Naples à Paris, intervista a Sylvain Bellenger: «Capodimonte al Louvre è l'alleanza dell'arte»

«Ho promesso a Macon una visita segreta, piena di sorprese, dall'ipogeo dei Cristallini alla Napoli sotterranea e barocca»

Sylvain Bellenger a Parigi
Sylvain Bellenger a Parigi
Maria Pirrodi Maria Pirro
Giovedì 8 Giugno 2023, 07:00 - Ultimo agg. 18:03
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Sylvain Bellenger ha portato «Napoli a Parigi», un'avventura cominciata al museo di Capodimonte e culminata con l'inaugurazione della mostra al Louvre. Il momento più emozionante?
«L'arrivo dei due capi di Stato, perché si è vista l'empatia, e il rispetto reciproco, e quanto è importante l'alleanza artistica e culturale tra Francia e Italia: durante l'incontro si respirava un'aria europea».

Cosa le ha detto Mattarella?
«Mi ha ricordato quante volte è stato a Capodimonte, lodando il museo, e mi ha ringraziato per le spiegazioni delle opere qui. E a sua figlia ho suggerito di non perdere la mostra sul Rinascimento spagnolo a Napoli, altro segno degli scambi nella storia».

E Macron?
«Mi ha detto che due notti fa aveva dormito in Normandia e ha voluto vedere il dipinto del Masaccio che sapeva essere all'origine della mia vocazione per la storia dell'arte invece di continuare a studiare filosofia: è stato molto gentile, dicendo che questa mostra è ancora più importante di quanto aveva immaginato».

Li ha invitati entrambi a Capodimonte?
«A Macron ho promesso una visita segreta, piena di sorprese, dall'ipogeo dei Cristallini alla Napoli sotterranea e barocca, che francesi non hanno mai capito bene.

La prossima volta, a Parigi, andrò a trovarlo».

Sua l'intuizione di far dialogare i due musei con un'operazione unica. Come le è venuta in mente?
«La mia storia è internazionale e non è la prima mostra che organizzo al Louvre: è stato un riflesso naturale, questo evento, quando ho capito che, per accelerare i lavori, la Reggia sarebbe stata inaccessibile per due anni, esclusa la sala Causa che ospiterà la collezione anche con l'apertura del cantiere tra fine giugno e inizio luglio. Ho pensato così a come dare una visibilità mai avuta al museo di Capodimonte, di nicchia per diversi motivi, dai trasporti alla promozione, ma all'altezza di Parigi: difatti, questa mostra resterà nella storia».

Con quale criterio ha scelto i capolavori?
«Con Patrizia Piscitello, Carmine Romano, Alessandra Russo, la mia squadra eccezionale, e Sébastien Allard e Charlotte Chastel, per il Louvre, avvicinando i dipinti, ogni tanto in dialogo perfetto, o perché alcune opere sono assenti nel museo francese per ragioni complesse, come occasione per riflettere soprattutto sul barocco napoletano».

Solleva una nuova questione meridionale?
«Il Sud è sempre stato un po' ignorato: anche la mostra su Gemito, che ho organizzato io fuori Napoli, è stata la prima del genere nella storia. Come quella di Luca Giordano, esclusi i disegni esposti prima in Spagna. Ritengo sia importante rivelare al mondo l'arte meridionale, e di Napoli».

Altre idee?
«Marzo 2024, alle Scuderie del Quirinale, la prima grande mostra sull'800 napoletano».

Intanto, c'è qualcosa che avrebbe voluto portare al Louvre e ha lasciato a Napoli?
«La parabola dei ciechi Pieter Bruegel, in condizioni talmente perfette che io stesso non ho dato l'autorizzazione a spostarla. Non viaggerà mai».

Qual è invece l'abbinamento tra i dipinti, di Capodimonte e Louvre, che funziona di più?
«Caravaggio al fianco del Bronzino ha rivelato una dimensione manierista: nessuno studioso dell'artista avrebbe pensato questo avvicinamento. E il Rosso Fiorentino del Louvre con Sebastiano del Piombo è un trionfo di tessuti e viola. Una gioia visiva come la Danae di fronte al nudo femminile del Correggio, tra i capolavori Parmigianino e i due di ritratti di Tiziano: mai nella storia si potrà più ripetere tanta forza e bellezza»

Masaccio, il pittore che ha segnato la sua biografia, invece non c'è nella collezione parigina. Perché?
«Non è così incredibile, le sue opere sono molto rare».

Il pubblico francese ha gusti diversi, e Caravaggio non è così una star...
«È amato, ma forse qui non c'è un'ossessione. Anche io, se dovessi scegliere un'opera sola a Capodimonte, non lo indicherei necessariamente».

Chi, allora?
«Potrei cambiare idea spesso».

Spostare le «Sette Opere» dal Monte della Pietà, nel 2019, si è rivelata una impresa impossibile. Più facile trasferire oltre 60 capolavori di tutti i tempi al Louvre. Questione di mentalità?
«Dovuta a un piccolo gruppo contro il museo, vicenda comunque superata».

Opere del Louvre sono a questo punto attese a Capodimonte: da Parigi restituiranno il favore?
«Nel 2026, completati i lavori, perché no. Ma lo scambio è più sottile: questa mostra dà a Capodimonte una visibilità enorme, che nessuno avrebbe potuto ottenere».

Qualcosa resterà della grande esposizione: al Louvre verrà spostato lo spagnolo Jusepe de Ribera nella pittura italiana, e a Capodimonte?
«Anche altri punti di vista saranno ripensati al Louvre, grazie all'incontro di due musei, e non di soli artisti o momenti storici, per la prima volta. A Capodimonte c'è un progetto di riallestimento, dalla collezione Farnese alle 10 cabinet di porcellana, per riunire pinacoteca, arti applicate e cose rare e restituire al museo anche l'identità di Palazzo Reale. Con tutte le opere restaurate e le cornici d'epoca acquistate dai mecenati per il Louvre».

Per fare tutto questo, deve restare a Capodimonte oltre la scadenza di novembre: si è aperto qualche spiraglio con il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, all'inaugurazione?
«Ne ho parlato, ma voglio dire solo che sono a disposizione per chiudere i lavori, evitando interruzioni, per senso di responsabilità e per allargare lo spazio al contemporaneo con le donazioni di Lia Rumma e Mimmo Jodice».

Un progetto di enorme valore.
«Se lo Stato lo vorrà, darò a Napoli la priorità. Intanto, altri mi fanno proposte. Ma Capodimonte è stata forse l'esperienza più difficile e più bella nella mia vita professionale».

Con il suo «periodo partenopeo» non ha perso la verve: nel catalogo della mostra, parla del Grand tour moderno che non passa per Capodimonte.
«Il catalogo verrà stampato in italiano grazie alla Regione. E al ministro ho proposto di creare un museo del Grand Tour a Palazzo Fuga, anche con opere di Capodimonte». 

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