Miracoli e specialità dei santi napoletani nei ritratti di Russomanno

Miracoli e specialità dei santi napoletani nei ritratti di Russomanno
di Ugo Cundari
Venerdì 4 Gennaio 2019, 10:00
3 Minuti di Lettura
Povero San Gennaro, il suo miracolo è famoso in tutto il mondo ma nella classifica dei santi napoletani più prodigiosi e titolati non è il primo. Come patrono della città è secondo, dietro a santa Maria Assunta. In fatto di scioglimento del sangue, stesso miracolo è attribuito a santa Patrizia, dal cui corpo a volte è anche trasudata la manna, nel monastero di San Gregorio Armeno. Le donne che non riescono ad avere gravidanze, invece, credono solo a santa Maria Francesca delle cinque piaghe, ai Quartieri spagnoli, e alla sua sedia miracolosa.

In totale, i santi compatroni di Napoli sono 52, tutti raccontati in Santi napoletani di Eugenio Russomanno (Elledici, pagine 162, euro 12). Ne viene fuori il ritratto di una città per niente abitata da diavoli, ma da figure miracolose e penitenti, un popolo di pii, artefici di numerosi casi di profezie, predizioni, esorcismi, guarigioni improvvise, apparizioni di oggetti o frutti o pesci, risurrezioni, moltiplicazioni di cibi. Senza contare le lievitazioni e le lotte spettacolari con i demoni.
 
Nel Cinquecento il patrono eletto a furor di popolo è il cappuccino Geremia da Valacchia, al quale sono riconosciuti almeno quaranta miracoli. Quando muore, tutta la città accorre al suo capezzale per strappargli un lembo della tonaca. I confratelli dovranno cambiarla sei volte e seppellirlo in segreto scortati dai soldati spagnoli. Nel Seicento Francesco Caracciolo, invece, guariva i malati con solo lo sguardo; più vicino ai giorni nostri il medico santo Moscati «diagnosticava per induzione, a colpo, dopo poche battute, con pochi segni, con un intuito, un acume, una sicurezza che avevano della divinazione, quale solo lui poteva permettersi. Era nello stato di grazia: il santo che compiva ogni volta il miracolo».

Nel Settecento a Chiaia era diventato famoso il francescano Egidio Maria di San Giuseppe, che si diceva camminasse sollevato da terra per la sua purezza. Un giorno la sua vitellina sparì, lui dopo una visione l'andò a recuperare nel deposito di un macellaio alla Pignasecca. La trovò squartata e scuoiata, mise insieme le varie parti del corpo e urlò: «Alzati, al convento!». Dopo un grande muggito, la vitella saltò su viva e vegeta come prima. Nello stesso periodo Giovanni Giuseppe della Croce si faceva vedere contemporaneamente in un basso dei Tribunali e in una catapecchia di pescatori a Ischia. Celebre la risurrezione a lui dovuta del defunto marchesino Gennaro Spada. Nel 1804 e nel 1805 Francesco Saverio Maria Bianchi fermò con l'imposizione delle mani la lava del Vesuvio, ma riuscì anche pre-vedere, prima che accadesse, la disfatta delle truppe napoleoniche in Russia e il ritorno di Pio VII a Roma.

Cosa accomuna tutti questi santi e beati? «Sempre vicini al popolo, che li ribattezzava, erano al servizio dei più poveri e bisognosi. Pochi sermoni e tanta strada», dice Russomanno. Ed è così che Sant'Agnello si batté contro i saraceni, Giovanni Marinoni fondò il Banco di Napoli, Nunzio Sulprizio fu soprannominato 'o ciuncariello santo, Modestino di Gesù 'o gesucristiello.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA