Liguori, giù il sipario: all'asta la storica casa editrice di Napoli

Liguori, giù il sipario: all'asta la storica casa editrice di Napoli
di Ugo Cundari
Mercoledì 10 Luglio 2019, 12:00
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Dopo quattro anni di liquidazione con il concordato preventivo la casa editrice Liguori, attiva dal 1949, va all'asta. Il valore del marchio e della sede parcellizzata in diversi ambienti è stato appena stimato dal liquidatore giudiziale, le offerte si possono presentare entro il 27 settembre. La base d'asta per acquistare la casa editrice, con il marchio e i contratti a tempo indeterminato con i quattro dipendenti, parte da trecentomila euro.
 
La casa editrice è considerata un ramo d'azienda, quindi scorporata dal resto delle proprietà della Liguori. Nella valutazione incidono gli oltre cinquemila titoli a catalogo con poco meno di due milioni di libri in giacenza, senza considerare le ristampe su commessa e il valore dello storico marchio, attivo da settant'anni.

«Forse se c'è un errore da rimproverarci è stato quello di vedere troppo avanti» dice Franco Liguori, patron dell'azienda con la sorella Maria. «Abbiamo sempre investito in nuove tecnologie, siamo stati tra i pionieri, nel 1995, a credere nell'e-book e nel digitale, eppure forse da pionieri ci siamo trasformati in cavie perché il mercato napoletano, ma più in generale quello italiano, non si è dimostrato pronto». Acquistando libri dal sito della Liguori, tuttora attivo, il lettore può avvalersi di un sistema innovativo, anche in questo caso adottato da Liguori per primo tra gli editori, come quello del servizio di Pay per chapter ossia della possibilità di acquistare singoli capitoli degli e-book in formato pdf. 

I locali di via Posillipo usati come sede della casa editrice, duecentocinquanta metri quadri, sono messi in vendita per 425mila euro, prezzo proibitivo per un editore ma allettante per chi voglia aprire un supermercato o un ristorante, vista anche la zona in cui si trova. Il deposito di poco meno di seicento metri quadri di via Argine, battezzato Città del libro, parte da una stima minima di 700mila euro. Gli ultimi fatturati dalla Liguori sono stati altalenanti, se confrontati con quelli di alcuni anni fa il calo è evidente. Nel 2011 il fatturato è stato di oltre un milione e mezzo di euro, due anni fa di poco più della metà. L'anno scorso i titoli pubblicati sono stati una trentina, quest'anno, ad oggi, una ventina. Tra gli ultimi, alcuni numeri di riviste specialistiche, il terzo volume del teatro di Vincenzo Scarpetta, la biografia di Renato Carpentieri, un volume collettaneo in cui si confrontano sui temi dell'arte e del restauro Achille Bonito Oliva, Giovanni Carbonara e Gianmarco de Felice. Le ultime presentazioni organizzate dalla casa editrice e dagli autori risalgono a febbraio, poi qualcosa si è fermato, le macchine della Liguori che già camminavano con il freno a mano tirato si sono interrotte del tutto nelle loro articolazioni più importanti. Al di là di quello che succederà, i Liguori concordano su un punto: evitare la scomparsa di un patrimonio di titoli che va da L'analisi matematica di Renato Caccioppoli ai più recenti lavori di Pasquale Iaccio sul cinema e la storia, e annovera una serie di collane dirette da studiosi come Alberto Abruzzese, Arnaldo Bagnasco, Roberto Esposito, Fulvio Tessitore. Le discipline affrontate spaziano dalla filologia alla chimica, dal diritto all'ingegneria, dall'astronomia alle arti visive. Tra i best seller più recenti quello sugli esercizi di matematica di Carlo Sbordone e Paolo Marcellini, L'italiano da scrivere di Paolo Giovanardi. Franco Liguori, che a Napoli aveva portato anche Galassia Gutenberg, attiva fino a una decina di anni fa, nel suo stile sobrio promette di non darsi per vinto: «all'asta del mio marchio parteciperò anch'io, nessuna legge me lo vieta».
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