Napoli, la rabbia di Nino D'Angelo: «Lascio il Trianon, teatro abbandonato»

Napoli, la rabbia di Nino D'Angelo: «Lascio il Trianon, teatro abbandonato»
di Maria Pirro
Mercoledì 1 Maggio 2019, 10:00
4 Minuti di Lettura
Meglio cominciare a contare. «Il 26 luglio scade il mio contratto come direttore artistico e lascio il Trianon», dice, anzi ribadisce Nino D'Angelo, l'ex caschetto biondo che tre anni fa ha raccolto per la seconda volta la sfida di tenere aperto il teatro di Forcella, quando non aveva un euro nemmeno per pagare gli stipendi ai dipendenti.

Sicuro di voler mollare?
«Ho fatto tutto quello che dovevo, mantenuto gli impegni, azzerato i debiti, chiuso la stagione con l'ultima replica di Paolo Caiazzo ed esaurito il mio secondo mandato».

Proprio per questo, nel nome dei risultati ottenuti e anche dopo le sue esternazioni di marzo scorso, non le hanno proposto di continuare a lavorare?
«No, nessuno mi ha proposto di restare e, onestamente, anche io non ho fatto niente per ottenere il rinnovo del contratto».

Insomma, non vuole più continuare. Ma perché?
«Sono un po' stanco: per me è difficile andare avanti. E ora non potrei nemmeno».
 
Perché no?

«Delle scadenze del teatro nessuno si è interessato, così mi sono organizzato per continuare il mio lavoro, come cantante, non faccio solo il direttore artistico del Trianon. E, gli impegni nel mondo dello spettacolo, come si sa, vanno presi molto tempo prima».

Che impegni ha?
«Concerti, spettacoli. La mia agenda viene riempita con un anno di anticipo».

Decade in estate anche il consiglio di amministrazione del Trianon.
«Difficile prevedere il futuro. Di certo, da diverso tempo noi tutti non abbiamo più punti di riferimento, ci hanno un po' snobbati: siamo abbandonati a noi stessi».

Mancano le risorse?
«Quelle economiche arrivano anche se a gocce».

In che senso?
«Una volta ci telefonavano, sono mesi e mesi che non lo fa più nessuno».

A chi si riferisce?
«Alla Regione Campania, che è socio di maggioranza».

In che modo pesa l'assenza?
«Nessuno è venuto nemmeno a vedere Forcella strit che il 25 ottobre 2018 ha aperto la stagione del teatro, uno spettacolo firmato dal regista newyorkese Abel Ferrara. Eppure, è stato prodotto proprio da Scabec per conto della Regione come progetto speciale per la sua valenza, sociale e inclusiva, oltre che culturale».

Secondo lei, da che dipende questo disinteresse?
«Non so, magari loro potrebbero dire che non è così ma tutto il Trianon lo avverte da quel momento».

Non c'è mai stato un chiarimento?
«Non abbiamo avuto spiegazioni e, da allora, io non ho sentito più nessuno e sono andato avanti con le mie forze, facendo gli spettacoli, anche mio, il 14 marzo scorso, Dangelocantabruni, con arrangiamenti e direzione dell'orchestra di Enzo Campagnoli. Ma questa non è una polemica, anche se mi avessero contattato non avrei più voluto proseguire».

Per gli impegni già presi...
«Sono un libero professionista, mi sembra che loro siano disorganizzati».

Vuole fare un bilancio della sua esperienza?
«È positivo, abbiamo centrato l'obiettivo: non far morire il Trianon, restituirgli ossigeno. Quel teatro era stato messo all'asta e negli ultimi tre anni è stato restituito alla città e alla gente di Forcella, che hanno risposto bene. Oltre 600 abbonati non sono affatto pochi nel quartiere delle stese».

È un risultato importante: può bastare?
«Certamente no. Anche se abbiamo azzerato i debiti con una gestione attenta, abbiamo proposto spettacoli di livello, e lavorato sodo con entusiasmo. Mi mangio le mani perché nel teatro si potrebbe fare di più: potrebbe funzionare anche meglio, ma ci vuole sostegno. Bisogna crederci. Senza accontentarsi».

Resta l'amarezza.
«Più che altro, mi dispiace. In una realtà tanto difficile, bisognerebbe sentirsi protetti e incoraggiati. E invece, sembra che il Trianon sia sempre un teatro provvisorio».

Cosa propone?
«Bisogna impegnarsi affinché quello di Forcella sia davvero e non solo di nome un teatro del popolo. Già in questi tre anni mi sarei aspettato che diventasse un posto di aggregazione e rappresentanza sociale».

E invece?
«De Luca è stato dieci volte al Bellini e non al Trianon. Eppure, il teatro di Forcella gli appartiene di più. Ma ora la mia scelta di lasciare non dipende direttamente dal governatore».

Ha lavorato comunque al prossimo cartellone?
«Potrei anche farlo, ma è giusto che possa scegliere il nuovo direttore artistico. Mi riprometto di parlarne con il consiglio di amministrazione».

Cosa augura al suo successore?
«Che gli diano veri poteri per andare più avanti di me. Io son comunque contento di aver contribuito a rimettere il Trianon in moto».
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