«Ora nella casa napoletana di Leopardi vivo io: non entra nessuno»

«Ora nella casa napoletana di Leopardi vivo io: non entra nessuno»
di Giuliana Covella
Venerdì 28 Giugno 2019, 07:30
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«Chi siete? Cosa volete? Qui non è mai entrato nessuno, perché è una proprietà privata». Sull'uscio dell'appartamento al terzo piano appare un uomo sulla settantina, con gli occhiali, vestito in abiti casual. Prima di far entrare chi ha bussato alla porta, tiene a precisare: «Non voglio essere scortese, ma sono anni che subisco tentativi di invasione e attacchi, solo perché voglio far valere un mio legittimo diritto». L'uomo si chiama Maurizio Caserta Di Marco ed è il proprietario di quella che - al civico 2 di vico Pero - fu la casa in cui visse Giacomo Leopardi negli ultimi anni della sua vita, ospite dell'amico Antonio Ranieri. In occasione delle celebrazioni per il bicentenario de L'Infinito, il proprietario della dimora in cui il poeta di Recanati trascorse quattro anni, fino alla morte avvenuta nel 1837, lancia una provocazione sulla mancata realizzazione di un museo: «Non spetta a me, se qualcuno vuole acquistarla si faccia avanti per farlo».

Allora, signor Maurizio ci spiega questa vicenda?
«Non c'è nulla da spiegare. Qui sono venuti in tanti, ma non è mai entrato nessuno perché questo è un appartamento privato, io vivo da solo e temo per la mia incolumità».
 
E perché ci ha fatti entrare?
«Perché dipende sempre da come si ci pone. Tutti hanno sempre tentato di entrare con la forza e con arroganza. L'ultima volta è successo nel periodo di Pasqua, quando un gruppo di visitatori venne a bussare alla porta dicendo: Ci faccia entrare, dobbiamo vedere la casa di Leopardi. Io mi rifiutai, perché è nel mio diritto, essendo il proprietario e loro mi minacciarono di tornare con l'Esercito».

Ci spiega com'è che si trova a vivere nella casa dove visse il grande poeta recanatese?
«Con la mia famiglia l'abbiamo ereditata di generazione in generazione. In realtà c'è un particolare che non tutti sanno: Antonio Ranieri era un inquilino e non il proprietario».

In quale delle cinque stanze soggiornò Leopardi?
«In una delle ultime, che dà direttamente su via Santa Teresa degli Scalzi e dal cui balcone il poeta si affacciava guardando la chiesa degli Agostiniani, dove spesso si dice si rifugiasse. Qui lui aveva un letto, una scrivania dove creava i suoi componimenti e altri elementi di arredo. Ma ora non sono esposti».

Lei sa di vivere in un bene che è patrimonio culturale mondiale dell'umanità?
«Certo che lo so e allora?».

Non pensa che dovrebbe forse essere reso fruibile al pubblico, pur essendo una proprietà privata?
«Guardi, lo penserei anche. Ma il problema è che se aprissi la mia casa ai turisti, alle scolaresche e agli studiosi me la distruggerebbero, perché per venire nella stanza dove visse Leopardi devono attraversare gli altri ambienti e lei se le immagina file di studenti che mi invadono casa?».

In altre città del mondo un simile tesoro potrebbe diventare un museo.
«Che ben venga il museo, ma ci dovrebbe essere qualcuno che acquisti l'immobile. Senza contare che bisognerebbe sentire il parere dell'intero condominio che pure è di privati».

Ieri si è tenuta una manifestazione che punta a un progetto più ampio che prevede installazioni sulla facciata del palazzo dove già esiste un'epigrafe.
«Non voglio sembrare polemico, ma la trovo un'americanata.

Credo che si debba pensare a un progetto di riqualificazione dell'intero edificio, che si mantenga elegante e fedele all'epoca in cui visse Leopardi. Sono favorevole a un museo, ma servono finanziatori».

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