokan contro i pirati del golfo persico: avventure africane di terra e di mare. Lo stesso Spama aveva fondato nel 1950 il Moes, vale a dire il Movimento Onoranze Emilio Salgari. Napoli, d’altro canto, ha rappresentato molto nella tradizione salgariana, avendo dato i natali a Gennaro D’Amato e ad Alberto della Valle, due dei più valenti illustratori dei libri del Nostro.

C’è chi sceglie capitan Emilio come personaggio, chi prosegue e rinnova le avventure dei suoi eroi. Felice Pozzo, uno dei massimi studiosi dello scrittore di Verona, rammenta che, solo per questi ultimi anni, sono stati proposti vari titoli. Si va dal libro di Marco e Patrizio Pavone, Sandokan da principe a pirata, del 2005, a quelli di Gianni Padoan, che ha «riscritto in versione fantascientifica i più famosi romanzi di Sandokan con titoli leggermente variati, come Le Tigri di Moonpracer». Da annoverarsi nel genere sono i romanzi di Gaetano Cristaldi: tra questi c’è Viva Sandokan – La Tigre della Malesia nei mari del 2000. Seguono Filippo Sottile, autore di Lo spleen di Mompracem, ovvero Yanez non ci sta, e Stefano di Marino. Quest’ultimo, autore famoso di spy-story, con lo pseudonimo di Frederick Kaman ha sfornato, come dice sempre Pozzo, Il sogno della Tigre, ossia una «liberissima versione di spionaggio moderna delle Tigri di Mompracem, ambientata negli anni Novanta». In omaggio al ciclo del Corsaro Nero, Elena Paroli ha pubblicato di recente il molto lodato La collana di Honorata, mentre Fabrizio Frosali e il già citato Patrizio Pavone hanno scritto Sandokan nel continente scomparso. Nel 2014, inoltre, il torinese Fabio Negro ha inventato per gli appassionati l’anello di congiunzione, cioè il capitolo mancante e presuntamente scomparso, fra Le Tigri di Mompracem e I pirati della Malesia, componendo La Perla di Labuan. Una storia che, con ogni probabilità, il vero creatore di Sandokan non scrisse mai.
Intorno a Salgari e ai suoi personaggi si sono mossi pure Paco Ignacio Taibo II e altri narratori con l’antologia Mompracem; con Salgari protagonista o tra gli attori della storia, invece, ecco i libri di Corrado Farina, di Ernesto Ferrero (vento - L’ultimo viaggio del capitano Salgari), Luca Masali e Marco Chinaglia.
Commenta Pozzo: «Con lo scadere del copyright e dunque con la libertà di utilizzare i personaggi salgariani, alle soglie degli anni Settanta del secolo scorso, ci si è sbizzarriti». Come mai, visto che ora pochi, salvo gli appassionati, sanno qualcosa di Salgari? Conclude lo studioso: «Forse perché è stato il creatore in Italia del genere avventuroso. Ha dato il via un impressionante mercato nuovo di zecca; è diventato un fenomeno di costume e poi un troppo postumo oggetto di studi, persino accademici. Si fa ricorso a lui, ai suoi personaggi più noti, quasi a connotare una tradizione, e, a volte, quel particolare genere avventuroso, che senza di lui, in Italia, non esisterebbe».
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