Napoli: «No al seno scoperto», censura e polemiche sulla performance dell'Accademia di Belle Arti

Napoli: «No al seno scoperto», censura e polemiche sulla performance dell'Accademia di Belle Arti
di Giovanni Chianelli
Sabato 29 Ottobre 2022, 23:52 - Ultimo agg. 31 Ottobre, 07:40
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L’Accademia di belle arti di Napoli di nuovo al centro delle polemiche e di nuovo sulle donne: stavolta è l’uso del corpo a creare tensione. Dopo oltre due anni dallo scandalo che riguardò le molestie di un docente ai danni di diverse studentesse, e a pochi giorni dal dibattito sulle influencer che agli Uffizi hanno posato seminude davanti alla Venere di Botticelli, ieri una performance d’arte organizzata dall’Accademia tra le rovine di Cuma, diretta dall’artista giapponese Yoshiko Shimada, è stata censurata dalla direzione del parco archeologico. Motivo, un seno nudo di un’allieva dell’istituto che si intravedeva durante l’intervento scenico.


Maria Giovanna Abbate, 30 anni, di Cancello Arnone, iscritta al biennio della scuola di scultura, durante la prova generale della performance di venerdì è stata avvicinata da una funzionaria del parco, Maria Laura Iadanza, che le ha indicato il seno, esposto ma in gran parte coperto dall’abito di scena, un’ampia tunica rosa da cui pendevano numerose frange. «Bisogna coprire quel punto, vietate le nudità in un parco archeologico» avrebbe intimato la funzionaria. La reazione della Abbate non si è fatta attendere: «Un’assurdità: a parte che non era nudità ma ero quasi totalmente coperta, è grave che avvenga censura nell’arte, puntualmente sul corpo delle donne. Una scena umiliante». Le prove sono state sospese per due ore nell’indignazione generale, specie quella delle compagne della studentessa che partecipavano alla scena e della stessa Shimada. L’artista nipponica lo ha pure ribadito in conferenza stampa, ieri mattina al Museo archeologico di Napoli, prima dell’iniziativa, dal titolo “Magma vivo”: tre workshop tenuti da creative provenienti dal Giappone (le altre due sono Noriko Ambe e Noe Aoki) insieme a decine di studenti dell’Accademia, che poi si sono trasformati in momenti artistici distinti. «Una nostra artista è stata pesantemente offesa» ha detto.

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Il lato beffardo della questione è che la performance aveva lo scopo di denunciare ciò che viene fatto proprio al corpo delle donne, specie in questo momento storico: e diverse scritte sulle tuniche rosa, in italiano e in giapponese, erano dediche sul tema, tanto più che la Shimada è un’attivista femminista. Al Mann era presente il direttore del parco archeologico dei Campi flegrei Fabio Pagano che ha voluto confrontarsi con la Abbate. «Noi non intendiamo censurare nessuno, il nostro parco è rispettoso delle donne, aperto all’arte» ha detto.

La Abbate ha accusato lui e il suo ufficio di non aver fatto niente per impedire la censura: «La funzionaria ha fatto il suo dovere, esiste un protocollo. Serviva essere informati sui contenuti dell’azione scenica per prendere provvedimenti» la risposta di Pagano. È intervenuta la Shimada: «Abbiamo avvisato su ciò che avremmo messo in scena».

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E allora chi è che non ha controllato queste informazioni? Qualcuno ha accusato la Abbate di protagonismo, di aver immaginato già dall’inizio di voler boicottare l’operazione. Accusa rinviata al mittente: «Assurdo e offensivo, ho dato l’anima per questa attività e sono rimasta stregata dall’incontro con Shimada». Con il ritardo dovuto al lungo dibattito post conferenza, in un clima molto teso, c’è stato il trasferimento al parco di Cuma per assistere, finalmente, alla performance controversa. Le artiste sono partite dal punto più alto del complesso archeologico. Prima hanno inscenato danze, poi sono scese in corteo verso la grotta della Sibilla, capitanate dalla stessa Shimada che aveva sulla sua tunica la dicitura “censorship”, censura. Per protesta la Abbate ha tenuto tutto il tempo le braccia strette al petto, mentre altre sue compagne hanno tenuto polemicamente la scollatura dell’abito scoperta. La Shimada ha continuato a mostrare solidarietà verso la giovane: «Nessuno può permettersi di dire a una donna cosa può fare, specie sul suo corpo».
 

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