«Napoli città libro, fiera al gelo ma il posto è da favola»

«Napoli città libro, fiera al gelo ma il posto è da favola»
di Antonio Menna
Sabato 6 Aprile 2019, 08:00
5 Minuti di Lettura
Il colpo d'occhio è da capolavoro. La rocca medievale di tufo giallo che detta legge su Napoli ha potenza suggestiva. Con i libri, poi. La scalinata di ingresso di Castel Sant'Elmo, le arcate come abbracci, i giochi di luce, i corridoi che potrebbero plausibilmente non finire mai e quando finiscono, lo fanno su una terrazza da cui gli occhi prendono il volo. Se anche fosse solo per quest'aria di grandezza, per godersi questo ben di Dio, i cinque euro del biglietto d'ingresso per Napoli Città Libro sarebbero ben spesi. Ma c'è anche il resto. Editori da tutta Italia (168): grandi nomi, finalmente, come Mondadori, Garzanti, accanto a decine di piccole e piccolissime sigle per una selezione che contamina i generi e mette assieme nani e giganti. Poi eventi e personaggi, con la presenza ieri non prevista anche del Ministro Bonisoli; scolaresche, turisti che capitano per caso e non perdono l'opportunità, appassionati che si aggirano con gli occhi contenti, sfogliano volumi e comprano. C'è tutto quello che deve esserci in una fiera del libro, a Napoli, in questa seconda edizione dell'avventura promossa dall'associazione Liber@rte, con un netto miglioramento rispetto alla prima.
 
Ma c'è anche quello che non dovrebbe esserci. Cose che a Francoforte (vabbè), a Torino, a Milano, perfino a Roma (ed è tutto dire) non si vedrebbero. Qui bisogna fare attenzione, però. Se è vero che ogni sforzo, a Napoli, vale dieci, ogni critica qui diventa una coltellata a tuo fratello. Non sono mancati i problemi organizzativi, e ne parlano gli stessi espositori, a tratti letteralmente esasperati. «In queste condizioni noi non torniamo più dice, senza mezzi termini, Stefania De Nardis, di Textus, piccolo editore abruzzese -, stiamo gelando. Si muore dal freddo, l'umidità sta imbarcando i libri, che sono freschi di stampa. Abbiamo versato 600 euro per il nostro stand e non siamo in condizione di lavorare». Il freddo è la lamentela più diffusa, soprattutto su un'ala dell'ampia mappa espositiva. Una decina di stand sono stati abbandonati dagli assegnatari e nella mattina di ieri gli organizzatori hanno provato a trovare soluzioni alternative. «La gente non può tirare neppure la mano dalla tasca del giaccone si sfoga Federica Recano, di SecondHand nature, nello stand Diogene edizioni -. Vorrebbero sfogliare i libri ma dopo due minuti geli. La sera, poi, ancora peggio».

«Prenderò una bronchite alla fine della fiera dice sorridendo Eleonora, di Redstar press -, meno male che sulle terrazze c'è il sole». Altri problemi sono legati all'illuminazione: ieri mattina alcuni operai, a fiera iniziata, erano ancora al lavoro con bobine di cavi e attrezzi per portare fili da una parte all'altra, costringendo gruppi di ragazzi delle scuole a fare lo zig zag. «Noi abbiamo avuto la luce ieri pomeriggio dice ancora Federica Recano e comunque è scarsa, di sera non si vede nulla». E problemi di illuminazione vengono segnalati anche nelle zone degli eventi. «Speriamo di trovare qualche candela osserva Aldo Putignano, di Homo scrivens -. Sugli oblò hanno messo anche dei teloni, al massimo li togliamo. Non possiamo fare le presentazioni al buio».

Altra questione vero cruccio degli espositori è la mancanza di un sistema di connessione ad Internet con wi-fi, in contemporanea con la totale assenza, nei locali della fiera, del segnale cellulare per i maggiori gestori. «Sembra una cosa da niente dice una ragazza in uno stand ma per noi è importante. Gran parte della promozione per i piccoli editori avviene sui social. Non possiamo scattare una foto, condividerla, far sapere che siamo qui. Non funziona il Pos per i pagamenti».

«Io ho trovato nell'insieme un po' di confusione - dice con garbo Sante Avagliano, di Marlin edizioni -, le scolaresche mi sono sembrate poco interessate, e la mappa degli spazi non sembra aiuti molto i visitatori a orientarsi. Ma il posto è bellissimo, e poi siamo a Napoli». La bellezza e i problemi. Sembra un tratto di destino, e come sempre in questa città c'è chi è così illuminato dalla suggestione da non vedere i limiti, e chi vede così profondamente i problemi da non alzare gli occhi verso il bello. Andrebbero, in realtà, fatte entrambe le cose, e a provarci è il piccolo gruppo di Barometz, una casa editrice napoletana, con un catalogo molto curato composto per lo più di libri illustrati per bambini. «Il posto è bellissimo dice Luisa Passerotti -, l'ingresso è magico. Abbiamo avuto anche noi problemi con le luci ma ci siamo attrezzati con la fantasia. Per il freddo, offriamo tè caldo e brioscine, agli adulti anche una birra. Il wi-fi, invece, ci avrebbe fatto comodo. Per il resto, cerchiamo di goderci la bellezza di questi luoghi e la magia di una occasione unica».

«Per me è la prima fiera - dice Ilva Salerno, di University press - e mi pare che funzioni tutto bene. Ho solo sensazioni positive». «Amici miei - dice ecumenico e con un sorriso gentilissimo, Diego Guida, uno dei patron - voi non immaginate neppure quanto sia difficile organizzare una cosa così a Napoli. Il castello è bellissimo ma è anche ostico. Mica le ho create io queste pareti spesse di tufo. Non c'è segnale dei telefoni e mettere il wi-fi è stato complicato. Per il freddo, abbiamo preso due cannoni per sparare aria calda e li stiamo montando. La differenza con altre fiere? I soldi. Qui facciamo quasi tutto da soli, e lo facciamo per amore dei libri e della cultura. Proviamo a dare spazio ad autori, editori, a far salire la voce di una Napoli laboriosa. La mia soddisfazione è vedere una sala piena di ragazzi in mezzo ai libri. I problemi, gli inconvenienti, le difficoltà? Ci sono. Ma non ci facciamo fermare. Andiamo avanti e ci proviamo, sempre».
 
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