Staccatosi dal movimento cattolico di Romolo Murri aveva aderito, da sinistra, al Partito Popolare di Don Sturzo che nel 1923, fondando «Il Popolo» gli aveva affidato la direzione non immaginando che Donati sarebbe stato così temerario da lanciare gravi accuse, senza prove certe contro i triunviri fascisti De Bono e Balbo.
Fu allora che cominciò a crescere il record dei sequestri subiti dall'organo del Partito Popolare (due anni dopo ne avrebbe collezionato sessantaquattro). Il 30 aprile 1925, Donati, ricevuto il testo del manifesto crociano con le firme di Albertini, Alvaro, Amendola, Ansaldo, Benelli, Bracco, Calamandrei, Cassola, Cecchi, Chiovenda, Croce, De Lollis, Del Secolo, De Ruggiero, Einaudi, Fortunato, Ruffini, Matilde Serao, Tilgher e altri, non esitò a stamparlo nel numero dell'indomani (festa dei lavoratori) in apertura della terza pagina col titolo (su tre delle sei larghe colonne del giornale) «La replica degli intellettuali non fascisti / al manifesto di Giovanni Gentile». Minacciato di morte, Donati dovette fuggire in Francia dove fondò, tra gli esuli antifascisti, il «Corriere degli italiani». Morì a Parigi, dopo una parentesi maltese, a 41 anni in povertà.