«Io, preside più giovane d'Italia
imparo ogni giorno dai prof più anziani»

«Io, preside più giovane d'Italia imparo ogni giorno dai prof più anziani»
di Maria Pirro
Domenica 16 Febbraio 2020, 12:00 - Ultimo agg. 15:51
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Il primato è detenuto da Maria Luisa D'Onofrio, 31enne irpina. È lei, la preside più giovane di Italia: domani partecipa con il ministro dell'Università e della Ricerca Gaetano Manfredi all'inaugurazione dell'anno accademico del Suor Orsola. Una cerimonia che festeggia anche il boom di iscritti, oltre 10mila nel 2019, e apre l'Open week in vista dei test d'ingresso fissati a marzo.

Ha già preparato un discorso in qualità di «laureata eccellente» dell'Ateneo?
«Ho avuto tanto da lavorare a scuola, lo completerò nelle prossime ore».

Qual è il concetto centrale?
«Credo sia fondamentale aiutare i ragazzi a superare quel senso di disorientamento che si avverte subito dopo il diploma: decidere quale Università frequentare e quali corsi seguire non è semplice. Ma si tratta di un passaggio fondamentale per proseguire il proprio percorso di studi e poi per intraprendere la carriera professionale: l'ufficio di tutorato in Ateneo rappresenta un valido aiuto».

Lei si è laureata nel 2012.
«In Scienze della Formazione al Suor Orsola Benincasa».

Subito dopo ha iniziato a insegnare.
«Come docente di sostegno in varie scuole, da Venticano a Milano, per sette anni. Anche lontano, quindi, da casa».

Un problema irrisolto tra i banchi consiste proprio nell'integrazione degli alunni disabili.
«Negli ultimi anni, ci sono stati diversi interventi normativi per affrontare la questione della formazione e del personale in organico. Ma, al di là delle leggi e delle carenze che restano da colmare, è importante strutturare in ogni istituto percorsi dedicati».

Lei che cosa propone?
«Di valorizzare quanto più possibile le capacità di ciascun ragazzo disabile».

Come?
«Diversi studenti, ad esempio, hanno forti competenze artistiche: nel mio istituto verrà realizzata una mostra con le opere realizzate da loro».

Da ex supplente, conosce dall'interno il problema del precariato nella scuola.
«Resta un fenomeno da arginare, sia per garantire i diritti dei lavoratori sia per consentire di avere il corpo docente al completo fin dall'inizio dell'anno scolastico».

In quanto vincitrice di concorso, dal primo settembre 2019 è preside dell'istituto comprensivo Sassuolo 2° Nord. Com'è dirigere insegnanti che hanno anche il doppio dei suoi anni?
«I dubbi non mi mancano su come agire per evitare conflitti a causa della differenza di età: credo che si possano evitare valorizzando l'esperienza e le motivazioni dei docenti, favorendo processi decisionali condivisi. Aprendomi al dialogo, imparo dagli anziani grazie a un confronto costruttivo».

E i ragazzi?
«Con loro la questione principale è governare i tanti, troppi stimoli che arrivano soprattutto dalle nuove tecnologie e dai dispositivi digitali».

Ha vietato i telefoni in classe?
«Sì, c'è un regolamento interno che lo prevede: lavoriamo moltissimo su questo tema e nei giorni scorsi abbiamo promosso diverse iniziative collegate alla giornata mondiale per la sicurezza in rete».

Ha una sua maestra del cuore?
«Non una sola: ho incontrato tanti docenti che hanno lasciato un segno positivo».

Ha sempre sognato di fare questo lavoro?
«Sin da bimba».

Ricorda il suo primo giorno in cattedra?
«Che emozione, a Napoli».

Chi le ha trasmesso la passione per l'insegnamento?
«La mia mamma, insegnante nella scuola dell'infanzia: da lei ho appreso la dedizione per questa professione».

Progetti per il futuro?
«Crescere ancora a livello professionale e affrontare le nuove sfide educative».

In concreto, come?
«Sto lavorando ad alcuni progetti nel campo della robotica e per potenziare l'insegnamento dell'inglese».

Al ministro Manfredi cosa suggerisce?
«Di potenziare, appunto, l'orientamento universitario. In Emilia, dove lavoro, le aziende lamentano la mancanza di figure specializzate, spesso gli studenti ignorano queste opportunità di studio e carriera». 
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