Napoli, un anno senza Luciano De Crescenzo: «Di fronte al lockdown avrebbe citato una frase di Pascal»

Napoli, un anno senza Luciano De Crescenzo: «Di fronte al lockdown avrebbe citato una frase di Pascal»
di Titta Fiore
Sabato 18 Luglio 2020, 08:02
5 Minuti di Lettura

Paola De Crescenzo ha voluto intitolare Accadde domani, in omaggio al celebre film di René Clair, il libro che, a un anno dalla scomparsa di suo padre Luciano, raccoglie gli articoli pubblicati dall'ingegnere-scrittore-regista più amato d'Italia su diversi giornali, compreso il nostro, tra gli anni Settanta del Novecento e i primi anni del Duemila (Mondadori, 204 pagine, 18 euro). Quel film visto tante volte assieme, ricorda, gli dava lo spunto per parlarle del Tempo e dei ragionamenti filosofici dell'amato Socrate: «Se c'è una cosa che mi ha insegnato, è che dovremmo essere padroni del presente e non schiavi del futuro». Oggi quegli articoli «quasi profetici» sul nucleare, l'inquinamento, la corruzione, l'omosessualità, le carceri, l'evoluzione della tecnologia e la questione meridionale, ancora così attuali, così freschi, le sembra raccontino meglio di tante parole i numerosi interessi di un intellettuale che ha saputo osservare il mondo con il pragmatismo dell'uomo di scienze e la creatività dell'umanista. E anche a Luciano, c'è da scommetterci, sarebbe piaciuto così.

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Qual è l'immagine di suo padre che le torna più spesso alla mente, Paola?
«Lo ricordo seduto alla sua scrivania, intento a lavorare al computer. Era così concentrato da non sentire lo squillo del telefono che gli era accanto. Ma secondo me pensava semplicemente: Tanto qualcuno risponderà».

Come passava le sue giornate?
«Sveglia all'alba, bar, caffè e lettura dei giornali. Poi rientrava in ufficio e alternava la scrittura del libro del momento a quella dei fatti appena letti che spesso si trasformavano in articoli come quelli raccolti in Accadde domani. Non era raro che durante la giornata arrivasse qualcuno a fargli visita: le persone più disparate e a volte anche disperate. Insomma, di tutto e di più. Ricordo in particolare una visita inaspettata: un giorno ha suonato alla nostra porta una giovane e bella violinista viennese di nome Dasa. Era venuta per conoscere mio padre e per suonargli il violino al tramonto. Così, abbiamo aspettato l'ora giusta, abbiamo spento le luci e ci siamo goduti la sua esibizione. Alla fine per ringraziarla, papà le ha regalato una copia di Croce e delizia, il suo romanzo ispirato alla storia de La Traviata, accompagnandolo con la seguente dedica: A Dasa che è bellissima... peccato che non è Traviata».

Nella prefazione del libro lei dice che suo padre le parlava di temi filosofici, come lo scorrere del Tempo. Com'erano queste conversazioni?
«Ne parlava non solo con me, ma anche con i suoi amici più cari, accostando spesso concetti filosofici al vivere quotidiano, riuscendo a dar vita a una conversazione leggera e profonda allo stesso tempo».

Per restare alle categorie che gli stavano a cuore, lei è una donna d'amore o di libertà?
«Cerco di trovare un equilibrio tra i due per raggiungere, come diceva mio padre, il sentiero di mezzo. Secondo me, lui in novant'anni ci è riuscito. Per quel che mi riguarda, sicuramente avrò bisogno di più tempo. Non so come farò, ma almeno ci provo».

Che cosa ci manca, oggi, delle sue riflessioni?
«Non so cosa ci manca, ma dall'affetto che ancora oggi ricevo dai suoi lettori, credo che la sua capacità di analisi e la sua gentilezza d'animo continuino a vivere in piccole parti nei tanti che lo hanno amato e che continuano ad amarlo».

E a lei che cosa manca?
«I suoi consigli Aveva sempre ragione lui! Il resto lo tengo per me».

Che cosa avrebbe detto De Crescenzo delle limitazioni della libertà imposte da questa pandemia?
«Probabilmente avrebbe detto che a volte, purtroppo, l'uomo ha bisogno delle catastrofi per capire il senso delle cose. Inoltre, era molto affezionato al pensiero numero 354 di Pascal, il quale pressappoco diceva che tutta l'infelicità del mondo dipende dal fatto che nessuno vuole stare a casa propria».

Qual è l'insegnamento più importante che le ha trasmesso?
«Forse, fra tanti, la sospensione del giudizio, in quanto giudicare troppo frettolosamente ci limita nella conoscenza approfondita delle cose».

Tra tutti gli articoli raccolti nel libro, quale preferisce?
«Libri, somari e carote, perché, come scrive mio padre: La mente ha bisogno di libri così come il corpo ha bisogno di proteine».

Le piace l'idea che a Napoli gli dedichino un murale, come a San Gennaro e a Maradona?
«Assolutamente sì! E ai Quartieri Spagnoli, poi Credo che sia la grande testimonianza dell'affetto reciproco tra lui e Napoli».

O avrebbe preferito una strada, come il suo prediletto Vicoletto Belledonne?
«Intanto, grazie al Comune e all'amico fraterno di papà, Renato Ricci, è in programma l'affissione di una targa il 28 luglio in Vicoletto Belledonne. Per quanto riguarda la strada dedicata a lui, mi fa già piacere anche solo l'idea che un giorno si farà».

Come vorrebbe che venisse ricordato Luciano De Crescenzo?
«Ora di preciso non saprei, so che è nel cuore di tante tante persone e questo già mi inorgoglisce. Comunque, se vogliamo dirla tutta, a questa domanda mio padre avrebbe risposto: Ma che domande difficili fai!».
 

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